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Misery Index Confcommercio: la disoccupazione estesa scende all’8,7%

A marzo 2023 l’indice di disagio sociale scende a 16,6 (-1,2 punti rispetto a febbraio). La variazione dei prezzi dei beni e servizi ad alta frequenza d’acquisto scende al 7,6% dal 9,0% di febbraio.

Mercato e Lavoro

Il Misery Index Confcommercio di marzo 2023 si è attestato su un valore stimato di 16,6 in significativa riduzione rispetto al mese precedente. Il dato dell’ultimo mese riflette, quasi esclusivamente, il deciso rallentamento del tasso di variazione dei prezzi dei beni e servizi ad alta frequenza di acquisto.

A marzo il mercato del lavoro ha continuato a segnalare moderati elementi di vivacità, in linea con la ripresa registrata dall’attività economica. Il numero di occupati è aumentato di 22mila unità sul mese precedente e le persone in cerca di lavoro sono diminuite nella stessa misura; nello stesso periodo il numero di persone inattive è risultato invariato. Queste dinamiche hanno portato il tasso di disoccupazione ufficiale al 7,8%. Nello stesso mese le ore autorizzate di CIG sono state di poco superiori ai 42 milioni, a cui si sommano quasi di 1,4 milioni di ore per assegni erogati dai fondi di solidarietà. In termini di ore di CIG effettivamente utilizzate, destagionalizzate e ricondotte a Ula si stima che questo corrisponda a circa 60mila unità lavorative standard. Il combinarsi di queste dinamiche ha comportato una contenuta riduzione del tasso di disoccupazione esteso sceso all’8,7%.

A marzo 2023 i prezzi dei beni e dei servizi ad alta frequenza d’acquisto hanno mostrato una variazione tendenziale del 7,6%, in deciso ridimensionamento rispetto al mese precedente. Le prime stime di aprile segnalano una ripresa del tasso di crescita dei prezzi per questa tipologia di beni e servizi (+8,2% su base annua). Si consolidano, pertanto, i timori di un percorso di rientro non agevole, in considerazione sia delle turbolenze che ancora agitano alcuni mercati sia della presenza, all’interno del sistema, di residue pregresse tensioni. Il persistere di un’inflazione su livelli elevati, con i conseguenti effetti sul potere d’acquisto delle famiglie, in un contesto di naturale riduzione dei sostegni nella direzione di una maggiore selettività degli stessi, potrebbe limitare nei prossimi mesi le capacità di ripresa della domanda e dell’economia, riducendo allo stesso tempo le possibilità di riportare l’area del disagio sociale su valori più contenuti.

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