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Agilità e resilienza: quali cambiamenti ci attendono nel 2021 e oltre

Una chiacchierata a tutto campo con Massimo Palermo, Country Manager di Avaya Italia, per fare il punto sulle trasformazioni in atto nell'esperienza dei clienti e dei dipendenti mentre il mondo naviga nella vita e negli affari dopo la pandemia

Trasformazione Digitale Cloud
È un momento un po’ particolare quello che stiamo vivendo da un anno a questa parte. La nota pandemia ha rivoluzionato praticamente ogni aspetto della vita di tutti, tanto che da più parti si dice che nulla sarà come prima. E forse è proprio così.  

Con Massimo Palermo, Country Manager per l’Italia di Avaya, la società attiva nei contact center e nelle comunicazioni unificate, che da un paio d’anni ha abbracciato in maniera decisa il paradigma del cloud, ImpresaCity ha colto l’occasione di una chiacchierata a tutto campo per fare il punto sulle trasformazioni in atto nell'esperienza dei clienti e dei dipendenti mentre il mondo naviga nella vita e negli affari dopo la pandemia, e soprattutto su cosa ci si può aspettare in questo 2021 e negli anni a venire. Le previsioni di Massimo Palermo traggono spunto sia da valutazioni personali sia dalla sua posizione di Country Manager di un’azienda tecnologica.

massimo palermo avaya country managerMassimo Palermo, Country Manager di Avaya Italia

Nuove modalità di lavoro

La prima previsione riguarda la quotidianità del lavoro: “vecchio ufficio addio, ma anche settimana lunga addio”, sintetizza Palermo, spiegando che “con la nuova flessibilità del lavoro a distanza alla quale non molti sono disposti a rinunciare, bisogna accettare la realtà di una ridotta settimana lavorativa in presenza, con qualche osservatore che indica l’equilibrio ideale in tre giorni in ufficio e due da casa, anche se è evidente che rimarrà sempre necessario avere un punto di riferimento dove incontrarci, rendendo l’ufficio un vero e proprio hub”.  

Al di là di questo, “si assiste a un cambiamento radicale nella percezione di come viene svolto il lavoro. I manager che un tempo avevano difficoltà a implementare qualsiasi tipo di misura per favorire il lavoro a distanza hanno compreso che i propri collaboratori possono operare al meglio anche nel nuovo scenario”, prosegue Palermo.

Ma va detto anche che quando saremo fuori dall’emergenza sanitaria, “tornare in ufficio non sarà semplice, anche solo per modellare gli spazi per una ‘settimana ibrida’ o per ripensare il ruolo dell’ufficio stesso, che non sarà più il luogo della prestazione di lavoro ‘classica’ ma diventerà un hub per le connessioni umane e per i brain storming, ovvero per dare tutto quello che la tecnologia non può dare, come la contaminazione di idee e di pensieri. In sostanza, l’ufficio dovrà dare qualcosa in più rispetto al passato, proprio per spingere le persone ad andarci”, fa notare Palermo.

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Le persone al centro

Questo porta alla seconda previsione: i dipendenti diventano clienti “interni”, e l’empatia sarà il driver delle relazioni in azienda. “Il dipendente torna al centro dei pensieri delle aziende, che saranno chiamate a spingere sempre di più sul loro engagement e sulla coltivazione dei talenti, dando ancora più enfasi all’employee experience”, spiega Palermo, sottolineando anche il fatto che le nuove generazioni che si stanno affacciando sul mercato del lavoro cercano “più un mentor che un manager tradizionale, ovvero una figura che li valorizzi come persone. Si tratta di un aspetto da non tralasciare, visto che nell’arco di un anno i Millennial saranno il 50 per cento della forza lavoro”.  

