Le micro imprese in totale sono quasi 4 milioni e generano valore aggiunto per 221 miliardi, il 27% del totale: mestieri e attività sono a rischio estinzione.
Le difficoltà legate ai passaggi generazionali rappresentano una minaccia per quasi 4 milioni di micro imprese italiane, quelle che generano circa 221 miliardi di euro di valore aggiunto, pari al 27% del totale: la successione da genitore a figlio, infatti, a causa di ostacoli culturali, burocratici, fiscali e finanziari è un serio impedimento per la continuità aziendale almeno nel 25% delle realtà minori, vale a dire quasi 1 milione di attività imprenditoriali a cui può essere ricondotto un giro d’affari pari a 55 miliardi di euro. Ne consegue che il made in Italy, in particolare quello legato all’artigianato, è letteralmente a rischio estinzione. È quanto emerge da un’indagine del Centro studi di Unimpresa, secondo la quale gli altri settori più a rischio sono la falegnameria, l’idraulica, la sartoria e l’enogastronomia. Di fatto, centinaia di migliaia di mestieri e attività, in taluni casi anche con una forte valenza storica oltre che prettamente economica, corrono il rischio di scomparire.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, il passaggio generazionale risulta un terreno particolarmente accidentato anzitutto per ragioni di carattere culturale, nella difficoltà che i genitori hanno nel tramandare competenze, passione, mentalità d’impresa. Aspetti rilevanti a cui si aggiungono due fattori di carattere pubblico: la burocrazia e il fisco. Ne consegue che in taluni territori, per determinate attività più piccole, c’è il rischio concreto di desertificazione, mentre in ambiti specifici, dove le possibilità di difesa “interna” del sistema-Paese sono assai fragili, come nel caso dell’enogastronomia, si addensa l’ombra di assalti stranieri.
La questione interessa una fetta importante dell’economia italiana. Le microimprese, quelle con meno di 10 addetti, stando ai dati statistici più aggiornati, sono poco meno di 4 milioni: rappresentano il 94,8% delle imprese attive, il 43,2% degli addetti e il 26,8% del valore aggiunto realizzato, cioè 221,1 miliardi sul totale di 825,5 miliardi; inoltre, sono caratterizzate dalla prevalenza di lavoro indipendente (60% sul totale addetti). In questo ambito dimensionale, ostacoli culturali, burocratici, fiscali e finanziari sono un serio impedimento per la continuità aziendale almeno nel 25% dei casi, vale a dire quasi 1 milione di attività imprenditoriali minori, a cui può essere ricondotto un giro d’affari pari a 55 miliardi di euro.
Meno complesso, anche se non del tutto in discesa, si rivela il passaggio generazionale nell’ambito delle piccole e medie imprese (quelle con 10-249 addetti) che sono quasi 214mila, impiegano il 33,5% degli addetti e contribuiscono per il 37,9% alla creazione di valore aggiunto. Complicazioni di natura diversa, in particolare per quanto riguarda gli assetti proprietari e l’individuazione di management di alto livello, in grado di favorire la crescita anche su scala internazionale, si riscontrano nelle grandi imprese (quelle con almeno 250 dipendenti): si tratta di 4.057 realtà societarie, dove si concentra il 23,3% degli addetti e il 35,3% del valore aggiunto.