L’azienda americana spinge su una proposizione PaaS omnicomprensiva, iperconvergente e indipendente dall’ambiente.
Sembra essere in uno stato di grazia Nutanix e i dati lo confermano. Alla tappa milanese del roadshow Nutanix next, Sammy Zoghlami, vicepresidente senior responsabile per l’Emea, ha ricordato con giusto orgoglio i 2,54 miliardi di dollari di ricavi nel 2025 con un incremento del 18% e di questi, 2,22 miliardi sono ricorrenti.
L’azienda è evidentemente solida, in continua crescita a due cifre da qualche anno e, in particolare, la filiale italiana è tra le top in Emea per crescita del business. Il segreto del successo è dovuto alla capacità di cavalcare il cavallo giusto nella gara giusta e alle condizioni a contorno, in particolare il terremoto successivo all’acquisizione di vmWare da parte di Broadcom.
In tutte le presentazioni al cospetto di clienti e partner di canale – distributori e system integrator – e tecnologici, due sono le paroline magiche ricorrenti: concretezza e semplicità. Concretezza intesa come capacità di intercettare in anticipo le esigenze reali dei clienti e, soprattutto, mettere a terra la soluzione in tempo zero.
In particolare, la presentazione di Leonardo Boscaro, NDB Lead EMEA, Nutanix ha chiarito il modus operandi e le prospettive future, partendo da assunti tanto oggettivi quanto evidenti. Boscaro estrapola cinque criticità dall’analisi Top CIO Challenges in 2025 di Gartner e per ciascuno indica una direzione.
La prima, inevitabilmente, è l’AI ma il manager, per fortuna, la supera con una certa scioltezza. “Gli AD delle aziende ci credono – osserva Boscaro -, pensano che serva, non sanno bene a cosa. Sono disposti a investire ma poi la responsabilità di tirare fuori il valore da quegli investimenti ricade sui CIO”.
“Una Survey rilasciata da Salesforce – prosegue il manager – sostiene che il 63% degli AD delle grandi aziende pensa di essere pronto per l’AI e che i data lake siano pronti. Ma nella stessa ricerca, l’84% dei data leaders sostiene di non esserlo per niente”.
Così, e qui i punti successivi si collegano magicamente, mancano le competenze, mancano i talenti e manca una strategia chiara soprattutto nell’ambito Data e Analytics. Dunque, Nutanix si accoda alla narrazione comune dei vendor di tecnologia che insiste sulla revisione dell’approccio all’AI generativa, sulla necessità di un supporto consulenziale profondo, magari da parte di partner di canale purché realmente competenti e, infine, su formazione interna e introduzione a piccoli passi.
Nella lista delle criticità, poi, compaiono le voci “cybersecurity” e “tech purchasing”. L’onnipresente cybersecurity entra a gamba tesa anche nel contesto AI: “Oggi chiunque è in grado di sviluppare applicazioni utilizzando low code – sostiene il manager -. È in grado di crearsi un RAG che magari utilizza LLM liberamente disponibili e li popola con dati aziendali. Ciò espone l'azienda a rischi di cybersecurity”. Insomma, scenario preoccupante, a cui, come se non bastasse, si aggiunge la ricorrente questione del “tech purchasing”.
“Oggi un’azienda può avere un IT strutturata con tantissima tecnologia, tanti contratti, diciamo almeno una ventina – prosegue Boscaro. E se, da una parte il fornitore spinge per ampliare l’offerta presso il cliente, il budget destinato alla tecnologia nella migliore delle ipotesi è stabile, visto che è correlato alle revenue”.
Cosa si può fare, allora? Scegliere la semplicità di Nutanix, evidentemente. Un layer tecnologico unico di livello enterprise che permetta di gestire la gran parte delle applicazioni con il supporto della virtualizzazione, e che renda disponibile anche un engine Kubernetes “per iniziare a prototipare applicazioni containerizzate per le applicazioni mission critical e che stanno andando in produzione, fornendo anche il supporto all'ecosistema – spiega il manager”. E che, ovviamente, integri un repository protetto per dati e applicazioni.
Nutanix oggi propone questo. Una piattaforma Paas che fornisca un catalogo di servizi con più di 1000 soluzioni certificate. “Siamo partiti dall'iperconvergenza – ricorda Boscaro -, abbiamo costruito un layer infrastrutturale alla base di tutto e on top ci abbiamo sviluppato un catalogo notevole di servizi applicativi”.
La visione a tendere di Nutanix, che prende il nome di progetto Beacon (Build Once, Run Anywhere), pensa alla piattaforma NCP (Nutanix Cloud Platform) per ambienti iperconvergenti, on premise, in public cloud e nell’edge. In particolare, è sembrato evidente da tutte le presentazioni al Nutanix next che l’occhio di riguardo sia verso il cloud privato, l’on premise, il bare metal, comunque lo si voglia definire.

Questo per venire incontro all’esigenza molto sentita da parte dei clienti di salvare il salvabile, avere il controllo su dati e costi, e poter scegliere dove e come distribuire la propria infrastruttura IT, il tutto con una previsione di spesa chiara e contenuta. Questo approccio richiede un’evoluzione del rapporto tra cliente e fornitore, con la necessaria mediazione del partner di prossimità.
“Ciò che serve oggi non è più accelerare ma migliorare e governare – conclude il manager -. E Nutanix si trasforma da fornitore di risorse tecnologiche a fornitore di servizi con un controllo completo e diretto in ogni momento della situazione infrastrutturale del cliente”.