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Sas, servono regole per la governance dei dati

In molte aziende la governance dei dati e la regolamentazione della gestione delle informazioni è spesso un buco nero

Trasformazione Digitale
evan-levy.jpgIl consumo di dati all’interno delle organizzazioni dovrebbe essere oggetto della stessa attenzione con cui si consuma un farmaco. Assunzione e modalità di dosaggio, effetti collaterali e controindicazioni, capacità di assimilazione, l'intero processo che coinvolge il ciclo di vita del dato deve essere soggetto a discipline rigorose. Ne è convinto Evan Levy, vice president of data management programs di Sas, intervenuto a Milano nel corso Roadshow della software house statunitense.

Secondo Levy molte aziende non applicano questo principio: la governance dei dati e la regolamentazione della gestione delle informazioni è spesso un buco nero. Come porre rimedio a questa criticità? Bisogna innanzitutto dire che non esiste una strategia unica per tutte le realtà, ma ogni progetto dovrebbe comunque basarsi su cinque componenti fondamentali: identificazione, provisioning, government, archiviazione e integrazione".

Come spiega Levy, "La prima fase coincide con l’identificazione dei dati per capirne il vero significato, in modo indipendente da struttura, origine e posizione. Segue poi il provisioning - vale a dire pacchettizzare le informazioni e renderle disponibili rispettando regole e linee guida sugli accessi -. Il terzo step ha a che fare con il governo dei dati: stabilire e comunicare le policy interne, insieme ai meccanismi necessari per assicurare un utilizzo efficace delle informazioni. La fase di archiviazione prevede invece la realizzazione di un’infrastruttura che garantisca l’accesso e l’elaborazione dei dati attraverso tutta l’impresa. Infine si ha la componente d’integrazione, che permette di spostare e combinare le informazioni memorizzate in luoghi diversi, fornendo ai vari team una vista unificata delle stesse".   

I cinque “pilastri” di una corretta data strategy introducono però anche il tema delle competenze, fondamentali per governare questo processo e più in generale la trasformazione digitale in atto. “Nel nostro Paese oggi abbiamo circa duecento data scientist, ma saranno duemila nel 2018 e ventimila nel 2020”, afferma Marco Icardi, amministratore delegato di Sas Italia. “Numeri che sottolineano l’attenzione sempre maggiore che le aziende riserveranno all’analisi dei dati”.

Ma servono anche piattaforme in grado di regolare l’intera filiera, che sappiano avvicinarsi al mondo dell’open source e al cloud, integrandosi tramite Api verso altri sistemi”, rimarca Icardi, “anche se può rivelarsi una strategia rischiosa, perché aprirsi significa scoprirsi. È quindi necessario implementare soluzioni di sicurezza efficienti”.

Un esempio è Sas Viya, architettura unificata con funzionalità centralizzate di analytics per una gestione end-to-end del dato, dall’esplorazione al risultato finale. Grazie alle Api, si tratta di una piattaforma aperta ad altri linguaggi come Python e basata su microservizi, che ne facilitano l’implementazione e la manutenzione. Infine, Viya sa adattarsi ai vari ambienti e funzionare sia in cloud sia on-premise.  
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