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Deloitte: la Gen AI è utilizzata sul lavoro dal 16% della GenZ e dall’11% dei Millennial

Secondo un’indagine di Deloitte per il 47% della GenZ e il 39 % dei Millennial italiani l’intelligenza artificiale generativa può aiutare a migliorare il work-life balance.

Trasformazione Digitale Mercato e Lavoro

Inflazione, cambiamento climatico e lavoro sono le principali sfide globali da affrontare per i giovani italiani,secondo la tredicesima edizione della “GenZ e Millennial Survey”, lo studio globale di Deloitte condotto su oltre 14 mila GenZ e più di 8 mila Millennial in 44 Paesi del mondo. Per la prima volta, inoltre, l’indagine di Deloitte indaga il percepito dei giovani sul tema della Generative AI, che secondo Gen Z e Millennial è ancora poco sfruttata sul lavoro, ma che potrebbe contribuire a migliorare il work-life balance o liberare tempo a favore di attività creative e strategiche, se utilizzata nel rispetto di principi etici e a fronte di un’adeguata formazione dei lavoratori.

«I giovani italiani continuano a dimostrarsi più sensibili della media globale rispetto alle preoccupazioni economiche e all’urgenza della sfida climatica», commenta Fabio Pompei, Ceo di Deloitte Italia. «Molti degli intervistati si dicono disposti a cambiare abitudini di consumo e dichiarano di scegliere prodotti e servizi in funzione del loro impatto ambientale. Le aziende devono sintonizzarsi con questa nuova sensibilità, che di anno in anno si è consolidata e ci mostra la profondità del cambiamento culturale avvenuto sul tema della sostenibilità ambientale e sociale. Molto interessante anche il percepito sulla Generative AI: dalla survey emerge un gap tra chi la usa di più – e si dimostra consapevole delle sue potenzialità eccezionali – e chi, invece, si sente ancora “confuso” o “incerto”».

Interrogati su quali emozioni susciti in loro la Generative AI, il 29% dei GenZ esprime “incertezza”, il 28% “fascinazione” e il 22% “eccitazione”. Più tiepido il giudizio dei Millennial, che si dichiarano per il 33% “incerti”, per 21% “affascinati” e per il 17% “confusi”. Ancora poco sfruttata sul lavoro – dichiara di usarla spesso il 16% della GenZ e l’11% dei Millennial –, la GenAI è percepita in maniera diversa tra chi la utilizza molto e chi non ha grande dimestichezza con questa novità. Intervistati sulle potenziali applicazioni della GenAI, secondo il 47% della GenZ e secondo il 39% dei Millennial questa innovazione può aiutare a “liberare tempo e migliorare il work-life balance” – una convinzione che arriva al 73% della Gen Z e al 78% dei Millennial che la usano di frequente.

La GenAI, inoltre, potrebbe aiutare a “liberare tempo che si può usare per lavori più creativi e strategici”: lo pensa il 47% della GenZ (78% tra gli utilizzatori frequenti) e il 40% dei Millennial (71% tra chi la usa spesso). Oltre ai vantaggi emergono anche alcuni timori: il 46% GenZ e il 41% Millennial pensa che la GenAI potrebbe “richiedere una riqualificazione professionale e impattare sulle decisioni di carriera”, mentre il 55% della GenZ e il 52% dei Millennial pensa che la GenAI potrebbe “causare l’eliminazione di posti di lavoro”. Inoltre, meno della metà dei giovani – il 43% della GenZ e il 34% dei Millennial – pensa che il proprio datore di lavoro li stia adeguatamente formando sulle potenzialità, sui vantaggi e sul valore della GenAI.

