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Sanità: perché l'AI generativa non è la panacea

Oggi solo una minima parte delle organizzazioni sanitarie ha implementato l'AI su larga scala: la sfida è quella di capire come superare la fase di stallo e rendere concreto il potenziale dell'AI

L'opinione Tecnologie AI

ll settore sanitario si prepara a un'impennata significativa degli investimenti in intelligenza artificiale, con una crescita prevista del 169% nel prossimo anno, un aumento sbalorditivo che supera di gran lunga quello di tutti gli altri settori analizzati nell'area Emea. Questa accelerazione è trainata dai promettenti risultati iniziali dei progetti pilota di AI, dove un notevole 74% ha soddisfatto o superato le aspettative, con un 13% che le ha addirittura eccedute. Tuttavia, nonostante questo slancio positivo, solo una minima parte (il 2%) delle organizzazioni sanitarie ha implementato l'AI su larga scala, con la maggior parte delle iniziative ancora in fase di sperimentazione o pianificazione. La sfida ora è capire come il settore e i suoi partner possano superare questa fase di stallo e concretizzare il potenziale dell'AI.


Cosa fa l'AI generativa?

Per la maggior parte di noi, l'esperienza con la GenAI si è limitata a conversazioni con chatbot, alla creazione di nuovi contenuti o alla sintesi di dati. Questi utilizzi più semplici hanno evidenziato diverse sfide che devono essere affrontate prima che si possa arrivare a una diffusione su larga scala, soprattutto in settori altamente regolamentati come quello sanitario. Uno dei principali ostacoli emersi da un'indagine su scala regionale è la qualità dei dati. I modelli di AI, inclusa la GenAI, sono efficaci solo quanto i dati su cui vengono addestrati. Nel settore sanitario, i dati sono spesso frammentati in silos, distribuiti su sistemi incompatibili e in formati difficili da interpretare. Inoltre, è necessario tenere in grande considerazione la privacy dei dati dei pazienti. Nonostante la complessità legata all'ordinamento e alla standardizzazione di questi dati, i potenziali vantaggi derivanti dalla risoluzione di questi problemi e dalla loro trasformazione in informazioni utilizzabili dall'AI sono enormi.

Per esempio, strumenti come "Slicerdicer" di Epic consentono ai professionisti sanitari di interrogare vasti database utilizzando interfacce conversazionali. Questo permette di individuare tendenze significative negli esiti dei pazienti e di migliorare l'assistenza fornita. La capacità di effettuare interrogazioni approfondite è particolarmente efficace, in quanto consente ai medici di scoprire correlazioni tra pazienti con la stessa patologia o condizione clinica che altrimenti rimarrebbero nascoste. In un'applicazione diversa, il servizio sanitario nazionale britannico, NHS, sta sperimentando "assistenti digitali ambientali" basati sull'intelligenza artificiale. Questi sistemi ascoltano le conversazioni durante le visite mediche e generano automaticamente le note cliniche, risparmiando ore di lavoro amministrativo e contribuendo a ridurre il burnout tra il personale medico.

Tuttavia, i fornitori di assistenza sanitaria devono procedere con cautela. L'opinione pubblica sull'intelligenza artificiale in ambito sanitario rimane prudente. Solo una minoranza (il 28%) degli over 60 si sente a proprio agio con l'utilizzo di tecnologie basate sull'AI nelle proprie cure. Inoltre, la stragrande maggioranza dei consumatori (il 75%) desidera essere informata se l'AI viene impiegata nelle comunicazioni relative alla propria salute. La trasparenza è quindi fondamentale. Affinché l'AI migliori l'esperienza del paziente senza comprometterla, è essenziale mantenerne la fiducia.


Il ruolo dell'AI nella ricerca medica

Oltre all'assistenza in prima linea, la GenAI sta potenziando il lavoro nel campo della ricerca medica. All'inizio di quest'anno, un ricercatore dell'Imperial College di Londra ha utilizzato uno strumento di AI sviluppato da Google per indagare sul perché alcuni batteri sono resistenti agli antibiotici. In sole 48 ore, lo strumento ha proposto quattro ipotesi praticabili, mentre gli scienziati avevano impiegato oltre un decennio per finalizzare manualmente una sola ipotesi. Il risultato è stato così sorprendente che il ricercatore originale inizialmente sospettava che l'AI avesse avuto accesso a lavori inediti sul suo personal computer, cosa che si è dimostrata non essere il caso.

Queste scoperte sono rese possibili grazie ai sistemi di calcolo ad alte prestazioni alla base di modelli di AI sempre più potenti. In Lenovo, collaboriamo con il Broad Institute sull'analisi del genoma, aiutando i ricercatori ad accelerare uno dei compiti più intensivi di dati nella scienza. Il Lenovo Genomics Optimization and Scalability Tool (Goast) riduce il tempo necessario per analizzare un intero genoma umano da oltre 100 ore a soli 47 minuti. Ma anche altre organizzazioni stanno sfruttando l'AI avanzata e gli strumenti di calcolo per spingere i confini dell'assistenza sanitaria.


L'elemento umano? Sempre fondamentale

Nonostante i vantaggi innegabili dell'intelligenza artificiale, è essenziale ricordare che la tecnologia da sola non è la soluzione. Il tocco umano nell'assistenza sanitaria resta insostituibile. I professionisti del settore devono garantire la trasparenza nell'implementazione dell'AI e risolvere i problemi legati alla qualità dei dati per sfruttarne appieno i benefici. In questo modo, potranno migliorare la cura dei pazienti, ridurre il burnout tra il personale medico e promuovere una ricerca innovativa, il tutto senza compromettere la fiducia e il benessere di coloro che assistono. In conclusione, il settore sanitario è alle porte di una rivoluzione guidata dall'AI. Con un'implementazione ponderata e un'attenzione costante al mantenimento della fiducia, l'AI ha il potenziale per trasformare positivamente l'assistenza sanitaria. Il percorso non sarà privo di ostacoli, ma i risultati promettono di ripagare ampiamente gli sforzi.

Per Overgaard (nella foto di apertura) è General Manager di Lenovo ISG Emea

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