Secondo il Centro studi di Unimpresa il debito pubblico italiano a giugno scorso è arrivato a quota 2.843,1 miliardi di euro, a fine 2022 era a 2.756,9 miliardi, a fine 2021 a 2.679,6 miliardi, a fine 2020 a 2.573,4 miliardi.
È aumentato al ritmo di 14,3 miliardi di euro al mese il debito pubblico italiano nel primo semestre del 2023: un ritmo superiore sia ai 6,4 miliardi medi mensili del 2022 sia agli 8,8 miliardi del 2021. Rispetto allo scorso anno la velocità di crescita della “voragine” nelle finanze pubbliche è salita del 123%, mentre rispetto al 2021 è cresciuta del 62%. Tra il 2022 e il 2021 si era invece registrato un rallentamento del ritmo pari al 27%.
È quanto emerge da un report del Centro studi di Unimpresa, secondo il quale il debito pubblico italiano a giugno scorso è arrivato a quota 2.843,1 miliardi, in aumento di 86 miliardi rispetto al 2022, quando si era attestato a 2.756,9 miliardi, in crescita di 77,3 miliardi sull’anno precedente.
«L’andamento del debito pubblico ci preoccupa in vista della definizione della prossima legge di bilancio: le risorse a disposizione del governo sono limitate e c’è il rischio di avere una finanziaria particolarmente avara, in una fase, invece, nella quale le imprese avrebbero bisogno di sostegni e fondi importanti per sviluppare un percorso di crescita economica robusto» commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, che ha elaborato dati della Banca d’Italia, il debito pubblico italiano a giugno scorso è arrivato a quota 2.843,1 miliardi di euro, a fine 2022 era a 2.756,9 miliardi, a fine 2021 a 2.679,6 miliardi, a fine 2020 a 2.573,4 miliardi. Nel corso dei primi sei mesi del 2023, la “voragine” nelle finanze pubbliche del Paese è cresciuta in totale di 86,1 miliardi, con una media mensile di 14,3 miliardi, più alta del 123% rispetto al ritmo del 2022 (+7,9 miliardi), pari a 6,4 miliardi medi mensili, quando il debito era salito complessivamente di 77,3 miliardi. Tra il 2022 e il 2021 si era registrato un rallentamento del ritmo, calato del 27% di 2,3 miliardi. È superiore a 5,5 miliardi (+62%) la differenza tra la velocità di crescita del 2023 e quello del 2021.
«Questa situazione è resa ancora più preoccupante dalla trattativa in corso in sede europea in relazione alle norme sul patto di stabilità: in assenza di nuovi accordi, dal prossimo gennaio saremo costretti a rispettare i vecchi parametri bilancio imposti dall’Unione europea e, visto l’andamento dei nostri conti pubblici, corriamo il rischio di dover affrontare un periodo di pesantissimi tagli. È fondamentale che il governo ottenga il più possibile e, alla luce di quanto scoperto dalla Corte dei conti tedesca, stavolta appare difficile che la Germania, con i suoi conti alterati, possa mantenere una posizione di assurda rigidità» aggiunge Ferrara.