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Cresce il mercato data center italiano

L'Italia può vantare un +23% di potenza installata nel 2023 e la promessa di molti nuovi siti nei prossimi anni. Ma c'è ancora da lavorare.

Cloud

La domanda di potenza elaborativa cresce senza rallentamenti e il mercato data center sfrutta questa costante accelerazione. Anche in nazioni che non sono esattamente sulla prima linea del computing, come l'Italia. Così nel 2023 - secondo le cifre dell’Osservatorio Data Center del Politecnico di Milano - in Italia ben 23 operatori, di cui 8 società nuove entranti sul mercato, hanno annunciato l’apertura di 83 nuove infrastrutture nel periodo 2023-2025.

Cifre importanti, tanto che sempre nel 2023 il mercato della colocation ha raggiunto i 654 milioni di euro, con una crescita del 10% rispetto al 2022. L'anno prossimo il valore del mercato potrebbe addirittura raddoppiare, secondo l'Osservatorio, "se le condizioni saranno favorevoli".

C'è poi da notare che gli investimenti diretti nello sviluppo dei data center si portano dietro un indotto anche maggiore. La messa in produzione dei futuri 83 nuovi data center dovrebbe infatti generare fino a 15 miliardi di euro di investimento complessivo. A cui aggiungere l'indotto dei mercati digitali abilitati dalle nuove infrastrutture.

La crescita dell'Italia dei data center è sintomo di due trend complementari. Da un lato c'è una progressiva saturazione delle capitali europee dei data center (Francoforte, Londra, Amsterdam, Parigi, Dublino), che offre nuove opportunità ad altre aree metropolitane in cui si trovino sia concentrazione di attività e aziende, sia nodi importanti di connettività internazionale.

Un secondo trend più generale riguarda la sempre maggiore importanza del cloud europeo, inteso come la possibilità per le aziende europee di accedere a infrastrutture, risorse e servizi decentralizzati. Questo sia per esigenze applicative, in stile edge computing, sia per necessità di privacy e compliance, in stile sovereign cloud.

Certo l'Italia ha ancora gap infrastrutturali da colmare. Il polo data center nazionale resta Milano con i suoi 184 MW di potenza installata nel 2023, sui 430 totali nazionali. Il capoluogo lombardo è ancora lontano da poli come Francoforte (791 MW), ma se la gioca con "destinazioni" emergenti come Madrid (136 MW) e Varsavia (86 MW).

E dopo Milano? Al momento non c'è molto. "Un posto di rilievo inizia ad assumerlo anche l’area di Roma che potrà candidarsi, seppur con numeriche molto inferiori, al ruolo di secondo polo del Paese. Risultano invece attualmente meno diffuse le infrastrutture in altre aree della penisola", spiega l'Osservatorio.

Già, perché la maggior parte dei data center italiani resta di media (2-10MW) e piccola potenza (<2MW). Pochi gli edifici con alta potenza (>10MW), più complessi dal punto di vista costruttivo e vincolati alla presenza di punti di collegamento all’alta tensione. Giusto due esempi delle sfide che il mercato data center italiano deve affrontare per crescere di più e meglio.

Negli ultimi anni l’Italia ha iniziato a colmare il proprio gap infrastrutturale nell’ambito dei data center - spiega Marina Natalucci, Direttrice dell’Osservatorio Data Center - ma una crescita davvero significativa è possibile "Solo se il sistema Paese riuscirà a creare le condizioni per cui investire in Italia sia realmente attrattivo per gli attori del mercato. Questo richiederà un lavoro di ecosistema tra istituzioni e imprese che potrà rendere l’Italia un punto cardine dell’infrastruttura digitale a livello europeo e soprattutto nell’area mediterranea".

Il "lavoro di ecosistema" citato da Natalucci serve in particolare per eliminare le molto italiche lungaggini burocratiche che frenano qualsiasi sviluppo infrastrutturale. In particolare, un data center oggi viene identificato come un generico edificio industriale e non esiste un procedimento normativo specifico per l’apertura di nuovi data center. Ciò porta a tempi lunghi, complessi dialoghi con le istituzioni, procedure che cambiano a seconda del luogo dove si vuole aprire il data center. Incertezze che, come in altri campi, rendono meno appetibile e più rischioso investire in nuovi data center in Italia.

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