Gli intervistati italiani, e in particolare i Millennial, si sentono meno ottimisti riguardo alla situazione economica e sociale rispetto al 2023: solo il 16% della GenZ e l’11% dei Millennial si aspetta un miglioramento della situazione economica generale. Più fiducia sulla possibilità di un miglioramento della condizione finanziaria personale, atteso dal 31% della GenZ e dal 20% dei Millennial. In continuità con l’anno passato, la prima preoccupazione sia per la GenZ sia per i Millennial è il costo della vita (35% GenZ e 43% Millennial). Rimane prioritaria anche la sfida del cambiamento climatico (33% GenZ e 32% Millennial) e quella della disoccupazione (21% GenZ e 20% Millennial). Ma se i giovani italiani, in generale, sono meno ottimisti della media globale per quanto riguarda lo scenario economico e sociale, sull’ambiente, invece, risultano particolarmente fiduciosi riguardo alla possibilità di fare la differenza e di influenzare il resto della società: sull’ambiente il 62% della GenZ e il 53% dei Millennial ritiene di avere un'influenza moderata o significativa. Anche sulla salute mentale (60% GenZ; 49% Millennial) e sull’uso etico della tecnologia (52% GenZ; 45% Millennial) i giovani si sentono pronti a guidare il cambiamento.

A circa 6 intervistati italiani su 10 è stato chiesto di tornare a lavorare in sede ed è più probabile rispetto alla media globale che lavorino completamente in presenza. Gli intervistati italiani tendono a sentirsi più coinvolti e ad apprezzare la comunicazione direttain sede di lavoro, ma ritengono anche che ciò abbia un impatto negativo sul loro benessere mentale e sulle loro finanze. Così, oggi in Italia lavora completamente da remoto circa il 10% della GenZ e il 9% dei Millennial, il 33% della GenZ e il 30% dei Millennial è in un regime di “lavoro ibrido”, mentre il 57% della GenZ e il 61% Millennial è tornato a lavorare sempre in presenza. Tra gli effetti positivi del rientro in ufficio, secondo gli intervistati, ci sono un “maggiore coinvolgimento e connessione con l’organizzazione”, “la comunicazione dal vivo sul lavoro” e “più collaborazione e interazione sociale con i colleghi”. Tra gli aspetti negativi menzionati vi sono “l’aumento dei livelli di stress”, un “maggiore impatto finanziario” e un “calo di produttività”.

Dopo la pandemia i giovani della GenZ e i Millennial hanno messo tra le priorità lavorative il tema della salute mentale. Rispetto agli altri Paesi, gli intervistati italiani riferiscono livelli di benessere mentale inferiori alla media mondiale, anche se c’è un leggero miglioramento rispetto all’anno scorso. I fattori di stress sono simili a quelli della media globale: emergono soprattutto le preoccupazioni economiche a lungo termine, ma sono rilevanti anche lo stress lavorativo per gli orari giudicati troppo lunghi e per la percezione di un mancato riconoscimento professionale. Gli intervistati italiani, inoltre, sono meno propensi della media globale a ritenere che il loro datore di lavoro prenda sul serio la propria salute mentale: lo pensa il 49% dei GenZ e il 40% dei Millennial. Tuttavia, circa la metà dei giovani afferma che si sentirebbe a suo agio a parlare di salute mentale con il proprio manager (55% della GenZ e 49% dei Millennial).

Gli intervistati italiani concordano sul fatto che avere uno scopo è importante per la loro soddisfazione lavorativa e più di tre quarti degli intervistati affermano che il loro lavoro dà loro uno scopo: l’83% dei GenZ e l’81% dei Millennial in Italia ha dichiarato che avere un “purpose” nel proprio lavoro è un po' o molto importante per la soddisfazione e il benessere sul lavoro. Il 77% della GenZ e dei Millennial italiani dichiara che il loro attuale lavoro dà loro un senso. Il 64% della GenZ e il 59% dei Millennial, invece, dichiara di essere abbastanza o molto soddisfatto dell'allineamento tra i propri valori e quelli della organizzazione in cui lavorano. Allo stesso tempo, i lavoratori italiani, e in particolare i Millennial, sono meno inclini della media mondiale a rifiutare un incarico o un datore di lavoro sulla base della loro etica personale.

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