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NextValue, il cloud computing è un cambiamento sostenibile

Alfredo Gatti, Managing Partner di NextValue dà un ampio spaccato del cloud nelle più grandi realtà italiane. Superata la fase di adozione, oggi siamo alla fase due. Il cloud non è più una faccenda solo da innovatori, ma è un fenomeno più esteso.

Tecnologie
Il cloud computing è un cambiamento sostenibile: è la tesi sostenuta da NextValue, società di analisi di mercato italiana, collegata a CioNet, l'estesa rete europea di Cio che in Italia conta 518 iscritti, nel presentare i dati principali della ricerca relativa all Cloud Computing in Italia, durante l’evento 'Inshigts for business', primo di un ciclo di sette appuntamenti che si terranno circa ogni mese e mezzo (il prossimo in programma il 7 marzo, verterà sull’Information Security Management).
“Sostenibile è un termine impegnativo, ma rappresenta effettivamente quello che è oggi il cloud computing: nextvalue-il-cloud-computing-un-cambiamento-sosten-1.jpgun ampio movimento che spinge l'IT verso un processo esteso di trasformazione. I numeri indicano non solo che il cloud è qui, ma è qui per restare ed evolvere. Non nel 2020, ma presto, in tempi veloci”, dichiara Alfredo Gatti, Managing Partner di NextValue e Managing Director di CioNet Italia. E, come dice Gatti,  il cloud sta perdendo il suo significato intrinseco, diventerà orizzontale. Si sta arrivando a una genericità del significato. Il paragone fatto è quello con il client/server, diventato pervasivo all’IT.
A sostenere la tesi di Gatti, il parere di quattro manager di aziende operanti nel mercato IT.
Oggi il cloud è una realtà, non è più un hype ed evolverà in nuovi strumenti di lavoro per le persone. La velocità è l’elemento differenziante. Oggi la tecnologia ha accelerato; deve cambiare in ogni luogo, in tempi veloci e il cloud computing è in grado di evolvere a questa velocità dando soluzioni diverse adatte alle esigenze di molti utenti. Diventerà qualcosa di molto difficile da prevedere oggi”, sostiene Luca Giuratrabocchetta, Country Manager della divisione Enterprise di Google Italy.
Secondo Alessandra Brasca,  Ibm Cloud Leader: “Stiamo assistendo a una trasformazione irreversibile che passa dalla  reingegnerizzazione dell IT e arriva alla sfera applicativa: importante la disponibilità di soluzioni in cloud e piattaforme che consentano la gestione di tutto il ciclo delle applicazioni, garantendone il rilascio con qualità, rapidità e sicurezza. Altrettanto importante il tema dell’integrazione – è fondamentale integrare le applicazioni cloud nel proprio ambiente tradizionale”.
Il cloud è un fenomeno destinato a restare; è un trend confermato dalle aziende di tipo enterprise che stanno adottando questo tipo di soluzioni per far fronte alle esigenze di business sempre più tempestive. Il pubblic cloud sta evolvendo sempre più verso un modello di cloud ibrido, per rispondere a tematiche rilevanti che riguardano la  protezione dei dati sensibili”, dice Fredi Agolli, Country Manager di Informatica Software Italia.
Non si discosta dai precedenti il parere di Enzo Bagnacani, Marketing Infrastructure Solutions Director - Telecom Italia Top Clients & Public Sector :“Il cloud computing è una realtà. Le aziende scelgono il cloud per un efficientamento costi, ma soprattutto per rinnovare il proprio business. Notiamo un orientamento delle grandi aziende dal modello di cloud privato a quello ibrido. Le piccole invece si muovono verso il public cloud".
[tit:I numeri della ricera]
La ricerca, giunta alla quarta edizione, è stata condotta su un panel di 142 Cio e direttori di aziende italiane, top e grandi (budget annuo di spesa IT esterna superiore ai 20 milioni di Euro e/o un dipartimento IT di almeno 200 adetti o figure full time equivalent - nel caso di filiali multinazionali estere la spesa IT esterna in Italia è di almeno 2 milioni di Euro e l’azienda comprende almeno 20 addetti o figure full time); escluse dal panel le medie e le piccole aziende e la Pubblica Amministrazione.
