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BeSharp: alla ricerca del vero valore del cloud

BeSharp ha scommesso sin da subito sulle tecnologie cloud e strategicamente punta sempre sui progetti in cui queste fanno davvero la differenza. Come nel caso di NeN.

Trasformazione Digitale Progetti

Esiste una sorta di leggenda metropolitana del cloud nazionale secondo cui Simone Merlini, CEO e co-founder di beSharp, potrebbe aver attivato la prima istanza EC2 di AWS in Italia, nel lontano 2007. “Non so se sia stato davvero così e non c'è modo di verificarlo – ammette Merlini – ma diciamo che, se non è stata la prima, comunque era una delle primissime: all'epoca EC2 era ancora in versione beta pubblica”. Vero o falso che sia, l’aneddoto dimostra quanto beSharp abbia puntato sin dalla sua nascita – in realtà anche prima, perché nel 2007 la società ancora non esisteva – sulle tecnologie di AWS. Perché “sui componenti tecnologici di base AWS conserva un vantaggio tecnico competitivo che è difficilmente colmabile, spiega Merlini. E la capacità di beSharp è storicamente quella di usare di volta in volta le tecnologie migliori per tradurle in applicazioni e servizi innovativi.

Tutta la nostra evoluzione aziendale – racconta Merlini - è stata sulla spinta del mercato. Ad esempio, siamo nati facendo solo infrastruttura ma nell'arco di tre anni ci siamo trovati ad aprire la business unit di sviluppo cloud-native perché il mercato lo chiedeva. Altro esempio: abbiamo sviluppato la nostra cultura del dato per i progetti che ci venivano richiesti, perché il cloud è il luogo di elezione se devi trattare dati su larga scala e fare insight. Queste esperienze inoltre oggi permettono ad un’azienda nata come squisitamente tecnologica di porsi come advisor strategico per temi chiave come la cloud adoption, l'innovazione trasformativa grazie al cloud, l'AI.

Tra i clienti di beSharp c’è anche NeN, una quasi-startup EnerTech in cui A2A ha investito per provare ad approcciare in modo nuovo e per molti versi “di rottura” il mercato B2C dell’energia. NeN nasce cloud-native quasi per definizione, il che le ha permesso di muoversi molto velocemente e con elasticità, sfruttando di volta in volta i servizi (e i microservizi) più indicati per le sue specifiche esigenze.

Per NeN, beSharp scende in campo quando la società decide di razionalizzare, in ottica degli ulteriori sviluppi futuri, la sua infrastruttura cloud-native, stratificatasi anche nel breve tempo in cui NeN stessa si è velocemente evoluta. “Abbiamo definito – spiega Merlini – diversi blueprint applicativi basati su un'architettura tutta serverless, astratta, modulare, a microservizi. E abbiamo collaborato alla creazione del primo dei servizi di nuova generazione abilitati proprio da questa architettura”. Un caso che dimostra il valore concreto delle moderne architetture realizzabili in cloud.

Il caso NeN

Come tutte le aziende del settore Energia, anche NeN ha una quota importante di attività di supporto telefonico. A differenza della maggioranza dei concorrenti, però, vede nella qualità proprio del supporto telefonico un elemento chiave di differenziazione, tanto che per migliorare questa qualità ha voluto creare un processo di analisi, in parte automatizzata, delle interazioni telefoniche registrate con i clienti. Un processo che dal punto di vista tecnico pone una serie di problemi di compliance e di privacy non banali, a partire dal fatto che qualsiasi conversazione deve essere anonimizzata in modo da impedire l’identificazione precisa sia del singolo operatore sia dello specifico cliente. “Lo scopo del processo - spiega infatti Merlini - non è valutare la performance degli operatori, è fare una analisi su più larga scala per capire quali pattern di interazione con i clienti funzionano meglio per risolvere i problemi e, in definitiva, per essere percepiti come più amichevoli ed efficaci”.

Messa così sembra semplice, tutto questo significa invece che nei due flussi audio (il cliente in ingresso, l’operatore in uscita) che fanno parte di una conversazione da call center vanno identificati ed eliminati tutti gli elementi e i tratti - come il tono di voce - che anche solo potenzialmente portano a una identificazione degli interlocutori. Inoltre, alcuni elementi – un esempio può essere il codice cliente – devono essere anonimizzati ma non eliminati, perché seguire quel singolo dato permette di tracciare varie interazioni per capire se un dato problema alla fine è stato risolto. Ovviamente, poi, i modelli linguistici di AI che si occupano dell’analisi del parlato devono essere opportunamente addestrati e ottimizzati in modo da riconoscere qualsiasi inflessione dialettale e i vari termini tecnici tipici dell'operatività di NeN.

A valle di tutto questo ci sono da affrontare questioni non banali di data governance. I file audio delle conversazioni, le loro versioni anonimizzate e mascherate, e le loro trascrizioni vanno tutti salvati in modo sicuro, per gli utilizzi già previsti e per altri potenziali in futuro. Questo significa implementare una data platform evoluta che consenta in ogni momento, con un approccio di Role-Based Access Control (RBAC), un controllo molto granulare di chi può accedere, e come, a quali dati.

Da un punto di vista più tecnico, il processo disegnato da beSharp e NeN è completamente event-based e stateless, oltre che integrato con il software del call center NeN. Una volta terminata una chiamata, questo software la carica su un bucket AWS S3 e da qui in poi si attiva una sequenza di eventi gestita da AWS Step Functions e Amazon EventBridge e basata sulle funzioni di Amazon SageMaker. Il risultato finale è il salvataggio, su un data lake dedicato, non solo dei file audio ma anche delle loro versioni anonimizzate e mascherate, dei metadati di riferimento, delle trascrizioni testuali. Il tutto a prova di compliance.

Quello descritto è un processo che sarebbe impossibile da implementare senza il cloud. Non solo per le funzioni utilizzate ma anche, tra l’altro, per la possibilità di lanciare il numero di loro istanze necessario a gestire, in ogni momento, una quantità arbitraria di chiamate concluse. “Il vero valore del cloud – approfondisce Merlini – non sta nel permettere di fare un po' meglio quello che già si fa: sta nell’abilitare processi e servizi altrimenti impossibili da realizzare. Questo non è innovazione fine a sé stessa: ha un impatto concreto e un valore reale perché semplifica la vita dell'utente, migliora la qualità del servizio che questi percepisce”.

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