L’amministratore delegato di IBM evidenzia l’evoluzione del Quantum come concreta tendenza alternativa.
Non è facile fare un consuntivo dell’anno trascorso e una previsione di ciò che arriverà. Si rischia di essere retorici e poco consistenti. Alessandro La Volpe, Amministratore Delegato di IBM Italia riesce nell’intento di fornire concretezza e una visione alternativa all’inflazionata narrazione sull’Intelligenza Artificiale, che cercheremo di superare ma non riusciremo a evitare.
È evidente che anche il 2026 sarà l’anno dell’AI generativa, della resa dei conti, del ROI, della consapevolezza e sarà difficile non parlarne. Ma c’è anche dell’altro nello studio IBM Five Trends for 2026 a cui attinge il manager. La Volpe ricorda le condizioni a contorno che incontreranno le aziende clienti (anche) nel 2026: “il contesto economico e geopolitico è incerto – dichiara il manager -, e questa incertezza si traduce in volatilità per le imprese. Ma proprio da questa situazione nasce un’opportunità: imparare a reagire e anticipare gli eventi, agire in tempo reale sui processi di business”.
Una strategia generale delle aziende clienti che punti alla resilienza e alla predittività, dunque, sempre fortemente pragmatica e orientata al business, in cui la tecnologia ha ormai un ruolo imprescindibile. Ma, attenzione: “la tecnologia corre più della capacità delle aziende di adottarla”, dunque cresce la complessità e si genera stress tra i decisori d’acquisto che hanno fortemente bisogno di qualcuno che “gli tenga la mano”. Si delinea così, ancora più nettamente, il ruolo del fornitore di tecnologie e dei propri partner: non più solamente fornitori ma veri e propri partner per il business.
Per fare solo un esempio, rientra in questo ruolo l’apporto di IBM nello sviluppo della nuova identità digitale di Cynar, storico brand di proprietà Campari Group, realizzate all’interno della Digital Factory del gruppo stesso con il supporto di IBM Consulting Italia.
In ogni caso, la visione sull’AI come entità indipendente e ancora non considerata come elemento nativo in qualsiasi progetto innovativo permane. Il manager segnala tre fasi nell’adozione dell’AI: “il panico iniziale, la fase attuale di accesso alla conoscenza e infine quella trasformativa, in cui i processi cambiano davvero. Per arrivarci servono scelte strategiche, cambi culturali, nuove competenze, nuovi processi”.
La Volpe sostiene che il mercato si prepara a un’esplosione: “da qui a tre anni nasceranno un miliardo di nuove applicazioni basate su agenti AI, che cambieranno l’interazione tra persone, aziende, clienti e partner. Una complessità che deve essere governata con trasparenza, orchestrazione e controllo”.
Inoltre, c’è la questione dei dati. “Quasi tutti i dati pubblici disponibili sono stati usati per addestrare i modelli di AI – ricorda il manager IBM -, mentre è stato sfruttato meno dell’1% dei dati aziendali. È qui che nasce il problema: senza usare i propri dati - fonte principale del vantaggio competitivo - l’AI non può produrre risultati di business”.
Nel 2026 si auspica che le aziende possano avere le idee più chiare sui business case, i dati organizzati e di qualità, il modello, piccolo o grande a seconda della necessità. “Nel mondo enterprise – osserva La Volpe - spesso i modelli più piccoli risultano più efficaci: sono più facili da addestrare, da controllare nei costi, da eseguire vicino ai dati per ridurre l’impatto economico e ambientale”.
E, ovviamente, l’architettura giusta è il cloud ibrido con un addestramento nel cloud pubblico, inferenza vicino ai dati, magari in un cloud privato per gestire meglio i costi, latenza, sicurezza e sovranità.
Lo scenario AI, dunque, nel 2026 dovrebbe essere più chiaro. Oltre all’esperienza maturata finora, c’è da segnalare la spinta sull’approccio particolarmente confortante per i clienti che IBM definisce “client zero”. Ovvero testare al proprio interno l’AI e condividerne gli ottimi risultati.
“La trasformazione interna su HR, procurement, finance, IT support - prosegue l’AD di IBM - ha portato a un aumento di produttività pari a 4,5 miliardi di dollari l’anno. L’adozione dei modelli di Anthropic per il coding ha aumentato la produttività dei nostri sviluppatori del 40–45%”.
Dopo aver affrontato il tema AI, Alessandro La Volpe presenta la visione IBM sull’altro dei grandi temi tecnologici di cui si parlerà ampiamente nel 2026. Secondo il manager, il Quantum è una delle frontiere del futuro tecnologico ed economico. Per l’AD di IBM Italia, il 2026 sarà l’anno del “quantum advantage”, definito come “il momento in cui si avranno prove concrete che alcuni problemi non sono risolvibili con l’elaborazione classica, mentre lo diventano grazie al quantum. Un passaggio storico che segnerà l’inizio dell’adozione industriale del calcolo quantistico”.
Non solo, per IBM – che dimostra di avere visione e roadmap chiare sulle tecnologie del futuro a discapito di chi la penserebbe un dinosauro – entro il 2029 si potrebbe raggiungere il traguardo della full tolerance, ossia la capacità di un computer quantistico di elaborare senza errori. La roadmap IBM è pubblica, dettagliata e aggiornata regolarmente: vale la pena andarla a cercare.
Finora IBM ha realizzato due data center quantistici in Europa, uno in Germania sud-occidentale (Ehningen) e uno in Spagna vicino a San Sebastian, e presto potrebbe immaginarne uno anche nel nostro Paese, con una location a ben vedere facilmente immaginabile. Ma La Volpe insiste su un concetto fondamentale: “il valore del quantum non risiede nella tecnologia in sé, bensì nelle applicazioni che nasceranno”.
Per questo IBM promuove un modello basato sull’ecosistema classico: università, centri di ricerca, aziende e partner tecnologici collaborino per affrontare problemi complessi come le simulazioni molecolari per le batterie di nuova generazione, la ricerca farmaceutica o i modelli finanziari avanzati.
In definitiva, il Quantum Computing secondo La Volpe rappresenta un’opportunità straordinaria per l’Europa e per l’Italia. Il differenziale del Vecchio Continente non sarà sull’hardware (hanno già vinto Stati Uniti e Cina) ma sulla capacità di costruire applicazioni e casi d’uso ad alto valore aggiunto. IBM si pone così come guida per l’innovazione di aziende, istituzioni e partner non solo per il Quantum, confermando il nuovo ruolo - obbligato dallo scenario - per un vendor di tecnologia.