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Chuck Robbins: la tecnologia è pervasiva, deve essere anche sicura e consapevole

Cisco rilancia il programma Digitaliani e il suo CEO agli studenti del Politecnico di Milano spiega: dobbiamo poterci fidare della tecnologia e dei suoi impatti sociali

Tecnologie Trasformazione Digitale
Come si spiega una azienda "storica" dell'IT e del networking a una platea di studenti nativi digitali per cui Internet è un dato di fatto e i marchi noti della Silicon Valley sono quelli di Apple, Google e magari Facebook? Chuck Robbins, CEO e Chairman di Cisco, rivolgendosi agli studenti del Politecnico di Milano lo ha fatto sottolineando quella che a prima vista è una constatazione ovvia: "Se non facessimo quello che facciamo - ha spiegato - nessun'altra azienda potrebbe offrire quello per cui è diventata famosa".

In realtà la frase di Robbins ha un doppio piano di lettura. Non sottolinea solo il ruolo di Cisco come networking company ma anche l'importanza sempre maggiore che la connettività, di qualsiasi tipo, avrà nella vita delle aziende e delle persone. Internet è stata, in un certo senso, solo il primo passo la cui importanza rischia di essere poco percepita da chi è nato quando il Web già esisteva da tempo. "Noi ormai diamo Internet per scontata - ha sottolineato Robbins - ma in realtà ha davvero rivoluzionato molti settori... Pensiamo ad esempio alla Sanità: grazie alla rete possiamo fornire funzioni di assistenza medica a comunità remote che altrimenti non le avrebbero mai avute. E lo stesso si può dire per l'istruzione".

Tutto questo vale a maggior ragione ora che si parla delle nuove applicazioni in stile Internet of Things, di miliardi di oggetti connessi che supporteranno applicazioni e servizi nuovi. Essere connessi diventa insomma sempre più necessario e pervasivo, perché è la tecnologia ad esserlo per prima: "Oggi la tecnologia - ha evidenziato il CEO di Cisco - è al centro di qualsiasi strategia, per le aziende come per le città e le nazioni. La tecnologia definisce le nostre opzioni, il modo in cui possiamo risolvere i problemi che dobbiamo affrontare".

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Robbins però avverte: se la tecnologia diventa sempre più fondamentale e diffusa, deve anche cambiare la concezione che ne abbiamo. Non va considerata un fine ma un mezzo, con un evidente valore sociale. "Viviamo in un mondo in cui la tecnologia sta creando gap, invece le sue opportunità possono portare vantaggi a tutti, aiutandoci a risolvere in maniera nuova i problemi della società", secondo Robbins, e per questo "le aziende tecnologiche non potranno avere un vero successo se non porteranno il loro contributo in tal senso".

Il rilancio di Digitaliani

Cisco vuole concretizzare anche in Italia questa visione. "Siamo qui da 25 anni - ha sottolineato Chuck Robbins - e siamo passati dal vendere tecnologia a essere partner in come l'Italia può usare le nuove tecnologie". In quest'ottica va visto il rilancio di Digitaliani, il programma Cisco per accelerare la digitalizzazione nel nostro Paese.

La prima fase di Digitaliani si è concentrata sul mondo della scuola, ora il programma si amplia a comprendere la riqualificazione di chi già ha un impiego e di chi sta cercando di entrare nel mondo del lavoro. Anche in situazioni particolarmente complesse come il reinserimento sociale dei detenuti: sono già attive sette Cisco Networking Academy negli istituti detentivi italiani, ne nascerà presto un'ottava nella sezione femminile del Carcere di Bollate.

Molte delle iniziative di Cisco riguardano in particolare la cyber security: se essere connessi è fondamentale per le attuali e future evoluzioni tecnologiche, bisogna anche essere difesi dai pericoli che possono venire dall'essere in rete. Entro il 2020 è ad esempio previsto il lancio di un Centro di Eccellenza e Co-Innovazione, dedicato a cyber security e privacy, con sede a Milano.

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Il centro si focalizzerà sulla sicurezza in ambiti chiave (supply chain complesse, reti IoT e infrastrutture nazionali critiche) e sull’integrazione della sicurezza nei servizi digitali pubblici. Inoltre ospiterà aree demo e spazi collaborativi di ricerca, in cui vari attori - aziende, sviluppatori, organizzazioni governative, ricercatori - potranno co-creare soluzioni concrete ai principali problemi legati alla sicurezza IT.

Sicurezza IT: servono competenze trasversali

La questione più importante legata alla sicurezza IT resta comunque lo sviluppo delle giuste competenze. E anche queste stanno cambiando, come ha sottolineato Donatella Sciuto, Prorettore Vicario del Politecnico di Milano. "Abbiamo bisogno - ha spiegato Sciuto - di specialisti di cyber security, con forti competenze tecnologiche, e atenei come il Politecnico di Milano possono formare queste figure. Ma ne servono anche altre con competenze di risk strategy e risk governance, che abbiano un approccio più olistico e meno tecnico. E non c'è un corso di studi specifico che produca queste professionalità".

O meglio, non c'era. Coinvolgendo Cisco, il Politecnico di Milano e l’Università Bocconi hanno creato il corso di laurea magistrale Master of Science in Cyber Risk Strategy & Governance. Si tratta di un corso biennale in cui il Politecnico porta in dote le proprie competenze in IT e ingegneria, la Bocconi quelle in scienze sociali (economia, management, finanza e politiche pubbliche) e diritto. È pensato per gli studenti che abbiano un background in materie tecnologiche, computer science, ingegneria, management, scienze politiche.

L'obiettivo è soprattutto quello di formare figure che abbiano assimilato già prima di entrare nel mondo del lavoro un concetto sempre più fondamentale per la cyber security: la sicurezza non può più essere qualcosa di aggiunto ex-post ma deve essere parte integrante dei prodotti e dei servizi di nuova generazione.

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Le tecnologie digitali stanno infatti toccando prodotti, dai robot industriali alle automobili, che per i loro utenti hanno una vita molto lunga e devono essere sempre affidabili, senza necessità di aggiornamenti o interventi percepiti come invasivi. È un approccio magari poco "informatico" ma legato alla natura stessa di molti mercati e che non si può pretendere che cambi in nome della digitalizzazione. Serve una security by design che è quasi una forma di nuova "progettazione responsabile".

Un concetto che dovrebbe armonizzarsi bene con le facoltà di Ingegneria: "Gli ingegneri - ha commentato Stefano Zanero, Professore presso il Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria - conoscono bene la responsabilità: per decenni hanno progettato e costruito oggetti, dalle automobili agli aeroplani, a cui le persone hanno affidato la loro sicurezza. Oggi questo concetto deve essere esteso anche agli ingegneri del digitale".
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