Il primo dato evidente è che oggi, a differenza di quattro anni fa quando è stata condotta la prima ricerca, le aziende hanno le idee chiare sul fenomeno 'cloud computing'.
Dal 2009 al 2012 la percentuale di chi intende adottare il nuovo paradigma di fruizione dell’IT nella propria azienda è passata dal 34% al 69%, attirando una forte attenzione da parte dei C-level. I contrari all’adozione sono passati dal 66% al 31%. E l’adozione non è solo mirata (per il 46%) e relegata solo a situazioni di nuova progettualità ma estesa e pervasiva per il 40% del campione (solo il 14% del campione non ne prevede l’evoluzione).
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Se il Cio continua a essere il principale sponsor
(per il 78% del campione) del cloud computing in azienda, cresce anche il coinvolgimento del business (11%); Cio e business tendono infatti a collaborare di più e la collaborazione si spinge fino al board aziendale.
Sono dati che indicano che il cloud computing ha superato la fase uno degli innovatori della prima ora, coloro che per primi hanno guardato a questo nuovo paradigma per amore delle tecnologie o perché chiamati a stravolgere un ordine costituito. Oggi esistono più servizi disponibili, vi sono più operatori interessati a essere presenti e performanti. Esistono casi di successo da presentare e si sono superati molti ostacoli mentali di tipo culturale, per effetto della consumerizzazione dell'IT.
Sicurezza, compliance, privacy continuano a essere percepiti come i principali ostacoli e problemi, ma, mentre solo due-tre anni fa rappresentavano la preoccupazione maggiore per circa il 70% del panel, oggi questo numero è sceso al di sotto al 40%
Ciò che oggi preoccupa di più è l'integrazione di servizi cloud con il mondo tradizionale esistente.
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[tit:Il cloud computing in Italia e lo scenario futuro]
Nel Belpaese il mercato del cloud computing è ancora piccolo ma cresce a ritmi sostenuti. Su un mercato IT totale che vale 19.006 milioni euro (dati Assinform) in decrescita del 3,2%, quello del cloud vale solo 620 milioni euro in crescita però del +57% sul 2011.
Il 63% della spesa  IT è fatta da 1.000 aziende top e dalla Pubblica Amministrazione, mentre il 37% è ad appannaggio delle restanti aziende (di taglio medio, piccole e micro).
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"C’è una forte tensione verso il cloud in termini di adozione nelle aziende top che si trovano nella fase 2, ma la spinta non manca anche negli ambienti professionali e nelle micro e nelle piccole realtà. In mezzo c’è ancora un gap con aziende alle prese con i problemi di mancanza di broadband, ma anche di presidio dei vendor che continuano a proporre prodotti in licenze d'uso", evidenzia Gatti.
Alle aziende top il board continua a porre obiettivi di riduzione e giustificazione dei costi (per il 69%), di allineamento dell’IT alle evoluzioni del business (62%)– “L’IT è ancora accusata di mancanza di time-to-market”, di integrazione estesa dell'organizzazione (43%) – “Oggi il Cio è molto più orientato al cliente e l’IT deve necessariamente occuparsi di tutta la catena dell'impresa - clienti, azienda e partner”.
Da parte loro i Cio devono soddisfare requisiti di business continuity – il 77% dice di dover garantire la continuità del business, ma anche di protezione logica e fisica dell'informazione (67%) – “La sicurezza richiesta ai Cio non è solo strettamente legata all’IT, ma sempre più embedded; sopra l'IT si pone un livello che deve occuparsi della protezione dell'azienda dal rischio di impresa. Esiste un mondo emergente di Cso e Ciso - chief security officer e chief information security officer - che in alcune occasioni non risponde più all’IT manager, ma al board”; di time to market e di sviluppo e delivery di applicazioni (66%).
A livello di protezione logica e fisica dell’informazione le aziende stanno investendo in maniera consistente  in Information Security Management; in termini di supporto al business e integrazione all’interno dell’organizzazione l’orientamento va a mobility/Byod e a sviluppo delle applicazioni aziendali. E ancora a business analytics, communication & IP e social media e collaboration.
