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Il virtual twin aiuta lo sviluppo della hydrogen economy

Le filiere dell’idrogeno verde hanno bisogno di un approccio trasversale e integrato all’innovazione e agli sviluppi tecnologici: quello che il virtual twin abilita sin da subito

Industria 4.0

Nelle strategie che ogni azienda deve definire per essere più sostenibile c’è il ricorso a fonti energetiche rinnovabili e a emissioni idealmente zero. In particolare nei settori ad alta intensità energetica, per cui l’elettrificazione diretta non è percorribile, sta assumendo una sempre maggiore rilevanza l’idrogeno cosiddetto “verde”, ossia prodotto senza impatti negativi sull’ambiente. Di per sé, l’idrogeno è una fonte energetica nota e diffusa da tempo, ma storicamente poco considerata nella logica della decarbonizzazione. È proprio l’avvento dell’idrogeno verde ad aver cambiato le carte in tavola.

L’idrogeno usato nelle celle a combustibile è l'idrogeno molecolare (H2). Questo non esiste in natura e si produce con processi chimici specifici, che a loro volta consumano energia e per questo possono avere un impatto ambientale non-zero. L'idrogeno verde è prodotto per elettrolisi delle molecole dell'acqua (H2O), in un processo alimentato da energie rinnovabili e che non genera CO2 (o quasi).

Altri processi di produzione dell’idrogeno hanno un impatto ambientale maggiore. Certo lo hanno l'idrogeno cosiddetto nero e quello marrone, prodotti usando il carbone, o quello grigio ottenuto dal metano. Ma anche l’idrogeno blu, una volta citato spesso come fonte energetica pulita: è prodotto dal metano generando CO2, poi neutralizzata con processi di carbon capture che – secondo i critici – non sono abbastanza efficaci. O, ancora, l’idrogeno rosa prodotto grazie all’energia nucleare.

Il focus attuale è quindi tutto incentrato sull’idrogeno verde, tanto che diversi programmi di investimento avviati dall’Unione Europea stanno spingendo questa fonte di energia per decarbonizzare i settori di mercato ad alta intensità energetica. Tra cui rientrano ad esempio l’industria chimica e il settore dell’acciaio, i trasporti pesanti e marittimi. L’obiettivo dei vari progetti, in Europa e non solo, è favorire lo sviluppo e la diffusione di vere e proprie “filiere” dell’idrogeno, che vanno dalla sua produzione al trasporto, dall’accumulo sino ovviamente all’utilizzo. Ciascuna di queste fasi deve essere ottimizzata per dare la massima resa con il minimo impatto ambientale.

Progettare e ottimizzare la filiera dell’idrogeno non è affatto banale. Si tratta di una filiera complessa, articolata e distribuita, in cui attori diversi svolgono compiti differenti ma che devono integrarsi in maniera fluida. Inoltre, va mantenuto uno stretto legame tra il mondo della ricerca e la filiera dell’idrogeno, perché molte tecnologie necessarie a una vera industrializzazione dell’idrogeno verde sono ancora in fase di sviluppo o di impianto pilota. Quello dell’idrogeno verde è in diversi aspetti un mondo nuovo, che promette molto ma che deve essere anche sostenuto attivamente.

Entra in gioco il virtual twin

In questo scenario l’applicazione dell’approccio dei virtual twin è particolarmente promettente: creare gemelli virtuali di intere filiere dell’idrogeno serve a gestire e ottimizzare tutto il flusso dei processi coinvolti. Il valore principale dei virtual twin sta infatti nel fornire a tutte le figure coinvolte nella filiera una visione affidabile, unificata e sempre aggiornata – la spesso citata “single source of truth” – della supply chain dell’idrogeno. Una visione senza la quale diventa difficile puntare concretamente alla “hydrogen economy” che l’Unione Europea e il resto del mondo considerano indispensabile per la decarbonizzazione.

Ciò che spinge decisamente l’utilizzo dei virtual twin, in questo ambito, è il fatto che le filiere dell’idrogeno sono composte da un numero molto elevato di componenti, operations e singoli processi che possono essere tutti digitalizzati, trasposti in modelli matematici virtuali, sottoposti a simulazioni, osservati nel loro funzionamento. Il tutto operando su uno spettro ampio e continuo di dettaglio: dal singolo componente fisico, come ad esempio una cella a combustibile, a un processo, come l’elettrolisi, sino a tutto un impianto con la sua rete logistica e distributiva.

I vantaggi descritti sono in parte quelli già noti per i virtual twin, ma assumono una importanza ancora maggiore perché le tecnologie dei gemelli virtuali acquistano, in questo caso, una doppia valenza. Da un lato, si possono usare per modellare, simulare e controllare il funzionamento di reti, impianti ed ecosistemi industriali che ancora non esistono, essendo quello dell’idrogeno un comparto ancora in fase di concreto e veloce sviluppo.

Dall’altro lato, l’industrializzazione dell’utilizzo dell’idrogeno come fonte energetica richiede, e richiederà sempre più spesso, la conversione a nuove tecnologie di impianti già esistenti. Questa conversione è notevolmente più semplice se si può contare su modelli digitali delle infrastrutture che saranno modificate: il gemello virtuale permette di eseguire calcoli e simulazioni degli effetti dei cambiamenti pianificati.

In questo ambito Dassault Systèmes mette in gioco le funzioni e le potenzialità della sua piattaforma 3DEXPERIENCE: tra queste, in particolare, la soluzione SIMULIA è già stata ampiamente testata sia in generale nei comparti Energia e Oil&Gas, sia nello specifico nella realizzazione di nuovi impianti, e la conversione di quelli già esistenti, della filiera dell’idrogeno verde. Dassault Systèmes ha tra l’altro sviluppato una soluzione mirata alla progettazione delle celle a combustibile, in cui le funzioni di simulazione aiutano nell’ottimizzazione dei processi di elettrolisi e nel collegamento di questi ad altri processi più a valle.

Un altro aspetto in cui brilla l’approccio dei virtual twin è la gestione integrata degli impianti di produzione dell’idrogeno verde. Non a caso sono spesso indicati come gigafactory comprendono un ecosistema complesso di processi, persone, prodotti e attività che devono essere sempre allineati e sincronizzati. Il gemello virtuale di un impianto si basa su una intensa e diffusa attività di raccolta dei dati dal campo, e questi dati possono servire anche a prendere le decisioni operative giuste nel momento più adatto.

La logica è per molti versi quella del Product Lifecycle Management, ma di nuova concezione. Un PLM cioè che non si concentra solo, come fanno le soluzioni tradizionali, su insiemi circoscritti di attività ma che si estende in una logica di piattaforma, operando come centro integrato di raccolta dati, diffusione delle informazioni e controllo dei sistemi, a cui possono rivolgersi – ciascuno ovviamente per il proprio ruolo – tutti gli stakeholder collegati ad una megafactory. Anche i partner tecnologici e commerciali a valle ed a monte nella supply chain dell’impianto stesso.

Il modello dei virtual twin ha d’altronde la stessa impostazione “sistemica” delle strategie che stanno nascendo per sviluppare tutto il comparto dell’idrogeno verde: nessuno sviluppo tecnologico o applicativo può procedere da solo, le varie iniziative a sostegno della hydrogen economy devono essere coordinate e condividere fra loro dati e informazioni. Una piattaforma di virtual twin come la 3DExperience platform di Dassault Systèmes parte proprio da questi presupposti ed è quindi ben posizionata per supportare l’innovazione costante richiesta dalla decarbonizzazione.

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