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Red Hat, l’automazione IT in primo piano

L’open source ha molto da dire anche nell’ambito dell’IT automation, sempre più necessaria nel nuovo scenario dominato dall’hybrid IT

Tecnologie Trasformazione Digitale Cloud
È con Giorgio Galli, Cloud Sales Specialist di Red Hat Italia, che facciamo il punto sulle strategie della società in materia di IT automation. L’occasione è utile anche per ricordare alcuni capisaldi della filosofia di Red Hat, che proprio quest’anno ha compiuto il suo primo quarto di secolo di attività, tutti nel segno della comunità open source, dove “seleziona le tecnologie, partecipa allo sviluppo dei progetti, li integra nel proprio portafoglio anche per accelerare l’evoluzione delle tecnologie”, spiega Galli, sottolineando anche l’importanza della condivisione e del riuso, ma soprattutto della “stabilizzazione della tecnologia nell’ambito della comunità, per rendere le tecnologie open source enterprise ready, che significa metterle in grado di scalare e di supportare le necessità dei clienti sotto tutti i punti di vista, oltre che fornire quell’integrazione e certificazione con le terze parti necessarie per usare le tecnologie nei diversi data center”. 

Automazione sugli scudi
Una rapida carrellata delle soluzioni proposte da Red Hat vede la presenza, tra le altre, di piattaforme come ManageIQ per il cloud e JBoss per il middleware, mentre OpenShift è l’offerta di Platform-as-a-Service. Red Hat Enterprise Linux è invece la parte più infrastrutturale legata al sistema informativo, con le diverse componenti di management e di automation. È su quest’ultimo punto che si concentra l’attenzione di Giorgio Galli, soprattutto nell’ambito dell’IT Automation, la cui importanza cresce sempre più, anche alla luce della sua caratteristica di “automazione che permette la trasformazione digitale rispetto ai componenti di computing, cioè i server, di network e di storage, allo scopo di aiutare l’IT a fornire risorse alle applicazioni e le applicazioni agli utenti”. La stessa IDC rileva che l’automazione è critica per l’86 per cento dei CIO, soprattutto in relazione all’adozione dei nuovi modelli di hybrid IT: è in questo quadro che il 79 per cento delle aziende ha dichiarato che ricorrerà all’automazione entro il 2020. Anche Assintel ha evidenziato che il 21 per cento dei CIO ritiene che l’automazione sia una priorità essenziale già quest’anno.  

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Due parti fondamentali
In realtà, prosegue Galli, “non è che le aziende non abbiano mai fatto automazione, ma il punto è che non sempre questa è stata approcciata nella maniera giusta, cioè evitando la modalità a silos: l’automazione dei silos non annulla i silos. È per questo che bisogna avere una visione dell’automazione IT non canonica, che preveda script che non siano settoriali ma che vanno a permeare l’intera funzione IT, allo scopo di automatizzare non solo le funzioni ma anche le organizzazioni”. La proposta di Red Hat, che si caratterizza come “una tecnologia universale, che possa essere utilizzata da tutte le business unit e anche dai DevOps, si chiama Ansible, e si compone di due parti fondamentali: Engine, ovvero la capacità core, costituita appunto da un motore che esegue in modalità automatica i task, e Tower, cioè l’interfaccia utente che estende le funzionalità dell’engine ai diversi settori. L’interfaccia grafica è anche disponibile sotto forma di API RestFull per essere applicata anche a sistemi esistenti”, spiega Galli.  

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I vantaggi di Ansible
Red Hat Ansible, di cui è stata presentata recentemente la release 2.6 della parte Engine, ha ricevuto nel corso degli ultimi due anni e mezzo un notevole consenso, evidenziato da “più di un milione di nodi, ovvero computer o device di network, gestiti da Ansible cloud, con un sostanziale supporto dalla community che vede 500mila download mensili e soprattutto più di 1600 moduli, cioè pezzi di software ready to use, sviluppati dalla community: una spinta rilevante per far supportare una eterogeneità di ambienti”, sottolinea Galli. Tra i motivi di questo consenso vi è anche il fatto che si tratta di una soluzione “semplice che può essere utilizzata anche da chi non ha capacità di codice e si può inserire in un progetto già esistente, integrandosi con server, ambienti virtualizzati, mondi cloud privati e pubblici”, prosegue Galli, specificando che “a livello architetturale è agentless, ovvero non richiede di installare gli agent, permettendo di ridurre il TCO in quanto non è necessario prevedere un piano per inserire componenti aggiuntive sulle macchine in produzione, con vantaggi anche sulla sicurezza”. 


giorgiogalli redhatGiorgio Galli, Cloud Sales Specialist di Red Hat Italia

Anche nel DevOps
Infine, tra i settori verticali dove Ansible è maggiormente utilizzato, vi sono il Finance, l’Oil & Gas e anche le Telco, anche alla luce del crescente ricorso alla virtualizzazione delle funzioni di rete, ovvero la NFV, che trasferisce molte funzionalità dalla rete fisica a quella virtuale, senza dimenticare che può essere utilizzato anche in ambito DevOps, per la gestione delle pipeline, e perché no anche da Red Hat stessa, “per automatizzare altre funzioni all’interno dei nostri prodotti, oppure proprio per automatizzare il deployment delle nostre soluzioni”, conclude Giorgio Galli.
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