“A detta dei Cio il cloud computing però non riduce i costi. Si adotta in azienda per aumentare flessibilità e agilità; poi, come effetto indotto, per la scalabilità è in grado di ridurre i costi”, commenta Gatti.
Dalla ricerca risulta che, fatto 100 il budget IT, alle attività di IT tradizionale si attribuiscono il 24% di gestione dell’esistente e il 18% di adeguamento tecnologico, mentre nell’IT emergente il 28% è destinato ad attività di sviluppo/trasformazione dell'esistente – non è da intendersi come vera innovazione ma come modalità di accrescere la capacità di supporto. E, in questo caso, il cloud computing pesa per il 27% (analytics per il  42%, communicaton &IP per il 34%, information&secuirty management  e mobile computing per il 29%); il 30% del budget è invece utilizzato per fare vera innovazione: nuovi progetti che nel 44% dei casi sono di tipo cloud. E sono progetti di dimensioni rilevanti: hanno un valore medio che supera i 250 mila euro, e in alcune situazioni vanno anche oltre il milione di euro (11% Paas, 9% Iaas, 8%, private cloud). “E' una dimensione economica assolutamente interessante; non si porta solo l'email in cloud”, enfatizza Gatti -. Tutto ciò ci porta a dire che non c'è gap o ritardo delle aziende italiane. Certamente  c’è una vasta gamma di Cio che può avere ambizione di innovatori e chi meno. Dall'altro risulta evidente che il cloud serve in modo consistente per fare innovazione, non solo per abbattere i costi del sistema Erp”, sottolinea Gatti.
[tit:Ma come si delinea il futuro?]
Le aziende sono nella seconda fase di adozione. Sono diversi i fattori che concorrono a rendere tangibile il trend: l’evoluzione dell’infrastruttura, le relazioni estese dell’impresa coi consumatori, la trasformazione dell’offerta IT. “I Cio sostengono che cloud e mobile diventeranno un tutt'uno... e l'IT diventerà broker per utenti e per partner esterni. Il Cio si occuperà di fare discovery dei servizi, e di negoziare in questo nuovo mondo fatto di nuove regole”, sottolinea Gatti.
E sono molti gli elementi che spingono verso questo nuovo modo di fare IT: nuovi attori si affacciano al mercato, così come nuovi modelli di valutazione dei costi e nuovi talenti (il sistema di offerta classico non è pronto ad offrire comptenze specifiche); ma anche servizi ad hoc e l’esigenza forte di standardizzazione... Il problema Paese rimane quello dell’infrastruttura; occorre un’infrastruttura che regga e la rete broadband diventa sempre più una condizione necessaria così come il fatto di avere una disciplina internazionale di privacy e sicurezza al fine di superare e allineare i diversi paesi e assicurare lo scambio libero di servizi. “La Commissione Europea ha fatto molto in questa direzione”, dice Gatti.
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NextValue ha rappresentato graficamente la curva degli ‘adopter’ in più in un orizzonte temporale di tre anni, riconoscendo cinque categorie. All’inizio si vede un’adozione di cloud innovatori – i “cloud no limits”; oggi si sta andando verso un 13% dove utilizzo è sempre di ‘early adoption’ ma i Cio hanno carta bianca affinché l’IT riesca a innescare un processo più rapido di trasformazione dell’azienda, di cloud dinamico. Si tratta di una nuova generazione di Cio, con l’obiettivo di velocizzare l’azienda. C’è poi un 22% di adopter che vedono il cloud come collaborativo con un processo di adozione interessante, ma bilanciata all'interno dell'azienda. Vi è poi un 14% di cloud efficiente, che guarda ai costi e un 42% di cloud esecutori; sono quelli che stanno a vedere come si muovono gli altri e cosa succede prima di decidere e agire fattivamente.
Conclude così Gatti: “Appare scontato che dopo gli innovatori arrivino tutti gli altri. Attenzione però: gli altri stanno arrivando, sovvrapponendosi. E nel processo di adozione si assisterà a un effetto valanga”.
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