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Blockchain, più pratica e meno hype

Le aziende credono ancora nelle potenzialità delle tecnologie blockchain, nonostante il crollo finanziario e mediatico del mondo crypto

Tecnologie

"Il mondo blockchain sta accedendo a una nuova fase: finito l’hype, è iniziato il tempo di costruire": così Valeria Portale, Direttore dell’Osservatorio Blockchain and Distributed Ledger della School of Management del Politecnico di Milano, riesce a sintetizzare bene il senso delle valutazioni fatte dall'Osservatorio stesso. Se nel 2022 la parola più citata nel settore è stata forse cryptowinter, a significare il crollo finanziario e di fiducia delle criptovalute, ci sono comunque segnali positivi per le applicazioni "serie" di blockchain e delle altre tecnologie della decentralizzazione.

Quelle che ottimisticamente abbiamo ora davanti è "il consolidamento del lavoro di sviluppo iniziato anni fa, a dimostrazione di una vitalità tecnica e di un pragmatismo ingegneristico senza precedenti", spiega ancora Portale. L'attenzione dei media e del pubblico va agli scandali delle criptovalute, le aziende invece pensano a come sperimentare concretamente tecnologie che non sono più nuove, certamente, ma che hanno sempre fatto fatica a diffondersi.

Di sicuro sta aiutando la mutazione di Ethereum. Il passaggio dal consenso basato sul proof-of-work al proof-of-stake toglie alle blockchain basate su Ethereum stesso lo stigma della assoluta non sostenibilità ambientale ed energetica.

Nel complesso, i progetti blockchain di aziende e PA nel mondo crescono: nel 2022 ne sono stati identificati 278 rispetto ai 245 del 2021. In totale sono state censite 2.033 iniziative a livello globale tra il 2016 e il 2022, 1.046 delle quali sperimentazioni avviate o processi già in produzione. Il 2022 ha visto un deciso aumento dei progetti blockchain aziendali anche in Italia, per un giro d'affari complessivo di 42 milioni di euro (+50% anno su anno). Un terzo dei progetti sono legati al settore finanziario e assicurativo, il 23% al retail e alla moda, il 10% al settore automobilistico, il 7% alla PA.

Perché blockchain

Quando le aziende cercano di replicare i processi di business tradizionali usando tecnologie blockchain, spiega l'Osservatorio, l'obiettivo è renderli più efficienti puntando proprio sulle caratteristiche dei ledger distribuiti. Caratteristiche che, secondo il campione analizzato, stanno soprattutto nella possibilità di semplificare l’accesso e la condivisione dei dati (nel 56% dei casi), garantire la trasparenza e l’immutabilità delle informazioni (38%), realizzare processi affidabili attraverso gli smart contract (6%).

La fiducia del mercato c'è, nonostante il fatto che portare avanti questi progetti non sia facile. Non lo è, spiegano le aziende stesse, non perché la tecnologia sottostante non sia adeguata ma piuttosto perché è complesso mettere in piedi progetti con ecosistemi estesi.

L'altra faccia della medaglia è rappresentata da tutto il mondo cosiddetto Internet of Value, ossia quello in cui si trasferisce davvero valore usando criptovalute, stablecoin (valute digitali il cui valore è ancorato a una valuta reale o a un bene come l'oro) e CBDC (Central Bank Digital Currency, le versioni digitali delle valute nazionali, laddove esistono). Qui la fiducia di aziende e consumatori sembra ai minimi, anche se i principi della finanza decentralizzata sono abbastanza solidi - in prospettiva - da non chiudere affatto la questione.

D'altronde, spiega l'Osservatorio, un buon motivo ci sarà se 59 delle 100 principali banche al mondo hanno attivato almeno un progetto legato all’utilizzo di stablecoin, CBDC oppure a servizi di custodia e di investimento in criptovalute. E l'atteso Digital Euro della Banca Centrale Europea è nel pieno della sua fase di studio, che terminerà il prossimo luglio. Se tutto va bene, dopo inizierà una fase di sperimentazione di tre anni.

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