Perché nell'attuale contesto in forte evoluzione della data sovereignty il cloud europeo può rappresentare un vantaggio competitivo per le aziende
Negli ultimi anni, la sovranità dei dati è diventata un tema centrale nel dibattito sulla trasformazione digitale. Le imprese, in particolare quelle attive in settori strategici come la pubblica amministrazione, la sanità, la finanza e le telecomunicazioni, sono sempre più consapevoli dell’importanza di garantire il pieno controllo sui propri dati, non solo per ragioni tecnologiche, ma anche in risposta a un quadro normativo europeo in costante evoluzione.
Per sovranità digitale si intende il principio secondo cui un’organizzazione – pubblica o privata – deve poter decidere dove, come e da chi i propri dati vengano trattati. In un contesto geopolitico e normativo sempre più complesso, questo implica che le imprese abbiano la possibilità di esercitare un controllo totale sulla residenza, la giurisdizione, la gestione e la protezione delle informazioni strategiche che gestiscono.
Un cloud provider che voglia rispondere pienamente a questi requisiti deve garantire alcuni principi fondamentali: Residenza dei dati: I dati devono essere fisicamente archiviati in un paese la cui giurisdizione sia allineata agli standard di protezione desiderati, come richiesto per esempio dal GDPR; Giurisdizione dei dati: il trattamento delle informazioni deve ricadere sotto il controllo delle autorità italiane ed europee, in linea con normative come il GDPR; Protezione dei dati: è essenziale garantire elevati standard di sicurezza, certificati da enti indipendenti, a tutela sia fisica sia logica dei sistemi; Indipendenza e mobilità: le soluzioni cloud devono evitare ogni forma di lock-in tecnologico, promuovendo la portabilità e l’interoperabilità; Trasparenza e responsabilità: i dati devono essere trattati unicamente per l’erogazione del servizio, con massima chiarezza sulle modalità di gestione e accesso.
A questi si aggiunge un ulteriore elemento: la sovranità operativa. Un provider sovrano deve possedere e gestire in autonomia l’intera infrastruttura tecnologica, evitando qualsiasi dipendenza da soggetti terzi.
Secondo l’Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano, nel 2024 il mercato del cloud in Italia ha raggiunto i 6,8 miliardi di euro, con un incremento del 24% rispetto all’anno precedente. Un dato che testimonia non solo la crescente maturità del settore, ma anche una maggiore consapevolezza da parte delle aziende: con l’aumento delle migrazioni al cloud, diventa ancora più necessario sapere dove risiedono i dati, chi ne ha accesso e in che modo vengono gestiti.
A rendere questo tema ancora più centrale contribuiscono normative sempre più stringenti come il GDPR, la direttiva NIS2 e il Cyber Resilience Act, che impongono trasparenza e tracciabilità lungo tutta la filiera del dato. Le aziende cercano quindi soluzioni che offrano scalabilità e performance, ma anche conformità normativa e controllo localizzato.
In questo scenario, si sta delineando un nuovo paradigma competitivo: scegliere un cloud europeo, in grado di coniugare affidabilità, sicurezza e rispetto delle normative, significa oggi proteggere il proprio patrimonio informativo e, al contempo, accedere a un ecosistema digitale trasparente e sostenibile.
Tra i principali vantaggi competitivi per le imprese che collaborano con un provider europeo vi sono non solo il controllo sui dati, la conformità normativa e l’indipendenza tecnologica, ma anche aspetti fondamentali come la fiducia, la resilienza e la semplificazione dei processi.
La fiducia, in particolare per settori come la PA, il mondo finanziario o sanitario, rappresenta un elemento chiave: operare con un provider trasparente, conforme alle normative locali e dotato di certificazioni riconosciute permette di estendere questo valore anche alla propria clientela, sempre più attenta alla gestione sicura delle informazioni.
La resilienza, intesa come autonomia completa nella gestione end-to-end della piattaforma, assicura alle aziende una maggiore continuità operativa e una riduzione dei rischi legati a dipendenze esterne. Infine, collaborare con un provider che opera sotto le stesse leggi e normative semplifica anche l’iter burocratico e normativo, facilitando l’ottenimento delle certificazioni richieste e la gestione delle responsabilità legali.
Secondo la recente “Market Guide for Specialty Cloud Providers” di Gartner (marzo 2025), la sovranità digitale è tra i principali motivi per cui molte organizzazioni preferiscono fornitori cloud locali e specializzati rispetto ai fornitori globali. In particolare, Gartner evidenzia che in diversi Paesi sono in vigore requisiti specifici sulla residenza e giurisdizione dei dati, aprendo ampi spazi di mercato per i provider europei, capaci di offrire soluzioni personalizzate anche in termini linguistici, monetari e di conformità normativa.
Per rafforzare questa visione, si moltiplicano le iniziative europee come Gaia-X e il più recente progetto SECA (Sovereign European Cloud API), che vede la collaborazione fra due grandi realtà europee come Aruba, Ionos e la piattaforma Dynamo. Tutti questi progetti puntano a costruire una nuova infrastruttura digitale europea, basata su principi di apertura, interoperabilità e indipendenza tecnologica, e rappresentano un passo fondamentale per creare un cloud europeo realmente sovrano, in grado di tutelare i dati sensibili e di rispondere alle sfide future con soluzioni innovative, trasparenti e competitive.
La sovranità digitale, quindi, non è più soltanto una questione di compliance: è un elemento strategico per garantire continuità operativa, fiducia e competitività nel lungo termine. Adottare soluzioni cloud in grado di rispettare i requisiti normativi europei e garantire sicurezza, trasparenza e innovazione significa, oggi, prepararsi in modo consapevole al futuro digitale.
Massimo Bandinelli (nella foto di apertura) è Marketing Manager di Aruba Cloud