Solo il 32% dei giovani italiani si sente compreso dai colleghi più anziani rispetto alle sfide e al contesto di inserimento nel mercato del lavoro specifico della propria generazione. Mentre quasi la metà (48%) è consapevole del fatto di aver cominciato il proprio percorso professionale in circostanze diverse – a livello economico e sociale – rispetto alle altre generazioni.
Qual è il ruolo della GenZ nel mondo del lavoro? E come i giovanissimi percepiscono la propria professionalità e quella delle altre generazioni? Lavoratrici e lavoratori under 26 stanno man mano trovando la propria voce, acquisendo sempre maggior consapevolezza della propria posizione in azienda. In una nuova indagine condotta da LinkedIn, il network professionale più ampio al mondo, giovani professionisti e professioniste italiani raccontano la propria esperienza, priorità e obiettivi di carriera, confrontandosi con le generazioni più senior. Per individuare punti in comune e differenze che possano dare un valore aggiunto sul luogo di lavoro.
Il rapporto con i colleghi: la GenZ crede nella collaborazione e nell’arricchimento reciproco
Ogni generazione porta sul luogo di lavoro competenze e capacità specifiche, cui bisogna dare il giusto valore: a esserne convinti sono oltre 7 giovani professionisti italiani su 10 (77%). E, nonostante sui social (e nella vita reale) spesso emergano visioni conflittuali e un approccio alla vita lavorativa diverso tra generazioni, persino rispetto ai vicini millennials, gli intervistati sostengono in larga maggioranza (78%) di aver molto da imparare da colleghe e colleghi più senior. Un dato, quest’ultimo, in linea con il sentito dei coetanei che lavorano nei Paesi Bassi (sempre 78%), in Medio Oriente e Nord Africa (76%) e nel Regno Unito (72%). Solo i giovani professionisti in Germania sembrano un po’ meno ricettivi rispetto alle possibilità di apprendimento e miglioramento attraverso il confronto intergenerazionale, con solo il 64% che dichiara lo stesso. Tornando in Italia, il 77% dei giovani lavoratori sostiene che sia fondamentale che le aziende promuovano ambienti di lavoro intergenerazionali e ben il 78% è convinto che una migliore comunicazione potrebbe contribuire a migliorare la produttività e ad ampliare le opportunità di apprendimento, influenzando anche il morale dei team.
A chi si rivolge la GenZ quando ha bisogno di aiuto o di un consiglio in campo professionale?
Chiedere aiuto sul lavoro non è sempre semplice, occorre mostrare le proprie incertezze e vulnerabilità. E può essere ancora più difficile rivolgersi ai colleghi più anziani: come mostra l'indagine condotta da LinkedIn, solo il 42% dei lavoratori Genz si sforza di parlare con generazioni diverse sul posto di lavoro. E, quando lo fa, il 69% preferisce rivolgersi ai Millennials, probabilmente sentendosi più compreso per via della maggior vicinanza di età. Seguiti dalla GenX, cui il 62% della GenZ fa riferimento se alla ricerca di supporto, e, all’ultimo posto, i Baby Boomers (52%). Ma su quali temi i giovani in Italia cercano aiuto? Più della metà (52%) si rivolge a colleghi senior per migliorare le hard skills – come la gestione dei tempi di lavoro e di progetti complessi – e il 39% è alla ricerca di una guida per stabilire i propri obiettivi professionali. Il 30% vorrebbe trovare un mentore o uno sponsor nel proprio percorso.
La percezione diffusa tra più della metà degli intervistati (53%) è che i colleghi più senior abbiano un atteggiamento giudicante o idee errate sull'atteggiamento della GenZ nei confronti del lavoro. Il 23% dei giovani intervistati in Italia – e il 25% in media in tutti i paesi considerati nella survey (UK, Germania, Paesi Bassi, MENA) – si sente in qualche misura a disagio nell’approcciarsi per chiedere aiuto e supporto a professionisti di altre generazioni. La principale motivazione addotta, in Italia, è la preoccupazione di risultare poco seri (41%).
Un altro punto di miglioramento riguarda l’empatia e la comprensione reciproca, soprattutto quando si guarda alle sfide e al contesto di inserimento nel mercato del lavoro specifico di ogni generazione: quasi la metà (48%) è consapevole del fatto di aver cominciato il proprio percorso professionale in circostanze diverse – a livello economico e sociale – rispetto alle altre generazioni e il 55% dei professionisti della GenZ nel nostro Paese pensa che chi ha mosso i primi passi nel mondo del lavoro durante la pandemia abbia bisogno di maggior supporto a livello professionale, in particolare per quanto riguarda lo sviluppo delle soft skill come la comunicazione.
Obiettivi, priorità ed etica professionale: generazioni a confronto
Una rimostranza che si sente spesso quando si parla dell'approccio al lavoro da parte della GenZ è che i giovanissimi abbiano aspettative irrealistiche. O almeno questo è ciò che tendono a pensare i colleghi più anziani: la ricerca condotta da LinkedIn, tuttavia, suggerisce che queste opinioni siano infondate e derivino piuttosto da una mancanza di comunicazione tra generazioni.Per oltre 7 intervistati su 10 (72%) di tutte le età, sentirsi appagati dal proprio percorso professionale è una priorità, così come raggiungere la stabilità (61%). Non solo, il 73% si dice disposto a lavorare duramente purché ci sia un significato in ciò che si sta facendo: un punto importante, quest’ultimo, per i giovani professionisti italiani che si riflette anche nelle loro opinioni rispetto a questioni etiche, relative alla cultura e ai valori aziendali. Il 63% dei giovanissimi, infatti, è convinto che ogni lavoratore dovrebbe condividere gli stessi principi di etica professionale, a prescindere dalla generazione di appartenenza. Ma qual è la percezione che la GenZ condivide per quanto riguarda l’approccio professionale delle altre generazioni? Il 32% pensa che i propri colleghi più senior siano disposti a lavorare per la stessa azienda per periodi più lunghi rispetto a loro, il 25% è convinto che abbiano obiettivi professionali più chiari e il 23% che il percorso di carriera delle altre generazioni sia più lineare.