Avaya concorda con i creditori un nuovo veloce "passaggio" per l'amministrazione controllata del Chapter 11. Senza effetti, idealmente, per il business globale.
"Per Avaya, il cammino a partire dall'ultima ristrutturazione del 2017 è stato, come minimo, difficile": questa frase, posta nella prima parte del lungo documento in cui Avaya (per la precisione Avaya Holdings Corp.) chiede l'amministrazione controllata del Chapter 11 statunitense, sintetizza bene le ragioni di una nuova, prossima ristrutturazione. Che, va sottolineato, non si prevede interessi la maggior parte delle filiali nelle nazioni non-USA. Ma che si prepara comunque a cambiare il percorso della casa madre.
Il perché della nuova ristrutturazione lo spiega direttamente Avaya. Il passaggio da un business basato su licenze, supporto e hardware a uno basato su abbonamenti a soluzioni in cloud ha richiesto investimenti rilevanti che non sono stati compensati rapidamente da nuove entrate ricorrenti. Il gap tra vecchio business in veloce calo e nuovo in crescita lenta si è man mano ampliato, anche perché nella seconda metà del 2022 lo sviluppo del business cloud si è rallentato. Così lo scorso dicembre "è diventato chiaro che non era praticabile una soluzione per vie non giudiziarie".
Eccoci quindi al nuovo Chapter 11. A cui Avaya Holdings Corp. arriva però con un piano ben definito e concordato con i creditori, gran parte dei quali sono tra l'altro suoi investitori. Un piano che, nelle intenzioni, "ha elevati livelli di supporto e di certezza di esecuzione, con un basso impatto sul business e sulle operation". Il perché di questo ottimismo è presto detto: la ristrutturazione presentata è essenzialmente finanziaria, al fine di ridurre il debito, e ha già il supporto di quasi il 90% delle entità che hanno prestato fondi alla società.
Avaya insomma appare, per usare una espressione sempre gettonata, "too big to fail". Di sicuro lo è per gli azionisti istituzionali: in generale il suo business funziona, l'impressione è che la ristrutturazione con Chapter 11 del 2017 non sia stata abbastanza aggressiva e la società ne sia uscita troppo debole per affrontare sia la lunga transizione al cloud, sia le incertezze economiche di questi anni. Per gli investitori vale però la pena scommettere ancora su Avaya, tanto che la ristrutturazione finanziaria prevede nuove iniezioni di capitale per 778 milioni di dollari.
Peraltro, Avaya sottolinea che una serie di azioni da ristrutturazione "materiale" sono già state implementate nella seconda metà del 2022. Si tratta, tra l'altro, di un taglio dei costi valutato in 250 milioni di dollari a breve e oltre 500 milioni a lungo termine, della nomina di un nuovo top management (a partire dal CEO Alan Masarek), della definizione di una nuova struttura di corporate governance. Rientra in queste azioni anche la ridefinizione della partnership globale con RingCentral nata nel 2019. Che ora viene rilanciata ed estesa, per ottimizzare i guadagni derivanti dalla vendita di Avaya Cloud Office, la piattaforma di PBX in cloud.
Se tutto andrà come Avaya prevede, la ristrutturazione finanziaria dovrebbe essere trasparente per dipendenti, partner e utenti. E dovrebbe concludersi in soli tre mesi, portando poi a una Avaya più capitalizzata e meno indebitata. I rischi per la società in questi 90 giorni dovrebbero essere minimi, anche se Avaya stessa avvisa che una società che opera in Chapter 11 è comunque più vulnerabile ad eventuali imprevisti sul mercato.