C’è anche un altro risvolto da considerare: “visto che nel nuovo scenario del lavoro a distanza i talenti si possono attrarre oltre alla geografia, se non si creano valori aziendali si rischia di essere impoveriti a livello di skill”, prosegue Palermo, spiegando che “le aziende, e con loro la funzione Human Resources, devono continuare a investire sulla crescita personale e professionale, lavorando molto sull’empatia e diventando sempre più ‘employee centric’, in modo da mantenere e rafforzare i livelli di employee retention”.

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Sempre più AI e analytics

Passando alla previsione numero 3, “l'intelligenza artificiale e gli analytics saranno i veri motori della customer experience e dell’employee experience”, anticipa Palermo, spiegando che “serviranno per dare modo alle persone di avere una ‘tech parity’ lavorando dai posti più disparati, oppure per mettere a disposizione dati di contesto in tempo reale e tramite gli analytics abilitare le persone a leggerli meglio con maggiori insight, in ottica di data literacy”.

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L’ora del context center

Grazie anche all’apporto dell’intelligenza artificiale e degli analytics, il contact center diventerà il "context center". La previsione numero 4 di Massimo Palermo, dedicata al terreno di elezione di Avaya, quello dei contact center, anticipa che “si va sempre più vero il Contact Center omnicanale e multiexperience, nel quale i clienti si aspettano di ricevere anche nella relazione digitale un servizio personalizzato”. Il perché è presto detto: “anche nella pandemia, se non si può andare in un negozio fisico dove si viene trattati e riconosciuto e trattati nel modo giusto, non si intende rinunciare al ruolo di cliente, e il contact center diventerà sempre più il ‘centro del contesto’, ovvero una sorta di garante di un customer journey davvero di qualità, che sia semplice e coerente. In questo, un ruolo chiave può essere per esempio svolto dall’intelligenza artificiale che è in grado di fornire alle persone i dati di contesto per agire in maniera proattiva anticipando le richieste dei clienti”.  

In altri termini, parlare di “context center” significa che tutti i dipendenti dell'organizzazione contribuiscono al customer journey, non solo nel contact center stesso ma attraverso tutti i team dell’azienda. A questo scopo, è importante mettere a disposizione di ogni dipendente capacità o tecnologie di cui poter usufruire: tutti possono trarre vantaggio dall'instradamento intelligente alla risorsa giusta, dall'intelligenza conversazionale per la trascrizione delle conversazioni in tempo reale o dai popup basati sull'intelligenza artificiale che aiutano i dipendenti ad anticipare le esigenze e fornire un servizio più proattivo.

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Basta scetticismi sul cloud

L’ultima delle previsioni formulate dal Country Manager di Avaya Italia è relativa al cloud. Che è stato in un certo senso definitivamente sdoganato dall’emergenza pandemica. Perché “dall’oggi al domani tutti si sono dovuti adeguare al cloud, i cui vantaggi tangibili in termini di continuità del business ha fatto cadere ogni residua diffidenza che da più parti resistevano in ordine ad aspetti quali la residenza dei dati o altro ancora”, spiega Palermo.

E se “quando si parla di trasformazione digitale, anche in termini di ritorni rapidi sugli investimenti o soprattutto di accelerazione del time to value, il cloud è la scelta da fare”, prosegue Palermo, “lo è a maggior ragione quando si tratta di affrontare nel migliore dei modi la ‘nuova instabilità normale’ dovuta alla pandemia”: ecco perché le aziende proseguiranno nel loro cammino verso il cloud e continueranno ad affinarlo, e “chi non l’ha ancora fatto lo metterà alla base della trasformazione digitale: invece di riadattare il legacy, diventa più produttivo rivolgersi direttamente alle app clou native”.

Anche perché "non sono pochi i vantaggi derivanti dall’adozione del cloud a 360 gradi, ovvero lungo tutti gli ambiti aziendali e non solo per le piattaforme enterprise oppure per singole funzioni magari non core. Il mindset è quello di passare dall’intento alla realtà, in maniera più strutturata e non in modalità tattica: solo così si potrà arrivare ai giusti livelli di flessibilità, resilienza e agilità necessari da oggi in poi”, conclude Massimo Palermo.
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