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L'Unione Europea ferma la corsa di Uber

Una nuova sentenza della Corte di Giustizia mette per l'ennesima volta in discussione lo smart service della digital company

Trasformazione Digitale
Sempre difficile per Uber essere accettata nel mercato europeo. La via alla regolamentazione delle imprese digitali che creano discontinuità in settori dove regnano sovrani lobby e protezionismi è e sarà complicata. L'ennesima vicenda riguarda la sentenza emessa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea che ha dato ragione all’associazione di tassisti di Barcellona che nel 2014 aveva chiesto a un tribunale catalano di sospendere il servizio Uber Pop perché sprovvisto di apposita licenza. La corte locale si era poi rivolta al massimo organo giuridico europeo per un parere. I giudici hanno stabilito che la società di San Francisco non può essere considerata una semplice realtà che aiuta a incontrare domanda e offerta, ma un’azienda di servizi di trasporto a tutti gli effetti.

“Un servizio di intermediazione a pagamento come quello in oggetto (Uber, ndr), il cui scopo è collegare tramite un’app per smartphone autisti non professionisti che utilizzano il proprio veicolo con persone che necessitano di spostarsi in aree urbane, all’interno delle leggi europee deve essere classificato come ‘servizio nel campo dei trasporti’”, ha scritto la Corte.“Di conseguenza, un servizio di questo genere deve essere escluso dall’ambito di applicazione della libera prestazione dei servizi in generale, così come dalla direttiva sui servizi per il mercato interno e da quella sul commercio elettronico”, hanno aggiunto i giudici.

E ora cosa cambia per Uber? Gli Stati membri dell’Unione Europea potranno liberamente disciplinare le condizioni di erogazione di queste tipologie di prestazioni, conformemente al Trattato sul funzionamento della Ue.Al momento l’azienda californiana sembra fare spallucce. “La sentenza non cambierà nulla nella maggior parte dei Paesi europei dove già operiamo rispettando le leggi sui trasporti”, informa Uber in una nota. “Ma milioni di europei ancora oggi non possono utilizzare applicazioni come la nostra. È fondamentale, come ribadito di recente dal nostro Ceo (Dara Khosrowshahi, nominato da pochi mesi, ndr), che servizi come Uber vengano regolamentati: continueremo perciò a dialogare con le città in tutta Europa, seguendo un approccio che farà sì che chiunque possa ottenere un passaggio affidabile premendo un pulsante”.  

In Italia, ad esempio, la legge che regola i trasporti è del 1992 e, secondo Uber, andrebbe aggiornata al più presto. Inoltre, ricorda l’azienda di San Francisco, la versione della piattaforma contestata, Pop (basata sugli autisti non professionisti) è attiva ormai in soli quattro Paesi europei. In uno di questi, la Polonia, dovrebbero inoltre intervenire nuove normative che trasformeranno l’app in un servizio pienamente regolamentato.Conformare la piattaforma significherà però molto probabilmente adeguare il servizio alle norme locali sulla sicurezza e, cosa ancora più importante, aderire alle regole sindacali previste per i driver in tutti i 21 Paesi dell’Unione in cui Uber oggi opera. 
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