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Manovra: Unimpresa, nel 2023 entrate al 49,2% del Pil, stangata da 50 miliardi

Analisi del Centro studi dell’associazione: l’anno prossimo lo Stato incasserà 50,6 miliardi di euro in più rispetto al 2022, con le entrate totali che arriveranno a toccare il 49,2% del prodotto interno lordo, in aumento rispetto al 48,9% che si registrerà alla fine di quest’anno.

Mercato e Lavoro

Tasse e contributi sociali in aumento nel 2023 per cittadini e imprese: l’anno prossimo lo Stato incasserà 50,6 miliardi di euro in più rispetto al 2022, con le entrate totali che arriveranno a toccare il 49,2% del prodotto interno lordo, in aumento rispetto al 48,9% che si registrerà alla fine di quest’anno. La stangata da oltre 50 miliardi sulle tasche dei contribuenti, famiglie e imprese, sarà cagionata principalmente dall’incremento del gettito Iva e delle imposte a carico delle aziende (Ires e Irap) per oltre 29 miliardi, dall’incremento dei contributi sociali (versamenti Inps, principalmente) per 8,7 miliardi e da altre entrate per 20 miliardi. In totale, nel 2023 nelle casse pubbliche entreranno oltre 981 miliardi, con un incremento del 5,4% rispetto ai 930 miliardi di quest’anno. Con il piano di bilancio per il 2023, il governo ha di fatto già prenotato quasi 90 miliardi di nuovo debito: è la differenza tra i 981 miliardi di entrate previste e i 1.071 miliardi di spesa già programmata.

Sono i dati di una analisi del Centro studi di Unimpresa, secondo la quale lo Stato l’anno prossimo spenderà complessivamente, quasi 34 miliardi di euro in più rispetto al 2022 in termini assoluti, ma la spesa pubblica, in rapporto al pil, dovrebbe calare dal 54,5% al 53,7%. Per le pensioni e la sanità lo Stato nel 2023 spenderà 273 miliardi, ben 8,7 miliardi in più (+3,3%) rispetto al 2022.

«Il dato che ci preoccupa maggiormente è quello legato al totale delle entrate: una percentuale in aumento a oltre il 49% del pil che rappresenta il vero, insostenibile peso dello Stato sui contribuenti: è un macigno che soffoca le possibilità di crescita economica ed è su quello che il governo deve agire con la massima urgenza. Quella percentuale è decisamente più alta rispetto al dato ufficiale sulle pressione fiscale che, per il governo, si attesterà l’anno prossimo al 43,2% rispetto al 43,7% del 2022» ha commentato il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora. «Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha annunciato, per febbraio, il varo di una riforma fiscale. C’è da augurarsi che stavolta si faccia sul serio e che non si metta in scena l’ennesimo, inconcludente teatrino di esperti, commissioni, pareri e trame segrete che poi, alla fine della giostra, come spesso, purtroppo, accaduto in passato, non portano a nulla di concreto e positivo per i cittadini e per le imprese. Su questa legge di bilancio, che non ci soddisfa, concediamo al governo le “attenuanti generiche” legate ai tempi strettissimi per confezionarla, ma la riforma fiscale sarà il vero banco di prova per la riduzione delle tasse» conclude Spadafora.

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