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Pubblico impiego: accordo sulla produttività firmato da Cisl e Uil, ma non dalla Cgil

L'accordo con il governo sul pubblico impiego è stato firmato da Cisl e Uil, ma non dalla Cgil. Susanna Camusso critica gli altri sindacati.

Tecnologie
Si è tenuto questa mattina, a Palazzo Chigi, un incontro tra governo e sindacati sugli aumenti salariali legati alla produttività nel pubblico impiego. Presenti per il governo il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, il ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta e il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi.
L'accordo è stato siglato da Cisl e Uil, ma non dalla Cgil.
Dura è stata, infatti la reazione di Susanna Camusso, segretario Cgil, alla proposta: l'accordo rappresenterebbe "una presa in giro per i lavoratori" del pubblico impiego, poiché "non affronta i problemi urgenti che abbiamo, a partire dalla Finanziaria che cancella il 50% dei lavoratori precari nella pubblica amministrazione".
Dall'incontro, secondo la Camusso, non sarebbe emersa la disponibilità ad un ampio confronto su temi importanti e urgenti: "siamo pronti a una discussione - ha affermato - che tenga conto di tutto, anche dell'emergenza precari, e della necessità di procedere con urgenza all'elezione delle RSU, altrimenti la Cgil non è interessata".
Ampie critiche a Cisl e Uil, firmatarie dell'accordo: "siamo di fronte a dei sindacati che corrono in soccorso al governo" ha proseguito, un governo "un po' claudicante".
Diametralmente opposta la visione della Cisl: "quella di oggi – ha commentato Giovanni Faverin, segretario generale della Cisl Fp - è una firma importantissima che riporta i lavoratori al centro del cambiamento nella Pa e fa chiarezza su molti aspetti rimasti in sospeso dopo le molteplici modifiche legislative, a partire dall'organizzazione del lavoro pubblico".
"Con l'accordo di oggi – ha proseguito - la partecipazione dei lavoratori diventa il fulcro dell'innovazione e dell'efficienza del settore pubblico. Si superano in questo modo le incertezze interpretative che volevano relegare i lavoratori e le rappresentanze ad un ruolo subalterno".
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