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Il futuro della privacy tra data streaming e AI

Nell’era dell’intelligenza artificiale, la vera sfida non riguarda solo l’uso o l’abuso dei dati, ma il fatto che la tecnologia attuale non è progettata per proteggere la privacy in modo nativo

L'opinione Tecnologie AI

L’AI è in costante e rapidissima evoluzione, e così anche le preoccupazioni riguardo alla privacy dei dati stanno crescendo. Le aziende si trovano ad affrontare problematiche legate alla sicurezza dei dati, alla trasparenza e alle implicazioni dei modelli open source rispetto a quelli closed source. In un mondo in cui l’innovazione accelera a un ritmo vertiginoso, i consumatori si chiedono: “Tutti questi progressi avverranno a scapito dei nostri dati personali?”

La vera sfida non riguarda solo l’uso - o l’abuso - dei dati, ma il fatto che la tecnologia attuale non è progettata per proteggere la privacy in modo nativo. Infrastrutture obsolete, sicurezza frammentata e controlli di accesso incoerenti lasciano le organizzazioni esposte a rischi.

La soluzione? Lo streaming dei dati. Integrando la privacy nel processo di raccolta dati e utilizzando lo streaming in tempo reale, le aziende possono ridurre i rischi, garantire la conformità e costruire fiducia in un mondo dominato dall’AI.


I rischi di un’infrastruttura obsoleta

La rapida ascesa delle tecnologie AI - e il crescente dibattito sul loro impatto sulla sicurezza personale e pubblica - hanno aumentato negli ultimi mesi le preoccupazioni sulla privacy dei dati. Le nuove politiche cercano di definire regole precise per lo sviluppo dell’AI, con governi che propongono leggi più stringenti in materia di protezione dei dati, requisiti di trasparenza e linee guida etiche sull’AI.

Tuttavia, la sola regolamentazione non può risolvere completamente il problema. Le leggi richiedono tempo per essere sviluppate, faticano a tenere il passo con l’evoluzione tecnologica e spesso si concentrano sulla compliance piuttosto che su misure di sicurezza proattive. Il punto centrale? Anche le normative più severe contano ben poco se la tecnologia sottostante non è costruita per proteggere la privacy fin dall’inizio.

Per ragioni diverse, e spesso giustificabili, molte aziende continuano a fare affidamento su un mosaico di sistemi e infrastrutture datate che, seppur funzionanti, non riescono a garantire misure di sicurezza coerenti a livello aziendale.

Una delle sfide maggiori è la frammentazione dei dati. Senza un sistema unificato, diversi reparti conservano copie degli stessi dati sensibili in silos separati, con conseguenti duplicazioni, incoerenze e maggiori rischi di esposizione. Quando i dati sono disseminati su più sistemi, le organizzazioni faticano a far rispettare le policy di sicurezza, a garantire controlli di accesso corretti e a rispondere rapidamente a potenziali minacce.

I problemi si aggravano ulteriormente con una gestione incoerente degli accessi: dipendenti con privilegi inappropriati o con permessi non più necessari aumentano il rischio di fughe accidentali di dati, dove anche un semplice foglio Excel non protetto può causare una grave violazione.

Inoltre, l’uso di sistemi legacy basati su processi batch può ritardare l’applicazione delle normative. Regolamenti come il GDPR richiedono risposte immediate a richieste di cancellazione dati o violazioni di sicurezza, ma le infrastrutture obsolete rallentano audit e tempi di risposta.


Rafforzare la privacy con lo streaming

La privacy non può essere un elemento secondario, inserito a posteriori: deve essere integrata fin dall’inizio nella raccolta, nel trattamento e nei controlli di accesso ai dati. I sistemi devono comunicare in modo fluido, garantendo accesso sicuro e coerente ai dati critici, riducendo al minimo la memorizzazione ridondante su più piattaforme.

Lo streaming dei dati in tempo reale offre una base solida orientata alla privacy, elaborando i dati nel momento in cui vengono generati, invece di conservarli a lungo termine in grandi archivi. Questo approccio, ispirato al principio del “privacy by design”, riduce i rischi di esposizione, migliora la sicurezza e garantisce la compliance alle normative globali, il tutto senza frenare l’innovazione.

Con una piattaforma di data streaming (DSP), le aziende possono spingersi oltre, grazie a funzionalità di sicurezza avanzate già integrate. Ad esempio, la crittografia end-to-end garantisce che i dati rimangano protetti durante l’intera trasmissione, mentre la tokenizzazione sostituisce le informazioni sensibili con identificatori privi di significato prima che queste entrino nel sistema. Attraverso la privacy differenziale è possibile introdurre un “rumore” matematico nei set di dati, permettendo alle organizzazioni di ricavare insight senza rivelare le identità individuali.


Una DSP per la data privacy

Nel Data Streaming Report 2024 di Confluent, il 91% degli intervistati ha affermato che lo streaming dei dati migliora la cybersecurity e la gestione del rischio digitale all’interno delle proprie organizzazioni. Il motivo? Quando una DSP funge da sistema nervoso centrale di un’azienda, mantiene i vari sistemi sincronizzati e garantisce ai dipendenti l’accesso in tempo reale ai dati di cui hanno bisogno. Questo consente alle imprese di innovare più rapidamente, con i dati dei clienti sempre protetti.

Il futuro resta incerto, ma una cosa è chiara: se vogliono davvero guidare la corsa all’AI, le organizzazioni devono mettere la privacy al centro di ogni decisione.

Diego Daniele (nella foto di apertura) è Country Leader di Confluent Italia

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