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Cgia: Pmi italiane leader in Europa, ma abbiamo perso le grandi imprese

Siamo al primo posto in Ue per numero di imprese (oltre 3.719.000) e al 4° posto in UE con 2.855 miliardi di euro all’anno (2016) per quanto riguarda il fatturato.

Mercato e Lavoro
Secondo un recente studio della Cgia di Mestre, le performance delle nostre Pmi (con meno di 250 addetti) sono molto positive; tale risultato lo riscontriamo anche quando analizziamo gli score delle micro imprese, ovvero delle realtà produttive con meno di 10 addetti. Sia per quanto riguarda il numero delle attività, il fatturato, il valore aggiunto e gli occupati, in tutti i casi il nostro dato medio è nettamente superiore a quello europeo.
Nello specifico, i dati dimostrano che siamo al primo posto in Ue per numero di imprese (oltre 3.719.000) e pur constatando che anche negli altri paesi il peso delle Pmi è molto simile al nostro, il ruolo delle nostre micro aziende, invece, ci vede primeggiare, soprattutto quando ci confrontiamo con paesi nostri omologhi come, ad esempio, la Germania.
In termini di fatturato, invece, l’Italia è al 4° posto in UE con 2.855 miliardi di euro all’anno (2016). Solo la Germania (6.195 miliardi), il Regno Unito (3.976 miliardi ) e la Francia (3.696 miliardi) contano un risultato superiore al nostro. Tuttavia, quando analizziamo l’incidenza prodotta dalle nostre Pmi sul totale fatturato, tra i big non abbiamo rivali, nemmeno quando analizziamo lo score delle micro imprese.
Sulla stessa lunghezza d’onda è risultato che emerge dalla lettura dei dati riferiti al valore aggiunto: anche in questo caso le nostre Pmi e le piccolissime aziende non hanno contendenti tra i principali Paesi UE.
A fronte di 14,5 milioni di occupati presenti in Italia (dato al netto dei lavoratori del pubblico impiego e di alcuni comparti economici rilevanti), 11,4 lavorano presso le Pmi, di cui 6,5 nelle micro imprese.
In entrambi i casi, l’incidenza sul totale occupati sbaraglia qualsiasi altro grande paese d’Europa. Per quanto riguarda le microimprese, siamo addirittura al primo posto (44,9 per cento sul totale occupati) tra tutti i paesi UE presi in esame in questa elaborazione.
Sebbene le nostre Pmi siano leader in Europa, il nostro sistema produttivo registra ancora dei forti elementi di criticità, soprattutto dal momento che non abbiamo più grandi imprese.
Sino alla prima metà degli anni ’80, infatti, segnala la CGIA, l’Italia era tra i leader mondiali nella chimica, nella plastica, nella gomma, nella siderurgia, nell’alluminio, nell’informatica e nella farmaceutica. Grazie al ruolo e al peso di molte grandi imprese pubbliche e private (Montedison, Eni, Montefibre, Pirelli, Italsider, Alumix, Olivetti, Angelini, etc.), lo sviluppo ruotava attorno a questi comparti. A distanza di quasi 40 anni, invece, abbiamo perso terreno e leadership in quasi tutti questi settori. E ciò è avvenuto non a causa di un destino cinico e baro, ma a seguito di una selezione naturale compiuta dal mercato.
Alla luce di queste specificità, la CGIA chiede con forza che si torni a guardare con maggiore attenzione al mondo delle imprese, in particolar modo alle piccole e alle micro, visto che la tassazione continua ad attestarsi su livelli insopportabili, il credito viene concesso con il contagocce, l’ammontare del debito commerciale della nostra Pubblica amministrazione (Pa) nei confronti dei propri fornitori è di 57 miliardi di euro e circa la metà di questo importo è riconducibile ai mancati pagamenti. 
“Pur contando su un patrimonio imprenditoriale che non ha eguali nel resto d’Europa – segnala il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – rispetto ai nostri principali competitori stranieri, ad esempio, scontiamo un forte deficit di competitività ascrivibile, in particolar modo, all’assenza delle grandi imprese. In Italia, infatti, da almeno 3 decenni queste realtà si sono pressoché estinte, non certo per l’eccessiva numerosità delle piccole aziende, ma a causa dell’incapacità di questi grandi player di reggere la sfida lanciata dalla globalizzazione dei mercati”.
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