Sessanta miliardi di dollari di perdite dal 2020 ad oggi: è il bilancio poco lusinghiero della divisione Reality Labs di Meta, che avrebbe dovuto realizzare le grandi promesse del Metaverso come descritto dall’ex Facebook. Il filotto di passivi che ha inanellato mette una pietra tombale sulle ambizioni dei mondi virtuali di massa griffati Zuckerberg. Che infatti di Metaverso non ne parla quasi più. Possiamo quindi rimettere il Metaverso nel dimenticatoio in cui peraltro l’avevamo già messo ai tempi dello “sboom” dell’idea di immersività di Second Life. Che è cosa di oltre vent’anni fa, quindi il messaggio del mercato avrebbe già dovuto essere chiaro: la realtà virtuale (e derivati) ha molte applicazioni, dalle più serie alle più ludiche, ma tra di esse non c’è il dubbio piacere di convertire la propria vita di relazione in una sequenza di interazioni tra avatar digitali. Attenzione: la questione è tutt’altro che risolta. I CEO della Silicon Valley sembrano essere cresciuti a pancake e romanzi di fantascienza distopica, che però hanno interpretato come ricette per il futuro e non come descrizioni di quello che non dovrebbe accadere. E ovviamente il boom dell’AI - incolpevole, di suo - rientra perfettamente in questo scenario. È ancora il buon Zuckerberg a darci il senso attuale del fenomeno quando spiega - è accaduto un mesetto fa in un dialogo con il podcaster Dwarkesh Patel - quanto e come l’AI avrà un ruolo sempre più importante nelle nostre relazioni personali. Dato che le persone hanno (pare) pochi amici ma vogliono più interazioni sociali, la soluzione sta proprio nelle AI: sviluppare amici virtuali che soddisfino questa necessità, interagendo digitalmente con noi. Disclaimer: il discorso era ovviamente più articolato, questa è l’estrema sintesi.