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Business Analytics in Italia, il mercato conferma la crescita del 20% e supera i 4 miliardi

Le soluzioni GenAI pronte all’uso valgono già il 5% del mercato. L’Osservatorio Big Data & Business Analytics del Polimi: “Solo con un approccio data-centric AI si può migliorare la qualità delle decisioni e creare vantaggi competitivi”

Mercato e Lavoro Tecnologie AI

Il mercato del Data Management & Analytics in Italia nel 2025 sta mantenendo il tasso di crescita degli ultimi anni (20%) e chiuderà l'anno a quota 4,1 miliardi di euro.

A trainare la spesa è la componente di Business Intelligence e Data Science (+27%), soprattutto grazie alla domanda di servizi esterni per progetti di AI e Generative AI, e di soluzioni di GenAI pronte all’uso. Queste ultime, utilizzate soprattutto in ambito coding e analisi dati, e in generale per accelerare tutti i processi aziendali (augmentation), pesano circa il 5% del valore totale del mercato.

La componente Data Management/Data Architecture è invece cresciuta del 13%, e infine gli investimenti in infrastruttura (Cloud, Hardware, ecc.) che pesano circa un quinto della spesa complessiva, sono cresciuti del 18%.

Ripartendo la spesa per macrosettori, il 6% è stato speso dalla PA, e il 94% dal comparto privato (il 19% da PMI e microimprese, e il 75% da grandi imprese, più o meno come lo scorso anno). Tra i settori, Servizi (+27%), Banche (+22%), Assicurazioni e Manifattura (+21%, entrambi) hanno crescite degli investimenti sopra la media.

Ripartendo invece la spesa per dimensioni, nelle grandissime imprese (oltre 1000 addetti), la spesa in Data Management & Analytics nel 2025 è cresciuta meno della media (12%): gli investimenti sono principalmente su risorse computazionali e Generative AI, il resto è ottimizzazione dei costi del software già acquisito.

Le grandi imprese (250-999 addetti) invece hanno aumentato la spesa del 27%, soprattutto per l’esigenza di migliorare accessibilità e usabilità dei dati per prepararli ad alimentare le soluzioni AI.


"L'AI è solo un mezzo per migliorare i processi decisionali"

Sono alcuni dei risultati della ricerca 2025 dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics del Politecnico di Milano, presentata ieri. “Abbiamo intitolato questo convegno “Data e Decision Intelligence: pilotare l’AI per usarla davvero” perché in questo momento ciò che conta davvero è ottimizzare l’uso dei dati e degli strumenti per analizzarli, compresa l’AI, per permettere le decisioni più efficaci per creare vantaggio competitivo”, ha detto Carlo Vercellis, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio, aprendo l’evento. “Per lo stesso motivo questo Osservatorio dall’anno prossimo si chiamerà Osservatorio Data e Decision Intelligence”.

Dati e AI non possono più essere gestiti in modo separato, ha continuato Vercellis: “Data Governance e AI Governance sono ambiti sempre più interconnessi. Solo con un approccio data-centric AI è possibile migliorare la qualità delle decisioni e rendere i processi più intelligenti e sostenibili”.

“La sfida per le imprese oggi è duplice”, ha aggiunto Alessandro Piva, Responsabile della Ricerca dell’Osservatorio. “Da un lato è essenziale mantenere una sana cultura di miglioramento del processo decisionale: anche l’AI è solo un mezzo e non il fine ultimo. Dall’altro è cruciale preparare le piattaforme dati aziendali per diventare AI-ready, in vista di un’ondata di innovazione con applicazioni AI molto eterogenee, che richiederà più scalabilità e apertura”.

Solo il 38% delle grandi aziende ha definito una chiara Data Strategy

L’Osservatorio ha anche valutato lo stato di maturità della data strategy nelle grandi aziende italiane con il suo data strategy index, che valuta tre ambiti: Data Management & Architecture (strumenti, competenze e processi per la gestione tecnologica, integrazione dei dati e governo del patrimonio informativo), Business Intelligence e Descriptive Analytics (strumenti e competenze di base per una Business Intelligence pervasiva) e Data Science (attività che contemplano analisi predittive e di ottimizzazione a partire dall’analisi dei dati).

Il risultato è sostanzialmente una conferma dei dati dell'anno scorso, ha detto Piva. "Solo il 38% delle grandi aziende italiane ha definito una chiara strategia di valorizzazione dei dati e appena il 20% ha nominato un top manager alla sua guida, come Chief Data Officer o Chief Data & Analytics Officer".

Negli ultimi anni comunque le grandi aziende si sono dotate di strumenti tecnologici sempre più semplici e flessibili, come soluzioni di Data Visualization basate su approcci no-code, low-code o persino su tecniche di Natural Language Processing (NLP), che hanno ampliato la platea di utenti in grado di interagire con i dati. Oggi il 45% di addetti non esperti di dati delle grandi imprese utilizza strumenti di self-service analytics per analisi descrittive: oltre la metà di loro lo fa in completa autonomia. Il 61% delle grandi aziende organizza corsi di formazione sull’uso delle soluzioni di Business Intelligence e il 58% punta su team trasversali tra diverse funzioni aziendali.

