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IDC: un 2021 positivo per chi fornisce tecnologia al cloud

La spesa in computing e storage peer ambienti cloud dei service provider e delle imprese è in crescita, pronta al sorpasso rispetto all'IT tradizionale

Cloud

Il 2021 è stato un anno decisamente particolare per l'IT globale, di certo però chi fornisce prodotti ai cloud provider e alle aziende che vogliono realizzare ambienti cloud-style non può lamentarsi. Secondo le cifre di IDC, la spesa per computing e storage destinati al mondo cloud è aumentata del 8,8% rispetto al 2020, raggiungendo quota 73,9 miliardi di dollari. Questo anche grazie a un quarto trimestre in accelerazione: +13,5% anno su anno, per un giro d'affari di 21,1 miliardi di dollari.

Non era un risultato scontato. E infatti si tratta solo del secondo trimestre consecutivo di crescita per un mercato - quello cloud - che in teoria dovrebbe vedere sempre e solo segni positivi di crescita. Le difficoltà di tutti i vendor nell'approvvigionarsi di componenti elettronici hanno però lasciato molti provider e aziende, se non proprio a secco, comunque con meno prodotti per i loro data center di quanto avrebbero voluto.

C'è quindi una domanda ancora insoddisfatta, che lascia presagire altri trimestri di crescita per il mercato. Sempre che qualche altra difficoltà alle supply chain globali dell'IT non cambi ancora una volta le carte in tavola.

IDC distingue i servizi cloud in due categorie principali. I servizi condivisi (shared cloud service) sono quelli a cui più comunemente si fa riferimento quando si parla genericamente di cloud. Sono appunto condivisi tra aziende che non hanno a priori nessuna relazione fra loro e nel complesso costituiscono il cloud pubblico. In questo campo, a spendere sono ovviamente i cloud service provider e, in seconda battuta, altri provider che spaziano dai fornitori di servizi di comunicazione ai classici MSP.

La seconda categoria è quella dei servizi cloud dedicati (dedicated cloud service), che vengono consumati da una sola azienda o da una impresa estesa che impone regole precise di controllo su chi e come può accedere alle singole risorse nella nuvola. Fisicamente, le piattaforme che abilitano il cloud dedicato possono essere, tutte o in parte, on-premise (il generico cloud privato) oppure presso qualche provider. A variare lo scenario è anche la forma che prende la gestione delle risorse in cloud, che può essere eseguita dal personale IT dell'azienda utente o del suo cloud provider.

L'equilibrio tra cloud pubblico, cloud dedicato e IT tradizionale è in costante evoluzione e questa è la dinamica più interessante da seguire nell'analizzare i profili di acquisto di computing e storage. Prevedibilmente, il cloud pubblico è quello che muove il maggior giro di affari per i suoi acquisti di tecnologia: 51,4 miliardi di dollari nel 2021, con un +7,5% anno su anno. Il 2021 si è chiuso poi in accelerazione: +13,9% anno su anno, per un giro d'affari di 14,4 miliardi.Questa accelerazione dovrebbe consentire al cloud pubblico di superare già nel 2022 la spesa in computing e storage per gli ambienti IT tradizionali, non-cloud. Nel 2021 questa ha mosso ancora la somma maggiore (59,6 miliardi di dollari, +4,2% anno su anno) ma è significativo che il quarto trimestre dell'anno abbia chiuso con una crescita minore (+1,5% anno su anno, per 17,2 miliardi).

Il "dedicated cloud" è in coda, un po' distante da queste cifre. Nel 2021 ha mosso acquisti tecnologici per 22,5 miliardi di dollari (+11,8% anno su anno) ed ha una crescita abbastanza omogenea: anche l'ultimo trimestre 2021 si è attestato su tassi di sviluppo (12,5%, 6,7 miliardi) analoghi a quelli medi dell'anno. In questo ambito la spesa in computing e storage è quasi equamente divisa tra service provider (53,9% per tutto il 2021) e aziende (46,1%).

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