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Contro la crisi, gli italiani scommettono sull'impresa

Più di 100 mila i neo-imprenditori "doc" nei primi 6 mesi del 2011. Uno su due vuole realizzare un "sogno", 3 su 10 cercano un lavoro.

Tecnologie
Crisi o non crisi aprire un'impresa è il più delle volte una scommessa su sé stessi, l'occasione per realizzare un sogno nel cassetto, prima ancora che una via d'uscita dalla difficoltà a trovare un lavoro stabile da dipendente.
"Conosco il mercato e credo di poter sfruttare le mie idee per avere successo". "Ho lavorato abbastanza da dipendente, ora è arrivato il momento di far valere le mie competenze". "Il lavoro che ho non mi soddisfa e sono convinto di poter fare di meglio con un'impresa tutta mia".
A chiedere agli italiani che nei primi sei mesi del 2011 hanno deciso di aprire un'impresa, il perché della loro decisione, una volta su due (per la precisione nel 54,4% dei casi), si avrebbe una di queste risposte. Solo in un caso su tre (il 32,9%) la risposta farebbe emergere la necessità di trovare un primo impiego, un nuovo sbocco lavorativo oppure, ancora, una vera e propria difficoltà a trovare un lavoro dipendente stabile.  
Questo, in estrema sintesi, il quadro delle motivazioni che emerge da un'indagine condotta nello scorso mese di luglio dal Centro Studi di Unioncamere e anticipata nel corso dei lavori del Meeting di Rimini.
Lo studio ha avuto per oggetto un campione di oltre 4000 neo-imprenditori alla loro prima esperienza come titolari di un'azienda, che avesse aperto i battenti tra il 1° gennaio e il 30 giugno.
Dall'analisi delle risposte, si evince chiaramente come la principale molla a spingere le ‘matricole' del 2011 a fare impresa sia una diffusa consapevolezza di poter affrontare il mercato con i propri mezzi per sfruttare una specifica opportunità (25,5%). Più a distanza (10,9%) segue la spinta legata alla volontà di valorizzare competenze ed esperienze professionali maturate lavorando all'interno di un'azienda, mentre il desiderio di conseguire il successo personale ed economico riguarda un ulteriore 10,1% delle risposte. A corredo di questo insieme di motivazioni, c'è poi anche una quota di neo-imprenditori (pari all'8%) che si dichiarano insoddisfatti del lavoro precedente e che hanno perciò deciso di intraprendere un'attività in proprio. Il restante 12,6% degli intervistati indica, infine, una serie di altri motivi specifici alla base della propria scelta imprenditoriale.
Al 30 giugno scorso, una su quattro delle ‘matricole' del 2011 (il 24,5%) ha meno di trent'anni, una percentuale di giovani significativa ma che, addirittura, raddoppia se si aggiunge la fascia 31-35 fino ad arrivare al 44,5% di tutti i neo-imprenditori. Stesso valore percentuale si ottiene sommando insieme le fasce di età 36-40 anni (il 21,8% del totale) e 41-51 anni (22,7%).  
Passando all'analisi delle motivazioni degli under 35, le risposte legate a motivi di auto-realizzazione pesano per il 52,8%, un valore lievemente inferiore alla media delle risposte del campione (1,6 punti percentuali in meno). Più significativo invece (4,3 punti più della media) il maggior peso che hanno per gli under 35 le motivazioni legate all'auto-impiego (il 37,2% delle risposte).    
"Le risposte possono apparire sorprendenti solo a chi non conosca la profonda vocazione all'imprenditorialità degli italiani, e a chi sottostimi la quantità e la qualità delle risorse umane e professionali che il nostro Paese può mettere in campo nei momenti più difficili" ha commentato il Presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello.
"La scelta di realizzarsi nell'impresa – ha detto il numero uno delle Camere di commercio - è una scelta della consapevolezza e della fiducia di tanti nostri concittadini nelle proprie capacità e nelle possibilità che il mercato può offrire. Se pensiamo che uno su quattro dei neo-imprenditori del 2011 ha meno di trent'anni e uno su due ha meno di trentacinque, capiamo come nell'orizzonte dei giovani ci sia una forte domanda di spazi di libertà".
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