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Ogni 40 secondi parte un attacco ransomware contro le Pmi

Nei primi nove mesi del 2016, il numero di attacchi si è triplicato, secondo le stime di Kaspersky Lab.

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In base a un report pubblicato dagli specialisti di Kaspersky Lab, tra gennaio e settembre 2016 la frequenza degli attacchi ransomware contro le imprese è passata da 2 minuti a 40 secondi. Per i consumatori, la situazione è anche peggiore, poiché solo in settembre la frequenza rilevata è di 10 secondi.
I ricercatori dello specialista di sicurezza hanno rilevato virgola nel terzo trimestre di quest'anno, 32.091 nuove versioni di ransomware contro le sole 2.900 del primo trimestre. Ben 62 nuove famiglie di malware in questa categoria sono state identificate nell'ultimo periodo e il numero mostra chiaramente l'interesse del cybercriminali verso un tipo di attacco la cui è riuscita resta costante, nonostante le azioni condotte dalle autorità di polizia e giudiziarie, nonché gli strumenti di decriptazione gratuiti forniti da ricercatori e imprese nel settore.
Lo studio di Kaspersky Lab mostra come le piccole e medie imprese siano le più colpite. Negli ultimi 12 mesi, il 42% di esse è stata vittima di un attacco ransomware. Una su tre ha pagato il riscatto, ma una su cinque non è mai riuscita a recuperare i file critici anche dopo il pagamento. Il 67% delle realtà colpite ha perso in parte o in tutto i propri dati è una vittima su quattro ha passato diverse settimane a cercare di ritrovare l'accesso ai propri file.
Quest'anno il ransomware più popolare è stato senza dubbio Ctb-Locker, utilizzato nel 25% degli attacchi. Più distanziati, troviamo Locky e TeslaCrypt.
La formazione del personale appare la chiave di volta per prevenire con maggiore efficacia gli attacchi. Secondo Kaspersky Lab, infatti, una volta su cinque la perdita dei dati e imputabile alla assenza di vigilanza del personale o alla mancanza di sensibilizzazione verso la sicurezza. Le imprese devono, inoltre, fare regolarmente il backup dei dati, utilizzare soluzioni di protezione affidabili sui terminali, assicurarsi che siano applicati gli ultimi aggiornamenti, restringere l'accesso ai dati sensibili e diffondere su dipendenti e strutture It la cultura del rischio.
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