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Basilea3, ABI: rinviare applicazione nuove regole o a rischio crediti Pmi

Regolamentazione uniforme, unione bancaria europea, comparabilità dei coefficienti patrimoniali e sincronizzazione temporale delle norme sui mercati bancari. Sono i temi al centro del convegno ABI sulla direttiva europea sui requisiti di capitale.

Tecnologie
Più si avvicina l’entrata in vigore dei nuovi parametri internazionali di Basilea3, più si allontanano i requisiti essenziali perché le scadenze ipotizzate per l’applicazione delle Direttive possano essere rispettate. Nessuna certezza, infatti, su una regolamentazione uniforme e un’effettiva unione bancaria europea, su una piena comparabilità dei coefficienti patrimoniali e su una sincronizzazione temporale della regolamentazione  Usa con l’Ue.
“Nello scenario attuale – ha sottolineato il Direttore Generale dell’ABI, Giovanni Sabatini – vengono meno le caratteristiche di sincronizzazione e globalità, che Basilea3 dovrebbe introdurre nell’operatività dei mercati bancari con le economie del mondo. Il rischio evidente di disparità competitive impone un rinvio dell’attuazione delle nuove normative. Di fronte al quadro macroeconomico che non lascia prevedere efficaci cambi di tendenza occorre evitare che le nuove regole riducano la capacità delle anche italiane ed europee di supportare il sistema economico e la ripresa”.
È quanto tracciato nel convegno "ABI “Basilea 3, Crd4 e Banking union – dove saremo oggi, dove saremo domani?” dedicato al processo di implementazione in corso della regolamentazione prudenziale e dell’autorità di vigilanza europea.
Nelle linee evolutive dell’intero pacchetto legislativo permangono forti elementi di criticità sui prevedibili impatti sia nella gestione bancaria sia nel rapporto con le imprese.
Mentre il Comitato di Basilea prosegue i suoi lavori, è sempre più esteso il fronte che chiede un ripensamento delle date di entrata in vigore delle diverse misure come nel caso recente della Federazione Bancaria Europea. Rinvio che favorirebbe l’attesa ripresa del ciclo economico nel corso del 2013 e la disponibilità di credito per famiglie e imprese.
Per quanto riguarda l’Italia, è noto che l’ABI e le principali associazioni economiche e imprenditoriali hanno chiesto alla Commissione e al parlamento europeo di riconoscere l’importanza delle Pmi per la crescita: in tale direzione procedeva la proposta dello Sme supporting factor, un fattore per le piccole e medie imprese che immunizza l’aumento dei requisiti di capitale imposto dalla nuova regolamentazione lasciandolo invariato al livello pre-crisi dell’8% (attualmente sul mercato già al 10,5%).
Anche in questo caso la regolamentazione è indirizzata verso l’esclusione di imprese che superano una certa soglia quantitativa di esposizione bancaria (senza coprire, come proposto, comparti con fatturato fino a 50 milioni di euro). 
“È necessario tornare alla proposta originaria perché altrimenti si mette sotto stress l’ossatura dell’economia italiana composta per il 95% da Pmi – ha proseguito Sabatini. Mentre le banche italiane, nonostante scarsa redditività e risorse limitate, stanno svolgendo un ruolo fondamentale per la tenuta dei settori produttivi va scongiurato il rischio di credit crunch tecnico provocato Pagina 2 di 2 dalle regole. Soprattutto in un momento già difficile per il crollo di investimenti fissi da parte delle aziende che pesa sulle possibilità di crescita complessiva”.
Se l’elemento di base è una regolamentazione uniforme, ciò non può avvenire senza un’effettiva unione bancaria a livello europeo. “La creazione di un’unione bancaria – ha concluso Sabatini – è un passo fondamentale per avere più Europa, tenendo conto delle implicazioni complessive non solo rispetto all’integrazione finanziaria dei paesi europei ma anche rispetto alle finanze pubbliche, alla governance europea e all’integrazione politica”.
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