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European Chips Act, forse ci siamo

L'agenzia Reuters anticipa che entro fine aprile la UE dovrebbe dare il via al piano di incentivi per la produzione europea di chip e semiconduttori

Tecnologie

Il Chips Act europeo arriva finalmente al suo debutto? Secondo Reuters si tratta solo di aspettare qualche giorno: il 18 aprile prossimo il piano di stimoli al mercato della microelettronica dovrebbe essere approvato, secondo le classiche fonti bene informate ma anonime, e quindi entrare in azione.

Lo European Chips Act, nelle intenzioni, ha due obiettivi. Da un lato ridurre la dipendenza delle imprese UE dalle foundry asiatiche ed americane nell'approvvigionamento di chip e semiconduttori. Dall'altro sviluppare una leadership tecnologica europea in questi stessi campi. Come ha indicato la stessa UE, l'iniziativa "rafforzerà la competitività e la resilienza dell'Europa".

Obiettivi ambiziosi per i quali la UE ha intenzione di mettere sul piatto qualcosa come 43 miliardi di euro tra finanziamenti pubblici di stimoli e investimenti privati di risposta. Insieme, questi finanziamenti aiuteranno a portare l'Europa a produrre il 20% dei semiconduttori e dei chip a livello globale, entro il 2030.

I dettagli di come i finanziamenti pubblici dovranno essere organizzati, secondo Reuters, saranno definiti appunto il prossimo 18 aprile. Il piano delineato dalla Commissione Europea prevede uno stanziamento pubblico iniziale di 11 miliardi di euro, sembra - sempre secondo l'agenzia - che sia ancora da colmare un gap di circa 400 milioni di fondi mancanti.

Parallelamente, il Chips Act dovrebbe estendere il suo raggio d'azione rispetto a quanto delineato all'inizio. Non coprira solo la produzione di chip d'avanguardia ma anche altre parti della catena produttiva attuale, comprendendo ad esempio anche la produzione di chip più tradizionali. D'altronde, il "chip shortage" che sta colpendo molte imprese europee non è certo legato solo ai prodotti più evoluti.

Un Chips Act "esteso" aiuterebbe anche a coinvolgere un numero più elevato di aziende complementari, non solo i grandi nomi dell'elettronica che sono stati al centro del dibattito sinora. E che ultimamente hanno messo in discussione il loro impegno in Europa dopo che il cammino del Chips Act europeo si è dimostrato meno veloce del previsto.

Seguire i fondi

È un dato di fatto che le aziende della microelettronica ora possono scegliere dove andare in funzione dei fondi pubblici che le varie nazioni possono mettere loro a disposizione, come agevolazione alla realizzazione di nuovi impianti. Quando questi fondi sono meno sicuri, anche le strategie di sviluppo industriale si fanno meno definite. Come è stato il caso di Intel.

L'altro elemento da considerare è che stiamo andando verso forme più o meno velate di tecno-nazionalismo in cui lo sviluppo tecnologico diventa un elemento importante di geopolitica. Per questo il Chips Act europeo non può tardare troppo se la UE non vuole perdere appeal nei confronti delle aziende tecnologiche.

Non a caso, gli Stati Uniti hanno decisamente accelerato la definizione del proprio Chips Act, che si è concretizzato in (relativamente) poco tempo nei pacchetti di fondi CHIPS for America. Un programma di reshoring e stimolo alla produzione di semiconduttori che distribuirà qualcosa come 39 miliardi di dollari di incentivi nei prossimi anni. Con piani ben precisi di sviluppo.

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