In merito alla cosiddetta “fase 2”, la CGIA auspica che le attività possano aprire quanto prima, decisione, ovviamente, che deve essere avvallata dalla comunità scientifica, in quanto la salute dei cittadini e dei lavoratori autonomi/dipendenti deve essere posta sempre al primo posto.
Una piccola azienda su 2, denuncia la CGIA, segnala che i tempi di pagamento dei committenti privati si sono allungati a dismisura e questo sta mettendo a rischio la tenuta finanziaria di tantissimi autotrasportatori, produttori di imballaggi e di una parte di attività metalmeccaniche che, in questo periodo di lockdown, hanno comunque lavorato. Realtà, fa sapere la CGIA, che "anche in condizioni di normalità economica sono spesso a corto di liquidità e sottocapitalizzate". Dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo: “La questione liquidità per le piccole imprese è dirimente. Se anche coloro che hanno lavorato faticano ad incassare le proprie spettanze, è evidente che bisogna cambiare registro. Ovvero, stop a prestiti bancari a tassi comunque non proprio prossimi allo zero, che costringono le attività ad indebitarsi ulteriormente. Sì, invece, a contributi a fondo perduto. Se con troppi debiti le piccole imprese sono destinate a saltare, lo Stato, invece, anche con un debito pubblico maggiore, può reggere, grazie anche alle misure che la Bce e l’Unione Europea metteranno in campo nei prossimi mesi”. Il problema liquidità, ovviamente, riguarda anche le imprese dei servizi alla persona che, a differenza degli autotrasportatori o di tante aziende metalmeccaniche, in queste ultime settimane sono state costrette alla chiusura. Molte hanno cominciato a “recuperare” flussi di cassa non pagando alcune scadenze. Segnala il segretario Renato Mason: “Non sono pochi gli artigiani e i piccoli commercianti che hanno deciso di mitigare il forte calo dei flussi di cassa registrato in questo ultimo mese e mezzo non pagando le bollette di acqua, luce, gas, l’affitto o le spese condominiali. E’ il caso di tanti calzolai, tappezzieri, orafi, gelatieri, pasticceri, sartorie, fiorerie, barbieri, parrucchieri, estetiste, bar, ristoranti e negozi vari che per legge hanno dovuto tenere chiuso l’esercizio. Anche chi ha potuto tenere aperto – come i fotografi, gli ottici e le pulitintolavanderie – ricavi ne ha fatti molto pochi e sta riflettendo se con la fine del lockdown avrà comunque senso continuare l’attività. Per questo, oltre a dare liquidità a fondo perduto a queste piccole attività, è necessario anche un taglio fiscale importante sin da subito”.
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