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Studio Unioncamere: le medie imprese del Sud corrono di più e investono in digitale

Nel 2023 l’87% stima aumenti di fatturato e il 92% dell’export. Per il futuro, il 40% prevede un significativo incremento della propria quota di mercato. 6 su 10 investiranno in digitale e green entro il 2025.

Mercato e Lavoro

C’è un Sud che dimostra di poter correre più veloce del resto d’Italia: è quello delle medie imprese industriali del Mezzogiorno. L’87% di queste ‘ambasciatrici’ del capitalismo familiare conta di chiudere quest’anno con un aumento di fatturato (contro il 76% di quelle del Centro Nord) e il 92% prevede aumenti delle esportazioni (contro l’81%). Si tratta di realtà produttive che guardano al futuro con maggiore ottimismo: il 40% prevede un aumento significativo della propria quota di mercato (contro il 22,9% delle altre aree d’Italia). Anche per questo motivo, sei medie imprese del Mezzogiorno su dieci investiranno in digitale e green, proseguendo il cammino intrapreso tra il 2020 e il 2022 o con nuovi investimenti entro il 2025. Il restante 40% circa non ha ancora investito nella Duplice Transizione o non intende più farlo. Sono le barriere economiche a frenare più della metà delle medie imprese del Sud dal fare investimenti 4.0 (contro il 30% delle altre medie imprese), mentre quelle culturali ostacolano prevalentemente la Transizione Green (38% al Sud, 33% altrove).

È quanto emerge dall’ultimo rapporto “I fattori di competitività delle medie imprese del Mezzogiorno: il ruolo dei ‘capitali’ strategici” realizzato dall’Area Studi di Mediobanca, dal Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere e presentato oggi a Catania presso la Camera di Commercio. Si tratta di una realtà produttiva composta da appena 361 imprese che realizzano complessivamente il 12,6% del valore aggiunto manifatturiero totale dell’area. In Sicilia se ne contano una quarantina con fatturato aggregato pari a 1,8 miliardi di euro e una forza lavoro di oltre 4.500 unità.

“Le medie imprese sono un universo composto ancora da poche aziende nel Mezzogiorno, ma stanno dimostrando di potere fare la differenza per sostenere lo sviluppo del Sud e recuperare il ritardo accumulato con il resto del Paese, anche grazie ad una loro elevata propensione ad investire nella Duplice Transizione e sui temi ESG”. È quanto ha sottolineato il presidente di Unioncamere Andrea Prete che ha aggiunto “per questo vanno incoraggiate, anche attraverso una più equa fiscalità, affinché possano proliferare numericamente e contribuire a creare nel Meridione un tessuto produttivo più solido e competitivo a vantaggio dell’Italia intera.”

La maggiore dinamicità delle medie imprese del Mezzogiorno è confermata dai risultati conseguiti nell’ultimo decennio. Tra il 2012 e il 2021, queste aziende hanno registrato una crescita del fatturato del 44,4% (contro il 40% delle altre). La loro produttività è cresciuta del 33,1% rispetto al +31% del resto d’Italia e la loro competitività è aumentata di 29,6 punti percentuali rispetto a un incremento di 15,3 p.p. delle altre, con rilevante ampliamento della forza lavoro (+29,3% contro +20,7%). Anche il 2022 si è chiuso con un incremento del fatturato nominale delle medie imprese meridionali pari al +20,9% (+5,5% in termini reali) che supera quello delle altre aree (+16,1% nominale, +1,4% reale). Per quanto riguarda le vendite oltreconfine, le medie imprese del Mezzogiorno hanno archiviato il 2022 con un +25,4% nominale (+10,2% reale) sovraperformando rispetto alle altre aree (rispettivamente +15,7% e +1,7%). È importante sottolineare che queste performance sono state ottenute in contesti non sempre favorevoli. Per esempio, nel decennio 2012-2021, il livello di tassazione delle medie imprese meridionali risulta più elevato rispetto al resto d’Italia (valore medio: 32,7% vs 29,9%).

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