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Oracle, un trimestre in stand-by

Il fatturato della componente software, voce che include sia le licenze che le sottoscrizioni cloud, perde il 2%. Le difficoltà della società nel contrastare l’affermazione di un modello di sourcing alternativo

Trasformazione Digitale
I risultati dell’ultima trimestrale di Oracle deludono gli analisti e il titolo arriva a perdere nelle ore immediatamente successive all’annuncio quasi il 10% del proprio valore, la perdita più alta registrata negli ultimi due anni.
Secondo quanto afferma Peter Goldmacher, investment manager di Cowen and Co e attento osservatore di Oracle, i risultati registrati nell’ultimo quarter non possono essere considerati come un normale e ciclico downturn del business di Oracle, ma costituiscono un segnale di una più grande difficoltà che sta in questo momento interessando il gigante del database.

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A guardar bene i  risultati dell’ultimo quarter non sono poi così negativi in valore assoluto, considerato anche il ciclo economico globale e la debolezza del mercato europeo. Rispetto al trimestre equivalente dello scorso anno il fatturato è diminuito dell’1%.
Ma il dato che più preoccupa è la sotto-performance, - 2%,  della componente software, voce che include sia le licenze che le sottoscrizioni cloud. In forte decrescita la componente hardware, crollata del 16%, così come quella dei servizi (-8%). I ricavi generati dai sistemi hardware sono in costante contrazione, valgono oggi in termini di prodotti, l’8% del fatturato. L’eredità Sun-Sparc si è pressochè annullata nel corso degli anni: riconvertita e re-ingegnerizzata nelle piattaforme Exadata, Exalogic, etc. con l’obiettivo di renderla coerente con un offering software dedicato sembra essere arrivata a un punto di non ritorno.
Gli analisti vedono un problema di fondo, costituito da una progressiva e consistente concorrenza che tende a mettere a rischio, o quanto meno indebolire, il core business di Oracle. Stanno nascendo aziende che sono in grado di offrire tecnologia equivalente a un prezzo migliore, dice Goldmacher.    
Mentre Oracle continua rappresentare la tecnologia di database dominante, con un market share di circa il 50%, la crescente attenzione nei confronti del Big Data, un comparto che cresce a un tasso tre volte superiore a quello della media di mercato, inizia a creare delle opportunità per tutta una serie di software vendor nati sull’onda delle nuove emergenti tecnologie.
A complicare ulteriormente la posizione di Oracle è l’affermazione del cloud computing e una certa propensione da parte di un numero crescente di aziende ad affidarsi al cloud computing, optando per soluzioni Big Data che possono essere offerte da internet companies come Google e Amazon.
E’ un fenomeno, quello appena descritto, che deve essere visto in prospettiva e che al momento ha prodotto danni relativi, ma il mercato finanziario fiuta quelle che possono rivelarsi nel medio e lungo periodo le difficoltà di Oracle nel contrastare l’affermazione di un modello di sourcing alternativo.
Ovviamente Oracle non sta a guardare e ha ben presente la sfida che si trova ad affrontare. Big Data e Cloud hanno rappresentato in questi anni importanti aree di investimento, ma la rinnovata competizione è ormai un dato acquisito. E’ l’eterno problema che si presenta nel momento in cui si aprono nuove opportunità di mercato con l’introduzione di nuove tecnologie: da una parte gli incumbent, dall’altra i newcomer. Una sifda che si rinnova periodicamente in ogni settore di industry e dal cui esito possono determinarsi nuovi assetti e posizioni di mercato.
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