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Il PNRR al giro di boa

Abbiamo portato a casa oltre la metà dei milestone previsti dal Piano Nazionale, ma è proprio ora che serve concretezza e una visione già oltre la scadenza di metà 2026

Trasformazione Digitale

Tutti vedono nel PNRR una spinta alla digitalizzazione e all'economia italiana. Molti però temono anche - e già da tempo - che il sistema-Italia non sia abbastanza reattivo per sfruttare appieno le risorse del Piano. Ma, spiega l’Osservatorio Agenda Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, questi timori non devono superare una certa soglia.

Di certo c'è che ad oggi il 53% delle milestone e dei target concordati con l’Europa è stato realizzato. Semmai c'è da stare molto attenti proprio a metà del metaforico guado: secondo Luca Gastaldi, Direttore dell’Osservatorio: "ora entriamo nella fase più critica in cui gli investimenti e le riforme per la trasformazione digitale devono dimostrare di produrre risultati concreti".

Molto pesa sulle spalle della Pubblica Amministrazione, dato che almeno il 60% delle risorse del Piano è destinato a PA centrali, locali o imprese pubbliche. Le principali critiche all'attuazione del PNRR sono state proprio in questo campo: processi interni, gestione delle gare e competenze della PAC e soprattutto degli enti locali sono sembrati spesso inadeguati a un'attuazione che ha tempi veloci e ben specifici.

Una (più che) buona base per i prossimi interventi sta in quanto è stato realizzato il modello concettuale e architetturale del Government-as-a-Platform. Non era scontato riuscire a trasformare una moltitudine di servizi pubblici digitali scollegati fra loro in un insieme di piattaforme coordinate e omogenee che si basano su piattaforme, dataset e componenti condivisi e interoperabili.

Chi ha brillato in questi anni? L'Anagrafe digitale, ad esempio, che è ormai consolidata e i cittadini ne hanno già sperimentato i vantaggi. O PagoPA, che ha oltre 16 mila PA aderenti e da quando è attiva ha gestito pagamenti per oltre 209 miliardi di euro. E l’App IO scaricata da 36 milioni di italiani, che vi trovano circa 15 mila PA e oltre 274 mila servizi.

Anche l'accoppiata SPID-CIE è un buon esempio: 36 milioni di italiani hanno attivato lo SPID e oltre 40 milioni hanno una CIE. Qui però c'è da sperare che la fusione di SPID e CIE nel promesso futuro "digital identity wallet" non scombini le carte in tavola ai cittadini. Post-pandemia il Fascicolo Sanitario Elettronico è stato un bel po' trascurato dagli italiani, e in effetti richiede un po' di lavoro perché non è ancora completamente operativo e interoperabile.

Tra le nuove infrastrutture digitali comuni spicca ovviamente il Polo Strategico Nazionale: oltre 200 PA centrali, ASL e Aziende Ospedaliere hanno presentato piani per "spostarvi" dati e applicativi. Più in generale, abbiamo iniziato il 2024 con oltre 13.300 enti che avevano presentato al Dipartimento per la Trasformazione Digitale il proprio piano per portare in cloud "qualificati" i loro dati e servizi.

Si può essere liberamente ottimisti o pessimisti sulla concretizzazione, sinora, del PNRR. Di certo però bisogna iniziare a guardare oltre la "fine" dell'era PNRR - metà 2026 - per non trasformarlo in una modernizzazione una tantum senza, dopo, grandi eredità concrete. Bisogna cioè "impostare fin d’ora come navigare in modo sostenibile oltre la scadenza del PNRR", spiega l'Osservatorio del Politecnico di Milano.

Anche perché il PNRR da solo non basta per far fare all'Italia il balzo in avanti digitale di cui ha bisogno e che la UE chiede. Serve quindi concretizzare gli altri piani nazionali e sovranazionali che stanno spingendo il digitale, dai vari FSE al programma quadro Horizon Europe. E se pensiamo che le Regioni italiane nella programmazione 2014–2020 hanno speso solo il 71% delle risorse previste per il digitale, l'ottimismo cala.

Al centro dell'attenzione tornano gli enti locali: sono questi che gestiranno gran parte delle risorse complementari al PNRR ma sono anche le realtà che mostrano i maggiori problemi a usarle bene. Non per mancanza di attenzione e volontà, ma perché gli interventi da mettere in campo "sono molteplici, complessi, da realizzare in pochissimo tempo da una pluralità di attori pubblici e privati", ricorda Giuliano Noci, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Agenda Digitale.

Potrebbe aiutare, in tutto questo, aprire a molti più giocatori la partita della digitalizzazione nazionale. Che risulta invece un club piuttosto ristretto: secondo l'analisi dell'Osservatorio, il 69% della spesa in soluzioni digitali della PA nel periodo 2016-2022 è concentrato nelle mani di 50 fornitori. E il 34% nelle mani dei primi 5. Serve "democratizzare" questo scenario perché i vantaggi concreti del PNRR e delle iniziative collaterali possano toccare più imprese e cittadini.

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