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Il virus Ebola e i social media

Malattie infettive e reti sociali non sono poi concettualmente tanto distanti. I meccanismi virali di diffusione nei due casi hanno punti di similitudine.

Trasformazione Digitale
L’epidemia collegata al virus Ebola si è estesa da qualche mese in diversi paesi africani e ora ha raggiunto, in casi isolati, l’Europa e gli Stati Uniti. L’inquietudine sta salendo nelle popolazioni dei paesi occidentali, chiamati a confrontarsi, per la prima volta nel ventunesimo secolo, con una malattia che la medicina riesce ad affrontare per ora solo con cure sperimentali. Minacce di quarantena e psicosi stanno portando a comportamenti paranoici che potrebbe crescere nei prossimi tempi.
Sono stati già in tanti a mobilitarsi per la lotta alla propagazione del virus. A cominciare dal mondo sanitario, ovviamente, con i laboratori impegnati a mettere a punto vaccini, in qualche caso già testati con successo variabile su pazienti contaminati. Ma forme di sostegno stanno arrivando anche dal mondo filantropico, con la fondazione Bill e Melinda Gates che ha donato 50 milioni di dollari e Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, che ha staccato un assegno da 25 milioni per il Center for Disease Control Foundation.
Si può provare stupore nel vedere affiancati due mondi apparentemente lontanissimi come quello della lotta alle malattie mortali e quello dei social media, ma ci sono più punti di contatto di quanto possa sembrare di primo acchito. Il vocabolario, intanto, presenta termini comuni, come viralità, diffusione o propagazione. Dall’abbondante letteratura scientifica già prodotta sul tema, si nota come alcuni autori considerino la viralità come la concentrazione temporanea di attenzione massiccia su un contenuto, altri si interessino ai meccanismi intrinseci della circolazione, altri ancora studino l’impatto della struttura della rete sulla propagazione.
Il punto in comune di questi approcci può risiedere, riprendendo Albert-Laszlo Barabasi nel suo testo Linked, nell’importanza degli hub, nodi di forte concentrazione che agiscono sui meccanismi di propagazione. Come è successo con Ebola, mentre negli anni passati i focolai sono rimasti concentrati in zone abitate da popolazioni deboli, non appena il virus ha raggiunto aree a forte densità la propagazione è stata folgorante.
Essendo a capo del social network più esteso al mondo, Zuckerberg conosce assai bene come funzionano i meccanismi virali nella società dell’informazione. Il suo coinvolgimento nella lotta contro una malattia minacciosa assume quindi un significato del tutto particolare.
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