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Commvault, necessario un approccio moderno alla protezione dei server virtuali

Commvault presenta la sua annuale Virtualization Survey. Consolidamento, miglior gestione dei dati e funzionalità di disaster recovery, oltre al desiderio di poter contare su una piattaforma unica per la protezione dei server virtuali: queste le priorità evidenziate dagli utenti finali intervistati.

Tecnologie
L'adozione della virtualizzazione dei server si fa sempre più veloce, man mano che organizzazioni di ogni dimensione tendono a consolidare i propri server fisici, nello sforzo di contenere i costi, migliorare la gestione delle applicazioni ed ottimizzare le operazioni IT.
A questi benefici si accompagnano però problematiche di protezione dei dati, nel momento in cui gli utenti scoprono che le piattaforme proprietarie non riescono a tenere il passo con la scalabilità, l'ampiezza e le prestazioni richieste nel mondo reale.
Su queste tematiche verte l'annuale Virtualization Survey condotta da CommVault sui clienti di Simpana.  
Dallo studio emerge che le organizzazioni stanno riconsiderando le proprie strategie di protezione, alla ricerca di modalità migliori di proteggere, gestire e ripristinare i propri ambienti.  
In generale, l'adozione della virtualizzazione server è aumentata rispetto all'anno passato, con il 34% dei 388 intervistati a dichiarare che il proprio ambiente server è virtualizzato al 75%-100%. VMware continua a giocare la parte del leone in questo mercato, rispetto a Microsoft e Citrix: l'85% degli intervistati ha indicato VMware come hypervisor di riferimento.  
La ricerca ha anche identificato i tre principali fattori che guidano l'adozione della virtualizzazione server tra gli intervistati: la necessità di ottenere risparmi più significativi attraverso l'efficienza operativa, la riduzione di spese fisse legate all'acquisto di hardware o di licenze, e una maggiore semplicità di gestione. E' stata anche messa in evidenza una forte tendenza all'operatività di applicazioni business-critical su macchine virtuali in ambiente di produzione: tra queste, application server (93%), web server (84%), database (72%) e applicazioni di messaging (53%).  
Sempre secondo gli intervistati, le tre problematiche più frequentemente citate riguardo all'implementazione di soluzioni di data protection in ambiente virtuale sono i costi, la scarsa efficacia dei backup e la lunghezza e complessità delle operazioni di restore.
Man mano che gli utenti continuano ad adottare la virtualizzazione dei server, il 27% degli interpellati ha indicato il miglioramento dei processi di backup e ripristino come una delle principali iniziative previste per il 2012. Inoltre, il 18% prevede di utilizzare la replica delle macchine virtuali a scopo di disaster recovery, ed un ulteriore 10% conta di migliorare i processi operativi nel loro complesso per la gestione degli ambienti virtuali.  
Se gli ambienti virtuali continuano ad essere complessi ed eterogenei, composti da prodotti di vendor differenti, integrazione ed interoperabilità sono fattori critici. A livello di protezione dei dati, però, il 90% degli interpellati ha detto di preferire un'unica soluzione di backup, a coprire sia gli ambienti fisici che quelli virtuali. Il software Simpana offre proprio questo, con la sua capacità di riunire funzionalità di backup, ripristino, archiviazione, replica, storage resource management (Srm) e ricerca sotto un codice comune, per aiutare gli utenti a scalare e proteggere ambienti basati su server fisici proprietari, su server virtuali e su cloud.  
Secondo i risultati della ricerca, il 46% degli intervistati gestisce tra le 50 e le 250 macchine virtuali, con la stessa percentuale registrata dalla stessa ricerca lo scorso anno. Però, il 15% ha dichiarato di gestire tra le 250 e le 500 macchine virtuali, rispetto al 9% dello scorso anno, dato che conferma la crescita del numero di utenti che dispongono di implementazioni virtuali su ampia scala.   Nonostante la continua crescita nelle dimensioni delle implementazioni virtuali, resta un gap di protezione negli ambienti virtuali: solo il 35% degli interpellati ha dichiarato di effettuare il backup di tutti i server virtuali. C'è anche la necessità di un disaster recovery più efficace. Il 43% si affida alle sole copie di backup, mentre il 14% punta sulla replica software-based. Il 16%, addirittura, dichiara di non avere alcun piano di disaster recovery per il proprio ambiente virtuale.  
Rispetto a queste problematiche, le organizzazioni stanno riconsiderando le loro strategie di protezione dei dati, in modo da poter gestire la crescita dei server. Il 43% degli intervistati ha già effettuato questo passo, in funzione delle proprie iniziative di virtualizzazione dei server, mentre un ulteriore 34% ha questa riconsiderazione in programma.  
Il 33% degli intervistati dichiara di eseguire processi di restore o recovery dei dati nei propri ambienti virtuali circa una volta a trimestre. Il 23% li esegue una volta al mese, mentre il 16% si trova a ripristinare dati più o meno una volta alla settimana. La maggior parte degli intervistati (il 63%) effettua ripristini file-based di pochi file per volta, mentre il 23% dichiara di effettuare il restore di intere macchine virtuali.  
Oltre un terzo dei partecipanti alla ricerca ha citato tempi di ripristino inferiori alle quattro ore. L'11% ha registrato tempi compresi tra le due e le quattro ore, il 16% tra un'ora e due ore, un'ulteriore 16% ha dichiarato tempi di ripristino inferiori all'ora.
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