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Le aziende italiane in prima linea nell’adozione di Api

Pur essendo in coda nel tasso di utilizzo in area Emea, chi ne fa uso ricava un tangibile vantaggio competitivo. I risultati dell’ultimo studio Coleman Parkes, realizzato per Ca Technologies.

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Nuovi sistemi di pagamento, Internet of Things, applicazioni mobili. Diversi sono i segmenti, oggi in forte crescita, che stanno iniziando a trarre beneficio dall’utilizzo delle Api (Application Program Interface). Il loro tasso di adozione è già molto alto più o meno in tutti i paesi dell’area Emea, in base a uno studio realizzato da Coleman Parkes e commissionato da Ca Technologies su 1.770 senior executive a livello mondiale, quasi 700 dei quali appartenenti ad aziende con sede nella regione Emea.
In termini assoluti, l’Italia si trova dietro nazioni come Francia, Spagna, Olanda, Germania e Uk, con un 76% di ca-francesco-tragni-2.jpgutilizzo che appare lontano dal 92% del paese leader, ovvero la Francia (92%): “Stiamo rilevando un notevole interesse soprattutto nel settore bancario e finanziario – commenta Francesco Tragni, Senior Solution Strategist della divisione Emea Api Management di Ca Technologies – soprattutto perché si tratta di realtà che hanno bisogno di aprire la propria infrastruttura all’esterno, per ragioni di business o di compliance, come nel caso della prossima entrata in vigore della normative Psd2. Un certo dinamismo è riscontrabile anche nel campo dell’automotive, per gli sviluppi sulle auto connesse, o del retail, nelle aziende che hanno un back-end integrato con i partner”.
Ma per cosa vengono utilizzate le Api? Su scala Emea, l’impiego più diffuso riguarda lo sviluppo interno (39%), seguito dall’integrazione fra dati e sistemi di back-end (37%) e dall’integrazione con partner esterni (34%). Anche qui il nostro Paese non brilla e si piazza in coda alla lista analizzata, soprattutto nell’integrazione con i sistemi di back-end (24%) e nella disponibilità per sviluppatori attraverso portali self-service (17%).
Secondo quanto sostenuto da tempo da Ca Technologies, le Api sono il sistema nervoso centrale della app economy. Consentendo a pezzi di software di comunicare fra loro, possono fornire accesso universale e pronto all’uso verso qualsiasi tipo di funzionalità che un’azienda intenda rilasciare. Il loro crescente impiego porta con sé la necessità di gestirle, lungo un ciclo di vita che comprende creazione, messa in sicurezza, monitoraggio e ottimizzazione su scala enterprise.
Per chiarire gli effetti dell’utilizzo delle Api, Coleman Parkes ha diviso il campione fra chi dispone di una gestione avanzata, quindi completa, delle Api e chi, invece, si trova a un livello più basico, rilevando come il 63% del primo insieme abbia identificato una significativa differenziazione competitiva. Qui iniziano le buone notizie per l’Italia, che è il paese, dopo la Francia, ad aver evidenziato un vantaggio sulla concorrenza: “Da considerare molto positivo – aggiunge Tragni – anche il fatto che su Kpi come la soddisfazione di clienti e partner, il volume delle transazioni, i costi legati all’It e il superamento degli audit compliance, le aziende che evolvono verso un Api management avanzato rilevino un miglioramento medio del 33% delle performance e l’Italia sia fra i paesi con il più forte incremento dello speed-to-market, con un tempo di rilascio medio sceso a una media di 5,67 settimane”.

Italia al vertice per indice di maturità

In linea generale, solo il 42% delle organizzazioni Emea si ascrive al gruppo di chi ha un approccio avanzato alla gestione delle Api. L’Italia è però il paese dove la percentuale si presenta in assoluto più elevata (55%), contro il 53% della Francia e il 52% della Germania: “Evidentemente, c’è la percezione dei vantaggi acquisiti in termini di customer experience – sottolinea Tragni – ma va detto che da noi probabilmente ha una maggior incidenza il ruolo della Pubblica Amministrazione, anche sull’onda della spinta di normative come il sistema unico di identità digitale SpId”. Il modello di maturità nella gestione delle Api attestato dallo studio, in cui l’Italia ha realizzato punteggi elevati, ha misurato il livello di implementazione di strumenti, tecnologie, sistemi, processi e funzionalità necessari per una gestione a 360 gradi del ciclo di vita delle Api. Il 72% delle realtà locali coinvolte, ha riscontrato miglioramenti nella customer experience, il 69% nella copertura digitale e il 62% nell’agilità della catena domanda/offerta.
La disamina dei principali ostacoli a una gestione più matura e completa delle Api porta a risultati disomogenei fra i vari paesi analizzati. In Italia, spicca soprattutto il 35% che ha indicato la carenza di risorse qualificate: “Credo si tratti più di un timore che dell’effettiva realtà – commenta Tragni – perché i benefici vengono riscontrati anche su questo fronte, ad esempio con l’integrazione di front-end differenti o l’aumento dell’automazione, che porta a un diverso impiego del personale”. Più in generale, le aziende collocate al livello base nella gestione delle Api rileva soprattutto problemi nel tempo di rilascio di una Api, mentre chi si trova in fase più avanzata incontra difficoltà nel reperimento e supporto dei partner e nella sicurezza.
Ca Technologies propone un modello fatto a tappe per adottare una metodologia sofisticata per la gestione del ciclo di vita delle Api. Si parte con la definizione di una strategia chiara in termini di business e con la misurazione di cosa sia più importante. Occorre poi investire nelle giuste professionalità, dotarsi di un’infrastruttura adeguata, promuovere e fare crescere gli sviluppatori delle app, rendere più affidabile la sicurezza e pianificare in un’ottica di scalabilità e performance.  
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