Il 27% delle grandi organizzazioni però non ha ancora avviato progetti in ambito Advanced Analytics, indice della difficoltà nel compiere un vero salto di maturità. Eppure, sottolineano i ricercatori del Polimi, tra chi ha già sperimentato almeno un progetto, il panorama è in espansione e l’87% ha aumentato nell’ultimo anno il numero di iniziative.

I tre livelli di maturità delle Data Platform

L’87% delle grandi aziende ha costruito una Data Platform, ma poche realtà riescono oggi a governare in modo completo l’intero ciclo di vita del dato, cruciale per generare valore attraverso le metodologie di Intelligenza Artificiale.

Analizzando queste Data Platform emergono tre livelli di maturità tecnologica. Nell’80%, ci sono soluzioni consolidate in database per dati strutturati e strumenti di Data Visualization. Accanto a queste, si diffondono - non sempre in modo integrato - moduli di Machine Learning e database per la gestione di dati non strutturati. Infine trovano spazio, anche se in modo limitato, tecnologie ancora emergenti come i Data Catalog e gli strumenti di Data Quality e Data Lineage. Le aziende ne riconoscono l’importanza e nel 40% dei casi vogliono introdurle entro 12 mesi.

Data Strategy nelle PMI: un quadro di luci e ombre

Nel 2025, l’89% delle piccole e medie imprese italiane ha svolto attività di analisi dei dati, 10 punti in più del 2024. In molti casi però si tratta di pratiche occasionali, realizzate con fogli elettronici, senza figure dedicate. Solo una PMI su tre dispone di professionisti incaricati dell’analisi dei dati e la maggior parte non ha ancora realizzato investimenti rilevanti in infrastrutture tecnologiche.

Le attività di analisi più avanzate, condotte in modo continuativo da circa un’impresa su due, si concentrano sul controllo di gestione (previsione dei flussi di cassa, pianificazione del budget). Il potenziale di queste iniziative però è limitato dal basso livello di integrazione delle fonti dati: circa 8 imprese su 10 non integrano i propri dati o lo fanno in modo manuale.

La situazione è più matura tra le medie imprese: una su due ha introdotto figure professionali almeno parzialmente dedicate alla gestione e analisi dei dati, circa il 40% ha un buon livello di integrazione con tecnologie dedicate.

L'eterno problema della carenza di competenze

Nelle grandi organizzazioni operano in media 14 Data Expert - figure dedicate ad attività di Data Engineering, Business Intelligence e Data Science - mentre nelle aziende con oltre 1000 addetti il numero sale a circa 50. Oltre la metà di questi professionisti si occupa soprattutto di analisi descrittiva o svolge funzioni di coordinamento, e in effetti l’86% delle grandi imprese si affida al supporto di consulenti esterni per realizzare i progetti più complessi.

L’internalizzazione delle competenze è difficile, a causa della persistente carenza di talenti specializzati sul mercato. Un aiuto potrebbe arrivare dalla Generative AI, che semplifica e velocizza il lavoro degli specialisti, supportandoli nel coding, nella creazione di report standardizzati e nelle attività di pulizia e preparazione dei dati.

In effetti già il 45% delle organizzazioni ha già messo a disposizione dei propri Data Expert strumenti di GenAI selezionati a livello centrale, mentre il 37% lascia che i singoli professionisti scelgano in autonomia le applicazioni: scelta che però crea rischi potenziali legati alla sicurezza e alla governance dei dati, sottolineano i ricercatori del Polimi.

Data Analytics: cosa sarà importante tra 10 anni

L’osservatorio ha anche cercato di definire un possibile scenario dell’analisi dei dati in ambito aziendale tra 10 anni. Fattori determinanti saranno le capacità di governance dei dati e di calcolare il valore di business del miglioramento dei processi decisionali grazie all’analisi dati.

In quest’ottica la maggior parte delle aziende italiane ha avviato una mappatura del proprio patrimonio informativo e il 46% ha adottato metodologie per misurare il valore di attività di Data Science o di Data Management. Accelera l’uso di dati non strutturati, come documenti o altre tipologie di testi, per analisi avanzate.

Nel futuro però saranno importanti anche i due principi-guida della Strategia Europea per i Dati: la valorizzazione dei dati in logica extra-aziendale e l’introduzione di meccanismi chiari di redistribuzione del valore per il cittadino/consumatore che mette a disposizione i propri dati.

E su questi, conclude l'Osservatorio, siamo piuttosto indietro. Il 90% delle grandi organizzazioni italiane non conosce i Data Spaces o non ne vede una chiara opportunità nel proprio contesto. Mentre la scarsa consapevolezza sui meccanismi di funzionamento di algoritmi e Intelligenza Artificiale è un elemento di freno per i consumatori.

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