L’adozione dell’AI generativa nelle grandi aziende è cresciuta rapidamente, passando dal 20% al 58% in pochi mesi. Aumentano anche gli investimenti sulle nuove tecnologie e, secondo la BCE, solo 2 dipendenti su 10 in Europa sono preoccupati dal cambiamento ma, paradossalmente, la formazione interna tocca ancora meno di 5 lavoratori e lavoratrici su 10.
L'adozione dell'intelligenza artificiale (AI), in particolare nelle grandi aziende, è cresciuta del 36% solo nell'ultimo trimestre: se a fine 2024 era infatti impiegata solo in 2 realtà su 10, ad aprile 2025 si è arrivati a quasi 6 su 10 (58%). A rivelarlo è l'ultima edizione del sondaggio AI Quarterly Pulse Survey della nota società di consulenza KPMG, che si è conclusa alla fine del mese di marzo e ha coinvolto 130 dirigenti di alto livello di aziende statunitensi con oltre 1 miliardo di dollari di fatturato annuo, rivelando un'accelerazione significativa nell'adozione e negli investimenti su queste tecnologie in ambito professionale e lavorativo. In particolare, secondo l'indagine, le aziende stanno aumentando gli investimenti in AI generativa (GenAI), con una previsione di spesa di 114 milioni di dollari entro la fine del 2025, rispetto agli 89 milioni dell'anno precedente. L'utilizzo settimanale di “assistenti intelligenti”, inoltre, ha raggiunto il 61%, rispetto al 48% del trimestre precedente, mentre l'integrazione della GenAI nei flussi di lavoro esistenti è aumentata dal 24% al 35%. A fronte di questo, però, sono meno di 5 su 10 (il 47%) le persone che, nella propria azienda, hanno ricevuto una formazione sull'IA.
“L'impatto dell'intelligenza artificiale e, in particolare, dell'intelligenza artificiale generativa nei processi aziendali sta cambiando radicalmente il modo di lavorare – commenta Cristina Danelatos, board member e CEO Area Innovation e IT Corporate di Zeta Service, realtà italiana leader nella consulenza e servizi HR e payroll –. Mentre osserviamo una crescente domanda di figure professioniste esperte in AI, sorprendentemente è ancora basso il dato sulle attività di formazione in materia. Ci attendiamo, quindi, un margine di crescita che, nei prossimi mesi (non anni), sarà significativo. È fondamentale accogliere l’impatto trasformazionale dell’AI con preparazione ed è quindi necessario che chi quotidianamente è impegnato nella gestione del personale abbia gli strumenti per gestire il cambiamento che avanza a passi spediti, auspicabilmente anticipandone anche le evoluzioni e i possibili utilizzi, ad esempio, per automatizzare processi ripetitivi e a basso valore aggiunto che ad oggi pesano su collaboratori e collaboratrici sia preparato a gestire il cambiamento che avanza a passi spediti”.
“Anche per questo – proseguono Ivan e Debora Moretti, Co-CEO di Zeta Service – abbiamo promosso la nascita di HR Executive Club, un network esclusivo riservato a chi guida la funzione HR nelle aziende italiane, accessibile solo su invito e creato dal know-how di Zeta Service, che si riunirà in diverse date, a Milano e Bologna, per monitorare i trend del mercato e condividere prassi ed esperienze al fine di rendere più competitivo il panorama italiano delle Risorse Umane. Vogliamo essere un punto di riferimento per chi vuole mantenere una visione ampia e aggiornata sulla funzione HR in azienda, partendo dal confronto pragmatico con professionisti e professioniste di alto livello in un ambiente ristretto e stimolante. Il networking, da questo punto di vista, sarà un acceleratore di conoscenze”.
L'impiego dell'IA, nonostante quello che si è portati a ritenere, in Europa parrebbe inoltre non preoccupare la maggior parte dei lavoratori e delle lavoratrici per la possibile perdita del proprio impiego. Lo riferisce un recente articolo pubblicato dal blog della Banca Centrale Europea, la quale, attraverso il suo Consumer Expectations Survey (CES), condotto in 11 Paesi dell'Ue, ha confermato come i lavoratori percepiscano l'IA come parte integrante delle loro attività quotidiane, con una crescente familiarità e utilizzo di strumenti intelligenti. In particolare, circa il 41% degli intervistati ritiene che le nuove tecnologie avranno un effetto positivo sulla produttività o sulle opportunità di lavoro, mentre un altro 37% non prevede alcun effetto e solo il 20% ha aspettative negative o timori. I più avvezzi all'impiego di questa tecnologia sono le persone di età compresa tra 18 e 34 anni (36%, quasi 4 su 10). Numeri più bassi per chi, invece, ha un'età compresa tra 55 e 74 anni (18%). Maggior propensione verso l'IA anche per chi ha un'istruzione universitaria (30%) rispetto a chi non la possiede (18%).
“Anche alla luce di questi numeri – continua Cristina Danelatos di Zeta Service – è necessario che l'IA abbia un ruolo centrale nelle riflessioni sul futuro (prossimo) del mondo del lavoro. Il crescente impiego di questa tecnologia porta una grande semplificazione dei processi, non solo per le aziende ma anche per chi, all'interno di queste, lavora”.