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Beni dell’impresa in godimento a soci o familiari, i chiarimenti dall'agenzia delle Entrate

Con la circolare n.36/E, l’Agenzia delle Entrate risponde ai dubbi sull’applicazione delle nuove disposizioni in merito ai beni dell’impresa in godimento a soci o familiari.

Tecnologie
La disciplina dei beni in godimento dribbla il fenomeno della doppia imposizione. Il reddito diverso da assoggettare a tassazione in capo all’utilizzatore di un bene dell’impresa deve essere ridotto del maggior reddito imputato allo stesso utilizzatore (imprenditore individuale o socio tassato per trasparenza) a causa dell’indeducibilità dei costi del bene concesso in godimento. In pratica nel definire il reddito diverso si deve tener conto anche del maggior reddito di impresa che deriva dall’indeducibilità del costo del bene.
Con la circolare n.36/E, l’Agenzia delle Entrate risponde ai dubbi degli operatori sull’applicazione delle nuove disposizioni evitando il fenomeno della doppia imposizione. Precisazioni anche sul fronte della “certificazione” scritta di data certa antecedente all’inizio dell’utilizzazione del bene: in assenza di questa documentazione, il contribuente può comunque dimostrare quali sono gli elementi essenziali dell’accordo.
Doppia imposizione - La disciplina che contrasta l’utilizzo ai fini privati di beni dell’impresa all’imprenditore, ai suoi familiari o  ai soci prevede l’attribuzione di un reddito diverso in capo all’utilizzatore pari alla  differenza tra il valore normale del diritto di godimento del bene e il corrispettivo pagato e l’indeducibilità dei costi del bene concesso in godimento. Il reddito diverso da assoggettare a tassazione in capo all’utilizzatore, per evitare fenomeni di doppia imposizione, deve tener quindi conto del maggior reddito di impresa attribuito all’imprenditore o al socio conseguente all’indeducibilità del costo. Questa circostanza si può verificare quando l’utilizzatore coincide con l’imprenditore individuale o con il socio di società di persone e di società trasparenti per opzione.  
Auto in uso promiscuo, è l’eccedenza che conta - La circolare spiega che lo stesso criterio vale anche nel caso di beni a uso promiscuo - come ad esempio l’auto usata gratuitamente da uno dei soci - per i quali il Tuir ammette la deducibilità dei costi a forfait: va tassata in capo all’utilizzatore solo la quota parte di reddito diverso che eccede l’importo dei costi non dedotti.
Chiarimenti vengono forniti anche in merito alle autovetture adibite a uso pubblico, come ad esempio i taxi, per le quali è prevista la deducibilità dell’intero ammontare dei componenti negativi nonostante l’eventuale utilizzo privatistico. 
Il Fisco “apre” sulla certificazione - La circolare n. 24/E dello scorso giugno ha fatto riferimento, ai fini dell’onere della prova, alla necessità di un’apposita comunicazione scritta di data certa, antecedente la data di inizio di utilizzazione del bene da parte del socio, dalla quale risultassero il corrispettivo annuo e le altre condizioni contrattuali. A questo proposito, l’Amministrazione spiega che, anche in assenza di questa documentazione, il contribuente può dimostrare in modo diverso quali sono gli elementi essenziali dell’accordo.     

Il testo completo della circolare è disponibile sul sito Internet dell’Agenzia delle Entrate www.agenziaentrate.it all’interno della sezione “Provvedimenti, Circolari e Risoluzioni”.
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