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I servizi Aws mirano all’It enterprise

Pare ormai riduttivo associare ad Amazon Web Services la definizione di cloud provider. Messaggi e offerta puntano alla sostituzione radicale delle infrastrutture oggi ancora presenti in azienda.

Cloud
La tappa milanese dell’Aws Summit 2017 è servita, forse una volta per tutte, a capire dove stia puntando la filiale sempre più business-heavy di Amazon: la ridefinizione dell’It enterprise. Il tema portante sul quale la realtà ha costruito i propri sviluppi riguarda la possibilità per le aziende di spostare sul cloud Aws tutti gli asset It, che si tratti di infrastrutture, applicazioni o piattaforme: “Vogliamo che i nostri clienti focalizzino tempo, uomini, denaro e anche tecnologia su ciò che conta per sviluppare il business e non sulla gestione di componenti che ormai si possono accendere e spegnere in ogni momento”, ha sottolineato Marco Argenti, vicepresidente Mobile e IoT di Aws.
Il quadro dipinto dal manager non ha trascurato virtualmente alcun aspetto delle componenti tecnologiche oggi necessarie per far funzionare un’azienda. D’altra parte, nel 2011 Aws disponeva di 80 servizi, mentre nel solo 2016 ne ha lanciati 1.017, con circa tre nuove feature che si aggiungono ogni giorno: “Nel nostro marketplace operano oltre 135mila clienti attivi, sono presenti oltre 3.800 soluzioni software e lavorano oltre 1.200 Isv”, ha illustrato Argenti.

Il sogno di un mondo serverless

Partita come un’infrastruttura di cloud pubblico, dove spostare workload o creare applicazioni da vendere in modalità SaaS, oggi Aws ambisce a far sedimentare il concetto di architetture serverless. L’idea è che gli utenti non debbano più preoccuparsi di gestire alcun tipo di infrastruttura It in casa. Lambda propone un servizio di calcolo dove tutto diventa astratto per il cliente e si paga solo le richieste che utilizza. A complemento, servizi come S3, DynamoDb o Kinesis forniscono automaticamente l’infrastruttura necessaria, gestiscono l’alta disponibilità e la scalabilità, per far sì che ci possa concentrare unicamente sullo sviluppo delle applicazioni: “Serverless non significa eliminare i server in assoluto – ha puntualizzato Argenti – ma renderli invisibili agli utenti”.
Il concetto si adatta soprattutto alle realtà meno strutturate, ma molto focalizzate sulla componente tecnologica. Satispay, per esempio, è una startup italiana cresciuta rapidamente in breve tempo attorno a una nuova idea di mobile payment, che crea un legame diretto e disintermediato fra consumatore e merchant: “Siamo già presenti su 16mila aziende e se ne aggiungono 80 nuove ogni giorno – ha enfatizzato il Ceo della società, Alberto Dalmasso -. Abbiamo l’obiettivo di arrivare a 15 milioni di utenti nel 2020 e gestire miliardi di transazioni all’anno. Per questo un paio d’anni fa siamo migrati sul cloud di Amazon e oggi utilizziamo Lambda e anche Redshift come data warehouse soprattutto per la prevenzione delle frodi. Con il modello di autoscaling, siamo già pronti per la futura espansione in Europa e siamo passati da un deploy alla settimana a 16 al giorno”.
Il vero salto di qualità per una realtà come Aws può avvenire quando a credere nei nuovi sviluppi sono grandi realtà come Enel: “Da azienda cloud-first arriveremo nel 2018 a essere cloud-only – ha spiegato il Direttore della funzione Ict globale Carlo Bozzoli -. Distogliere l’attenzione dall’infrastruttura, ha consentito innanzitutto di conoscerci meglio, eliminare le componenti sovradimensionate o non utilizzate, anche in termini applicativi e concentrarci sull’insourcing delle risorse, tant’è che oggi 250 delle nostre persone sono broker di servizi. Il bilanciamento elastico è necessario per prendere decisioni nel momento in cui si devono generare e la personalizzazione sempre maggiore dei consumi per gli utenti passa per servizi che necessitano di un’infrastruttura flessibile altrimenti non sarebbero sostenibili”.

Un’offerta rafforzata dalle partnership

Naturalmente, accanto alle visioni di medio-lungo termine, occorre guardare alla realtà di tutti i giorni, ma anche qui Aws ha pronte risposte che puntano all’aumento dell’automazione e della flessibilità infrastrutturale: “La velocità oggi è fondamentale – ha aggiunto Argenti – e deve riguardare ambiti diversi, dall’attivazione quasi istantanea di un server alla densità dello storage, fino ad arrivare alla creazione di chip personalizzati”.
Il linguaggio della società è ormai quello di un It provider capace di fornire soluzioni infrastrutturali come le architetture a microservizi (per rendere più flessibile la gestione di applicazioni monolitiche) alla virtualizzazione applicativa resa possibile dai container, dall’edge computing (che porta la capacità di calcolo e analisi a livello di singolo dispositivo, soprattutto IoT, con l’ultima novità Greengrass) al lancio di istanze database in pochi click. Una crescita così ampia non può che far leva su partnership tecnologiche con gli specialisti più radicati in ogni ambito (Accenture, Red Hat, NetApp, Trend Micro, Software One o Deloitte, per fare qualche nome), ma anche su un ecosistema di Isv che si va ingrandendo sempre più, anche con realtà tutte italiane come Storm Reply o Lutech.
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