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Big Data per le PMI, eccezione o regola?

L’informazione è al centro di ogni decisione di business e l’analisi big data può diventare opportunità di valorizzazione dei dati, anche per le PMI

Trasformazione Digitale
Big Data, tutto quanto attiene a questa nuova dimensione di intelligence, non è appannaggio esclusivo di organizzazioni che devono trattare quantità astronomiche di dati. Significa, piuttosto, adottare una logica di business che vede nei dati una fonte di conoscenza e ispirazione per assumere nuove decisioni e iniziative.

Ecco, quindi, che il tutto deve essere rapportato a una strategia che vede una correlazione sempre più forte e articolata con l’analisi dei dati, soprattutto da un punto di vista predittivo. Detto in altre parole, capire il presente per pianificare il futuro ovvero avere un approccio data driven. Ciò che sottende il Big Data può, nei fatti, essere declinato nelle più diverse eccezioni con variazioni che possono fare leva su una combinazione delle famose tre V ovvero Volumi, Velocità, e Varietà. Occorre, infatti, tenere presente che l’obiettivo è trare vantaggio da un’analisi dei dati che supera i limiti dell’ambito transazionale aprendo nuovi orizzonti applicativi, si pensi per esempio all’internet delle cose.

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“La differenza tra big or small data non è il centro della questione, uno degli aspetti fondamentali dell’approccio data driven è avere in mente uno scopo preciso in base al quale fare le analisi sui dati che si ritengono pertinenti con l’obiettivo, indipendentemente dal fatto che siano pochi o tanti”. Se siamo d’accordo con questa affermazione abbiamo fatto un passo avanti  poiché significa avere la presunzione che esistono opportunità di valorizzazione dei dati, in una logica data driven, anche all’interno di medie imprese che operano in contesti tradizionali.

A questo proposito trovo interessante quanto scritto da Barbara Vecchi, CEO d Hopenly, società che si occupa di big data e analytics con l’obiettivo di aiutare le aziende di medie dimensioni a portare l’intelligence dei dati al centro delle strategie di business.

big-data.jpg“Big Data, Big Data, Big Data. Questo termine – afferma Vecchi - è ormai entrato da qualche tempo nel nostro lessico quotidiano, dalle tv ai giornali, anche se spesso è usato con un’accezione confusa e fuorviante che non permette di comprenderne appieno il potenziale, innanzitutto per le imprese. C’è, infatti, un grosso fraintendimento legato alla parola Big Data che sta limitando il vantaggio competitivo delle PMI italiane nei confronti delle omologhe straniere. Il problema nasce dal fatto che ci limita alla prima parte dell’espressione, Big, associandola solamente alla quantità di dati da elaborare, agli enormi flussi di informazione, e, quindi, alle grosse imprese. Purtroppo questa erronea convinzione spinge le PMI e chi le dirige a giustificare il mancato ricorso al nuovo strumento tecnologico molto potente, con cui è inevitabile confrontarsi. La definizione di Big Data, invece, comprende le famose 3 “V”: Volume, Velocità e Varietà. Non solo grandi numeri, quindi, ma anche varietà delle informazioni (Internet, social media, email, sito, blog, etc.) e velocità di elaborazione. La somma di queste tre componenti permette di generare la quarta “V”, la più importante, il Valore. Un corretto uso dei big data permette, infatti, di creare valore per l’azienda.


“La capacità di immagazzinare, conservare e analizzare i flussi di dati, integrando e rendendo omogenee informazioni destrutturate e strutturate, permette di generare un importante vantaggio competitivo. Questa è una delle frontiere dell’innovazione a cui le PMI devono necessariamente guardare, scrive Barbara Vecchi. L’informazione è al centro di ogni decisione di business e l’analisi dei big data è ormai diventata lo strumento essenziale per apprendere indicazioni finalizzate ad acquisire nuovi clienti, a gestire in maniera più efficiente quelli già acquisiti e a delineare, consapevolmente, nuove strategie di business”.

Grazie all’analisi dei Big Data si possono anche ottenere analisi predittive, molto utili per affrontare, preparati, le future sfide aziendali. Esistono, infatti, delle piattaforme, ad alta velocità, che riescono a simulare situazioni e contesti molto complessi partendo da masse di dati incoerenti e modelli pre-programmati. In parole povere, conclude il Ceo di Hopenly, si può riprodurre virtualmente uno scenario reale, come una nuova campagna promozionale, il lancio di nuovi prodotti, l’ingresso in nuovi mercati, con un margine d’errore che varia sulla base delle capacità del data scientist di programmare la piattaforma con i dati e variabili”.
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