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Web3: il fascino della decentralizzazione

I disservizi del cloud sono un segnale che l'architettura delle "nuvole" deve essere più affidabile. C'è chi vuole farlo con la decentralizzazione.

Tecnologie
In pochi giorni, prima i problemi nella configurazione BGP di Facebook. Poi un singolo router mal configurato di OVHcloud. E come conseguenza intere parti del cloud, con i suoi servizi più o meno indispensabili, sono "scomparse" di colpo da Internet. Certo le reti globali dei grandi operatori sono estremamente complesse e cambiano in continuazione, in tempo reale. Un errore può sempre capitare, quindi. E in fondo i disservizi macroscopici sono stati, in questi ultimi anni, pochi. Ma oggi contano anche i disservizi minori, limitati a magari un servizio particolare e pochi utenti. Se la digitalizzazione passa anche per l'essere sempre connessi, sempre più in real time, ogni segnale sulle possibili debolezze delle reti va colto, non sottovalutato.

Internet, decenni fa, è stata pensata per la decentralizzazione delle risorse come base peer l'affidabilità dell'intero sistema. Ma il cloud non è ancora altrettanto decentralizzato. E potrebbe non esserlo mai. Tornano così di rilevanza le analisi portate avanti sul tema della decentralizzazione del modello stesso di Internet, "aggiornata" alle evoluzioni del cloud e del multicloud. Tanto che alcuni progetti guardano non solo alla classica decentralizzazione delle informazioni ma anche alla disaggregazione dei servizi in stile cloud.

Si tratta di una classe di approcci che, va sottolineato subito, è ancora embrionale e troppo tecnica per la gran parte delle imprese. Ma non per gli hyperscaler che, se vi vedessero il mondo di soddisfare una esigenza latente, potrebbero sperimentarlo.
network stuffLa critica al cosiddetto Web 2.0 come "tradimento" della promessa di decentralizzazione della prima Internet non è nuova. La concentrazione dei servizi e dei dati tra pochi grandi provider è sempre stata un punto di discussione, le alternative erano però poche. E quelle poche, poco convincenti. Le cose sono cambiate con l'avvento delle tecnologie blockchain, che per i loro sostenitori permettono di creare effettivamente una organizzazione decentralizzata e paritaria delle informazioni. Con particolare attenzione, oltretutto, alla privacy sia dei dati sia delle entità che li gestiscono e li generano.

Un ledger distribuito per una criptovaluta alla Bitcoin funziona in questo modo. Se poi estendiamo l'approccio a qualsiasi tipo di informazione consultabile in rete arriviamo - semplificando molto - a quel nuovo modello di Web che oggi viene spesso chiamato Web3.

Dai dati ai servizi

È possibile fare il salto dalle generiche informazioni ai servizi digitali erogati via Internet? Ossia, in pratica, il modello decentralizzato del Web3 è applicabile anche alle architetture cloud? Secondo alcune startup nate dal mondo delle criptovalute, sì. La loro idea è realizzare, sulla base delle tecnologie blockchain e di varie piattaforme open source, una rete paritaria di nodi che mettono a disposizione la loro capacità computazionale per eseguire macchine virtuali che erogano applicazioni distribuite.

Ogni utente della rete può volendo essere allo stesso tempo tanto un consumatore di servizi, perché usa le applicazioni di qualche altro nodo, quanto un service provider, perché il suo hardware esegue macchine virtuali che erogano applicazioni agli altri. Questo consente di creare una vera e propria economia in cui si paga per quello che si consuma, come nel cloud classico, ma si viene anche retribuiti per quello che si eroga. Una economia paritaria, con tanto di valutazioni da parte dei "pari" delle proprie performance.
network 4894815 960 720L'affidabilità di un sistema del genere è legata al fatto che le macchine virtuali sono replicate in vari nodi trasversalmente a tutta l'architettura. E quelle che per qualche motivo dovessero cadere sarebbero sostituite da altre, in altri nodi fisici della rete. Altrettanto distribuita è la gestione del DNS, mentre la confidenzialità delle informazioni è garantita da un uso esteso della cifratura per i dati in transito e "at rest". Idealmente poi le connessioni tra nodi fisici dovrebbero anche avvenire su reti anonime, ma questo per le imprese è un po' troppo.

Nessuno pensa che un cloud decentralizzato "alla blockchain" possa rivaleggiare a breve termine - ma nemmeno sul medio periodo - con i servizi di AWS, Microsoft o Google. Ma il fatto che piattaforme del genere siano almeno in via di realizzazione dimostra che, anche solo in qualche nicchia, l'esigenza della decentralizzazione è davvero sentita. La storia, peraltro, insegna a non bollare facilmente certe iniziative come curiosità inutili. Proprio le tecnologie blockchain all'inizio erano considerate come solo da hacker maniaci delle criptovalute. Poi abbiamo visto come la visione sia completamente cambiata.
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