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Assinform, l’Italia torna a crescere

ICT 2015: + 1% a 64,9 miliardi di euro,. Si chiude il lungo periodo di recessione. Mobile, Cloud, Big Data e IoT guidano i nuovi investimenti

Mercato e Lavoro
Il primo semestre del 2015 si era chiuso con una crescita dell’1,5%, risultato che aveva portato Assinform ad azzardare una crescita annua dell’1,3%. Tuttavia, la seconda parte dell’anno ha registrato performance meno brillanti. Il consuntivo del 2015 è, infatti, di 64,9 miliardi di euro per una crescita complessiva dell’1%. Se pur inferiore alle aspettative il dato conferma un’inversione di tendenza. Con il 2015 si passa dal segno meno al segno più chiudendo il lungo periodo recessivo. E per il 2016 si prevede che la crescita possa essere dell’1,5%.

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Sembrerebbe, quindi, che il momento positivo sia destinato a durare e che il peggio sia passato. Ricordiamo che i valori di spesa attuali sono gli stessi espressi nel 2008. Vuol dire che in questi 8 anni l’Italia non ha investito a sufficienza in quelle le risorse che tutti gli analisti concordano nell’essere indispensabili per la crescita economica. L’Italia ha perso posizioni su posizioni e il nostro divario tecnologico si è ampliato in quello che oggi viene definito come divario digitale. Secondo l’Indice digitale europeo l’Italia è in 25ma posizione. 

Cambia la domanda
"È cambiata la qualità della domanda, spiega il presidente di Assinform Agostino Santoni. Le aziende sono più attente alle potenzialità per innovare servizi, prodotti e processi, attraverso il ricorso al web, al cloud (+28,7%), all’IOT (+13,9%), alle nuove applicazioni in rete e in mobilità, all’uso dei big data. Non possiamo però accontentarci. Il nuovo passo è ancora sconosciuto a una parte importante del nostro sistema produttivo, quello della piccola impresa, e da un numero troppo elevato di aree territoriali in ritardo, a partire dal Mezzogiorno”.

Giancarlo Capitani, presidente di NetConsulting, dice che i dati, più che misurati vanno interpretati. La positività sta prima di tutto nel fatto che dopo molti anni il mercato ha invertito il segno ed è tornato positivo, un risultato che assume una sua rilevanza al di là del modesto +1%. Una performance quella italiana allineata alla media europea che secondo le stime Eito del settembre scorso dovrebbe attestarsi intorno all’1%.

Al recupero hanno concorso un pò tutti i comparti: Servizi ICT a 10.368 milioni di euro (+ 1,5%%); Software e Soluzioni ICT a 5.971 milioni di euro (+4,7%), Dispositivi e Sistemi a 16.987 milioni di euro (+0,6%), Contenuti Digitali e Digital Advertising a 8.973 milioni di euro (+8,6%). Si è poi ridotto il trend negativo dei servizi di rete e telecomunicazioni (-2,4% rispetto al -7,4% del 2014) che costituiscono circa un terzo della spesa ICT. “La contrazione di questo settore, avverte però Capitani, non corrisponde all’effettivo consumo dei servizi che evidenziano invece un costante sviluppo, tanto è vero che aumentano il numero di accessi a banda larga su rete fissa (+2,1%) e gli utenti sui servizi a banda larga su rete mobile (+8,8%)”.

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Discontinuità
All’interno dei comparti gli andamenti delle diverse componenti sono risultati ancora più articolati, con la decelerazione di quelle più tradizionali e l’accelerazione di quelle più legate alla digital transformation
dei modelli produttivi (processi aziendali e di filiera), di approvvigionamento e vendita e di business intelligence, e anche dei modelli di consumo.Il mercato dei dispositivi e sistemi è paradossalmente quello che più evidenzia lo spostamento dalla “materialità” alla “funzionalità” dell’ICT. È infatti cresciuto dello 0,6% pur a fronte del calo dei PC (-13,7% in volumi, fra portatili, desktop e server) e dei tablet (-15,1%).

A trainare sono stati gli smartphone, cresciuti del 9,9% a 15,5 milioni di pezzi, nel loro ruolo di device per l’utilizzo di nuove applicazioni e di nuovi servizi in mobilità; e infatti gli utenti di banda larga su rete mobile sono cresciuti ancora, dell’8,8% a 34,5 milioni. Il comparto del software e soluzioni ICT installate presso l’utenza ha accelerato, raggiungendo 5.971 milioni (+4,7%). Anche qui c’è evidenza della trasformazione. Il software applicativo non solo è cresciuto bene (4.218 milioni, +6%), ma lo ha fatto grazie ad ammodernamenti di sostanza e alle componenti più innovative: dalle piattaforme per la gestione evoluta dei dati a quelle per la gestione web (+14,1%).. Bene il middleware (1.206 milioni, +2,8%, dopo il +2,4% dell’anno precedente), a conferma di una crescente domanda di nuove soluzioni per l’integrazione, la sicurezza e l’utilizzo ottimale delle risorse IT. 

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Accelerano cloud e IOT
Una nota molto convincente viene dai servizi ICT
, secondi solo ai servizi di rete per peso sul mercato digitale complessivo. La crescita rilevata - dell’1,5% a 10.368 milioni - pone fine a un trend negativo che durava da anni e che rivela tutta la consistenza dell’emergere di nuovi e più evoluti trend di spesa e di investimento. Il comparto è infatti trainato dai servizi di data center e, soprattutto, di cloud computing (+28,7% a 1.228 milioni). Cloud e servizi di data center compensano l’andamento in lieve calo di tutti gli altri segmenti (outsourcing -2,4%, formazione -4,9%, consulenza -0,8%, assistenza tecnica -1%, sviluppo applicativo e systems integration -1,6%), più esposti sui fronti dell’ICT tradizionale, ma comunque coinvolti nella trasformazione in atto. Molti di questi stessi servizi sono essenziali per accompagnare fornitori e utilizzatori verso i nuovi paradigmi della fruizione dell’ICT, il cloud e l’IOT. Quest’ultima è i una realtà non solo in costante crescita, ma oramai molto consistente, pari per le sole compenti ICT pari 1.845 milioni (+ 13,9%). 

Squilibri dimensionali e territoriali da affrontare
Un’ultima “vista” riguarda la partecipazione dei diversi territori e delle diverse classi di impresa alla domanda digitale. E’ una vista, ricavata da elaborazioni su dati Istat, che fa emergere due questioni non trascurabili, quanto meno se si considera che la diffusione del digitale è condizione di inclusione per ulteriori sviluppi basati sull’innovazione. Le regioni meridionali appaiono in profondo ritardo anche sul fronte del digitale, con spese pro capite per impresa e consumatore spesso non superiori al terzo della media nazionale. E quasi il 90% delle imprese tra i 10 e i 49 addetti presentano ancora indici di digitalizzazione molto bassi. Sono queste due sfide che dobbiamo affrontare trasformando problemi e ritardi in opportunità e crescita.       
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