▾ G11 Media Network: | ChannelCity | ImpresaCity | SecurityOpenLab | GreenCity | Italian Channel Awards | Italian Project Awards | ...

Huawei: un anno vissuto pericolosamente

A un anno circa dall'inclusione nella Entity List statunitense, Huawei non nega le difficoltà affrontate. Ma ribadisce: il contrasto non fa bene a nessuno.

Trasformazione Digitale
Il 16 maggio 2019 l'Amministrazione USA inseriva Huawei nella cosiddetta Entity List. Il famoso elenco di aziende che non possono acquistare ed esportare tecnologia americana. E nemmeno, di fatto, vendere i loro prodotti a realtà statunitensi. Se non con opportune eccezioni ed autorizzazioni. In sostanza, essere nella Entity List significa essere considerati ufficialmente un possibile rischio per la sicurezza nazionale USA. Un brutto colpo per la casa cinese, direttamente e indirettamente.

Direttamente perché Huawei si è trovata di colpo senza una parte importante della sua componentistica. Quella che veniva da produttori hardware come Qualcomm, ma anche da software house come Google. Un colpo anche indiretto perché ha posto Huawei al centro del dibattito sulla sicurezza delle reti. Un dibattito che non si è ancora concluso. Ma che ha portato comunque a decisioni importanti a livello internazionale.

Il 2019 quindi non è stato un anno facile per Huawei, ammette il Rotating Chairman Guo Ping. E l'impatto delle azioni statunitensi si è certamente sentito a livello economico. Secondo il Chairman, per qualcosa come 12 miliardi di dollari di ricavi. Anche se il 2019 dell'azienda cinese si è chiuso con una crescita del 19% circa e un giro d'affari per circa 121 miliardi di dollari. Anche in questo caso conta probabilmente di più l'impatto indiretto della questione-USA. "È diventato più difficile vincere contratti - spiega Guo Ping - e questo ha ridotto la velocità di crescita del business".
huawei guo pengGuo Ping, attuale Rotating Chairman di HuaweiI risultati finanziari del 2019 indicano però che la questione statunitense è stata quantomeno assorbita. Per questo "Huawei davvero apprezza il gran numero di clienti e partner che ci sostengono", spiega il Rotating Chairman. Che contestualmente sottolinea quanto Huawei abbia dovuto investire in ricerca e sviluppo e per la differenziazione della sua supply chain. Non avere più determinati fornitori significa dover ripensare la propria produzione. E, nel caso di Huawei, anche farlo in fretta per non perdere posizioni e contratti.

Un gran lavoro dietro le quinte

Se non c'è stata una vera discontinuità nel business di Huawei, mette in evidenza Guo Ping, è perché dietro le quinte si sono "spese" qualcosa come 15 mila ore-uomo in ricerca e sviluppo. Per riprogettare oltre 1.800 schede elettroniche, modificare 60 milioni di linee di codice e cambiare circa 16 mila singoli componenti o prodotti. Una ampia serie di cambi in corsa che quasi da subito in Huawei si è associata a una immagine evocativa. Quella di un aereo crivellato di colpi che comunque continua a volare. E viene aggiustato mentre torna alla base.

Al di là della metafora un po' bellica, Huawei ora sa di "avere la pelle più dura", chiarisce Guo Ping. Un bene per la casa cinese. Perché a un anno di distanza la contrapposizione con gli Stati Uniti è persino peggiorata. Andando oltre la Entity List. Il Department of Commerce statunitense ha infatti stigmatizzato anche gli sforzi di "indigenizzazione" dei prodotti Huawei. Affermando che questi sforzi servono ad aggirare i blocchi della Entity List e sono comunque basati su tecnologie USA. Così Huawei non potrà usare software e hardware statunitensi nemmeno per la propria produzione all'estero.
huawei bomberUna decisione di qualche giorno fa, a cui Huawei si è ovviamente opposta. Ribadendo un concetto che ha già espresso in passato: la contrapposizione non farà bene a nessuno. "Per attaccare un'azienda leader di un altro Paese, il governo degli Stati Uniti ha intenzionalmente voltato le spalle agli interessi dei clienti e dei consumatori di Huawei. Ciò va contro l'affermazione del governo degli Stati Uniti secondo cui tale normativa è motivata dalla sicurezza della rete", spiega una nota ufficiale di Huawei.

Sempre secondo la nota, "Gli Stati Uniti stanno sfruttando i propri punti di forza tecnologici per distruggere le aziende al di fuori dei propri confini. Ciò servirà solo a minare la fiducia delle aziende nella tecnologia e nelle catene di approvvigionamento statunitensi. In definitiva, danneggerà gli stessi interessi degli Stati Uniti".

La Guerra Fredda della tecnologia

Huawei non la presenta direttamente, ma non contesta l'ipotesi che questa contrapposizione porterà, alla fine, il mondo tecnologico a dividersi in due. Con una sfera d'influenza statunitense e una cinese. Ma, spiega Guo Ping, "per noi è sempre più chiaro che la frammentazione del mercato e delle supply chain non è un vantaggio per nessuno". E cita un esempio molto significativo per europei e statunitensi: la storia dello sviluppo delle reti mobili.
huawei supply chainAi tempi del 5G magari non ci si pensa più, ma all'epoca del 2G e del 3G la telefonia mobile non era uguale in tutto il mondo. E la frammentazione tecnologica in fondo non ha fatto bene alle aziende americane. Quando dal 3G in poi lo scenario si è armonizzato a livello globale, si sono trovate indietro rispetto ad altri vendor, anche europei. Ed oggi non sono più player così significativi. Il messaggio di fondo è che le aziende "aperte" comunque prospereranno rispetto a quelle "chiuse".

Da questo punto di vista Huawei ritiene di essere un'azienda che punta decisamente sull'apertura. "Huawei non sarà mai chiusa, anzi è più aperta che mai", commenta Guo Ping: "Vogliamo sempre creare un ecosistema che prosperi in una logica win-win, in cui creiamo insieme [con clienti e partner - NdR] valore per tutto il mercato". Quando si è sulla strada verso un mondo sempre più globalizzato e integrato è impossibile tornare indietro, sostiene in sostanza Huawei.

E i "buchi" tecnologici si possono sempre colmare. Perso l'ecosistema software di Google in campo mobile, ad esempio, Huawei ne sta sviluppando uno suo che oggi conta circa 1,3 milioni di sviluppatori. Puntando anche alle partnership con realtà locali che con Big G avrebbero avuto molto meno spazio. In Europa in particolare, come ha sottolineato Guo Ping citando le collaborazioni con TomTom ed Here.
Se questo articolo ti è piaciuto e vuoi rimanere sempre informato con le notizie di ImpresaCity.it iscriviti alla nostra Newsletter gratuita.

Notizie correlate

Iscriviti alla nostra newsletter

Soluzioni B2B per il Mercato delle Imprese e per la Pubblica Amministrazione

Iscriviti alla newsletter