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L'AI scende in campo nel confronto Microsoft-Google

L'AI generativa può cambiare la ricerca web, un'opportunità troppo grossa perché Microsoft se la perda e perché Google non reagisca subito. Ma i tempi sono maturi?

L'opinione

L'interesse suscitato dall'AI generativa di OpenAI è stato tale da spingere Microsoft e Google a un nuovo confronto in corsa, in un settore chiave - quello della ricerca web - che sembrava in fondo consolidato e quasi immutabile. Proprio per questo non stupisce che sia stata Microsoft ad accelerare di più: l'AI può cambiare drasticamente il funzionamento della ricerca sul web, quindi è una possibilità da non perdere per detronizzare Google dopo decenni di dominio nel campo.

Ecco perché la corsa a sostituire la classica pagina dei link risultati di una ricerca con un "dialogo" interattivo con un chatbot è diventata così frenetica. Nonostante migliaia di persone abbiano già giocato con le tecnologie testuali di OpenAI e abbiano riscontrato che, frequentemente, non danno i risultati sperati. Spesso si criticano le aziende tecnologiche perché mettono sul mercato prodotti che sembrano versioni beta non rifinite, che vengono testate direttamente sul campo dai primi utenti. Qui non siamo neanche alle versioni beta, onestamente.

Ma tant'è. Per Microsoft c'è un'insperata opportunità da cogliere, per Google il rischio concreto di perdere una posizione di forza. La prudenza avrebbe un costo troppo alto per entrambi, inevitabilmente. Così Microsoft fa debuttare una nuova versione del motore di ricerca Bing e Google oggi farà quasi certamente lo stesso, ufficializzando Bard, che abbiamo già intravisto nei giorni scorsi.

Il concetto di fondo è lo stesso per entrambe le nuove soluzioni, ed è corretto. Per i tempi della tecnologia, sono ormai ere geologiche che facciamo ricerche sul web immettendo parole in un campo testuale e ricevendo in cambio pagine di link più o meno collegati alla nostra ricerca. L'AI ha già operato dietro le quinte per aiutare questo tipo di ricerca, ma un cambio di passo ormai è opportuno.

Trasformare la ricerca classica in una spiegazione contestualizzata ha senso, quindi. Trasformarla in un dialogo, ancora di più. Simulare il tipo di risposte a un questito che darebbe una persona reale può aiutare per buona parte degli interrogativi che poniamo ai motori di ricerca. E non è che Google non ci avesse pensato - anzi, parte della tecnologia usata da OpenAI è di derivazione Google - è solo che i suoi esperti hanno sempre un po' frenato l'applicazione indiscriminata delle tecnologie per la ricerca "conversazionale", ben sapendo che presentano diversi rischi.

Anche Microsoft ha fatto qualche spiacevole esperienza in campo chatbot (ricordate Tay e la sua breve vita su Twitter?). Ma ora giudica che le cose siano diverse e che i cosiddetti Large Language Model (LLM) che muovono i nuovi chatbot siano in fondo efficaci. Tra l'altro, da Redmond sottolineano che il nuovo Bing si basa su una evoluzione delle tecnologie di OpenAI che abbiamo visto all'opera con ChatGPT. È il "modello Prometheus", un insieme proprietario di "funzioni e tecniche" che dovrebbe dare "risultati più rilevanti, aggiornati e mirati, con una sicurezza migliore".

È una precisazione doverosa, perché in pochi sono convinti che una soluzione del livello dell'attuale ChatGPT possa essere usata in maniera affidabile da persone che non hanno già le competenze adatte a capire se quello che un chatbot afferma sia corretto. "Usa le tue capacità personali e controlla i fatti prima di prendere decisioni o intervenire in base alle risposte di Bing", sottolinea Microsoft. Il che è un po' un controsenso, dato che il più delle volte cerchiamo riferimenti a cose che conosciamo poco, o per nulla.La risposta del nuovo Bing a una domanda predefinita: "Come faccio a scegliere la migliore razza di cane adatta per me? È meglio adottare o acquistare?"

Comunque, i giochi sono iniziati. Microsoft ha tutto l'interesse a puntare con decisione verso l'AI generativa, che ha già promesso di integrare in molti suoi prodotti, e Google deve rispondere in qualche modo. Mettendo probabilmente sul piatto anni di ricerca che per ora erano stati sfruttati in modo conservativo. Nel mezzo ci siamo noi, che di fatto aiuteremo le aziende che d'ora in poi lanceranno soluzioni di AI generativa a ottimizzarle.

Basta saperlo? In teoria sì, però sarebbe opportuno che i limiti dei LLM che ora vengono aperti al pubblico venissero evidenziati in maniera chiara ed evidente. Non come dettagli corollari alle rivoluzionarie promesse di un futuro migliore.

Per il nuovo Bing, ad esempio, Microsoft spiega testualmente che "Bing punta a basare tutte le sue risposte su origini affidabili, ma l'intelligenza artificiale può fare errori e i contenuti di terze parti su Internet potrebbero non essere sempre accurati o affidabili. Bing a volte rappresentazione erroneamente le informazioni che trova e potresti vedere risposte che sono corrette ma incomplete, imprecise o inappropriate". Sì, non è nemmeno un italiano corretto. Probabilmente è la traduzione di una AI.

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