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Red Hat: aziende italiane pronte all’AI, nonostante problemi di competenze e costi elevati

Secondo un sondaggio, le aziende del nostro Paese prevedono di aumentare gli investimenti in AI in media del 35% entro il 2026, mentre il software open source è considerato importante per la strategia AI dal 70% degli intervistati

Tecnologie AI

 Sono interessanti i risultati di un sondaggio condotto per Red Hat, che evidenzia chiaramente quanto l’intelligenza artificiale abbia assunto rilevanza nelle strategie IT delle aziende italiane.

 

La ricerca, condotta la scorsa estate da Censuswide su oltre 9000 manager di 9 Paesi dell’area Emea, Italia compresa, ha rivelato infatti che le aziende del nostro Paese prevedono di aumentare gli investimenti in AI in media del 35% entro il 2026. Alla domanda sulla strategia IT della propria organizzazione per i prossimi 18 mesi, l’AI occupa il terzo posto per gli intervistati italiani, con il 41% delle risposte, immediatamente dietro sovranità (45%) e ottimizzazione di costi (43%). Tuttavia, l’86% delle realtà intervistate riferisce di non aver ancora generato valore per i clienti dai propri investimenti in AI.

 

Per superare queste sfide e contribuire a trasformare le ambizioni in realtà, le organizzazioni italiane stanno adottando l’open source in tutte le aree della strategia IT. Il sondaggio mostra che il software open source aziendale è considerato importante per la strategia AI dal 70% degli intervistati, un dato di poco inferiore rispetto agli ambiti di sicurezza (77%), cloud ibrido e multi-cloud (76%) e sovranità (73%). La priorità principale per gli intervistati italiani è il riallineamento della strategia cloud per l’AI (56%), seguita dall’ottimizzazione dei costi (55%) e dalla necessità di garantire una strategia AI trasparente e aperta (52%). Seguono a ruota sovranità dell’AI (51%) e sicurezza (50%).

 

Mantenere e sviluppare i talenti giusti rimane una sfida, con le competenze personali e umane indicate come l’aspetto più urgente da affrontare per il 49% degli intervistati italiani, seguite da competenze di sicurezza (43%), strategiche e di business (41%). Le competenze in materia di intelligenza artificiale seguono da vicino, con il 40%. In questo specifico ambito, la priorità principale è rappresentata dall’educazione del business all’uso dell’AI e dal collegamento dell’AI ai dati aziendali, entrambe con il 55%, seguite dall’utilizzo efficiente delle funzionalità dell’AI (40%).

 

La totalità degli intervistati italiani riscontra barriere all’adozione dell’AI, legate in particolare alla mancanza di un chiaro valore aziendale o ROI (31%), alla disponibilità di infrastruttura o risorse insufficienti (31%) e alla persistenza di un netto isolamento tra dipartimenti di intelligenza artificiale e dipartimenti IT (29%). Inoltre, il 93% degli intervistati riferisce di riscontrare un problema di “shadow AI”, ovvero di uso non autorizzato di strumenti di AI da parte dei dipendenti.

 

La fiducia nel potenziale dell’Italia sullo scenario mondiale dell’AI è relativamente alta: il 76% degli intervistati concorda sul fatto che il nostro Paese ne sia già una potenza globale o abbia il potenziale per diventarlo entro tre anni. Si tratta però di un dato inferiore rispetto a molte altre nazioni europee, tra cui spiccano la Spagna con il 99%, seguita da Svezia, Germania e Paesi Bassi, con il 98%. Tra i motivi principali che limitano l’ascesa dell’Italia alla preminenza dell’AI, gli intervistati citano l’assenza di giuste politiche e strategie governative (50%), la mancanza di finanziamenti pubblici sufficienti (48%) e una generale carenza di talenti (42%).

 

Il cloud continua a occupare un posto di rilievo nelle priorità IT, con l’AI che aggiunge complessità e carichi di lavoro che necessitano di essere allineati alle strategie cloud in evoluzione. Le barriere all’adozione del cloud persistono: tra queste, gli intervistati indicano silos interni (41%3), resistenza dei dipendenti al cambiamento (40%3) e scarsa chiarezza del ROI (38%). Approfondendo il tema della sovranità del cloud per i prossimi 18 mesi, gli intervistati italiani stanno dando priorità alla trasparenza e verificabilità (58%), alla sicurezza della supply chain del software (57%) e alla continuità di servizio e supporto (47%.

 
Rodolfo Falcone, Country Manager Italia di Red Hat

I risultati del sondaggio di quest’anno in Italia mostrano il divario ancora esistente tra ambizione e realtà. Le aziende stanno investendo in modo sostanziale nell’intelligenza artificiale, ma solo poche stanno attualmente generando valore per i propri clienti. Nel passaggio dalla sperimentazione alla produzione sostenibile, le competenze di business e l’integrazione con i sistemi aziendali devono essere chiare e definite per poter effettivamente spianare la strada al raggiungimento di valore dall’AI. Se la ‘shadow AI’ pone rischi di fughe di dati e mancata conformità, indica però anche che i dipendenti sono desiderosi di innovare: guardando a come usano l’AI, i leader aziendali possono capire dove servono nuove funzionalità o maggiore educazione sulle capacità esistenti. L’utilizzo di software open source e gli standard comuni rappresentano un punto di forza per incrementare la collaborazione e la condivisione delle migliori pratiche e favorire maggiore flessibilità. L’open source continuerà quindi a rivestire un ruolo di primo piano per rendere gli investimenti in AI e cloud ibrido più efficienti e sostenibili”, commenta Rodolfo Falcone, Country Manager Italia di Red Hat.

 

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