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Cgia: dal 2000 la crescita è zero

Tra i 19 paesi che hanno adottato la moneta unica solo il nostro Paese (-4,1 per cento) e la Grecia (-23,8 per cento) devono ancora recuperare, in termini di Pil, la situazione pre-crisi.

Mercato e Lavoro
Dall’inizio del 2000 fino al 2018 la ricchezza nel nostro Paese (Pil) è cresciuta mediamente dello 0,2 per cento ogni anno. Niente a che vedere con quanto successo nei due ventenni precedenti. Se tra gli anni ’80 e ’90 la crescita è stata del 2 per cento, tra il 1960 e la fine degli anni ‘70 l’aumento del Pil è stato addirittura del 4,8 per cento medio annuo.
Certo, gli anni ’60 e ‘70 sono stati quelli del boom economico, ma anche della prima crisi energetica scoppiata nel 1973 che ha innescato molti effetti negativi che abbiamo pagato negli anni successivi. A dirlo è la CGIA.
“Come sostengono molti esperti, siamo in una fase di stagnazione secolare – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – e le previsioni, purtroppo, non lasciano presagire nulla di buono. L’economia mondiale sta rallentando, manifestando evidenti segnali di incertezza e di sfiducia in tutta l’area dell’euro che, comunque, in questi ultimi 18 anni è cresciuta del 30 per cento; 7 volte in più dell’incremento registrato dall’Italia. Bassa produttività del sistema paese, deficit infrastrutturale, troppe tasse e una burocrazia ottusa ed eccessiva sono le principali cause di questo differenziale con i nostri principali partner economici”.
La crescita registrata dai principali paesi dell’area dell’euro è stata molto superiore alla nostra. Se in Italia negli ultimi 18 anni l’incremento del Pil è stato di 4 punti percentuali (variazione calcolata su valori reali), in Francia l’incremento è stato del +25,2 per cento, in Germania del +26,5 per cento e in Spagna addirittura del +34,7 per cento. L’Area dell’euro (senza Italia), invece, ha riportato una variazione del +29,7 per cento.
Il nostro settore manifatturiero continua a essere il vero motore dell’economia del paese e anche i dati della produzione industriale di questi ultimi 18 anni fotografano tutte le difficoltà che, ovviamente, hanno condizionato la mancata crescita del Pil.
Rispetto al 2000, infatti, scontiamo oggi un differenziale negativo del settore manifatturiero italiano pari a 16,1 punti percentuali. I  comparti che hanno registrato i risultati più negativi sono la gomma/plastica (-27,4 per cento), il mobile (-28,4 per cento), il legno/carta/stampa (-32,9 per cento), il tessile/abbigliamento/calzature (-34,3 per cento), il computer/elettronica (-38,4 per cento) e le apparecchiature elettriche e per uso domestico non elettriche (-49,9 per cento). Tra tutti i comparti analizzati solo gli alimentari/bevande (+15,7 per cento) e il farmaceutico (+31,6 per cento) hanno incrementato la produzione in questi ultimi 18 anni.
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