5G: cos’è la nuova evoluzione del mondo mobile

A un anno dal 5G: cosa cambia davvero nei servizi mobili e cosa porterà a livello applicativo

Autore: f.p.

Diciamo la verità: è dai lontani tempi del passaggio dal 2G al 3G che gli utenti dei servizi mobili non sentono più il “brivido” del salto da una generazione di servizi mobili alla successiva. E invece tra meno di un anno dovremmo affacciarci alla rivoluzione annunciata del 5G, che promette di cambiare le carte in tavola per gli operatori e per i loro clienti. Ma il mercato resta tiepido, anche perché il cellulare - anzi, lo smartphone - è diventato un oggetto di uso assolutamente comune e dunque relativamente poco interessante (e i numeri delle vendite lo confermano).

La freddezza del mercato deriva anche dalla poca percezione dei benefici del 5G. Si può parlare ai clienti del vantaggio di avere più banda mobile ma sino a un certo punto, anche perché la banda - grazie alla fibra ottica nelle case e al WiFi un po' ovunque - non è più un problema per molti. Si può parlare della bassa latenza prevista per le connessioni 5G, ma tradurre la bassa latenza in un vantaggio concreto non è intuitivo. Per capire la trasformazione possibile del 5G bisogna fare un passo indietro e considerare più il suo approccio complessivo e meno le singole caratteristiche tecniche.

Che cos'è il 5G, in pratica

Dal punto di vista degli utenti finali il passaggio al 5G sarà comunque e soprattutto il passaggio a una tecnologia che offre molta più banda. In linea teorica il 4G consente bande di picco di 1 Gigabit al secondo, il 5G moltiplicherà per dieci questo valore e anche nella pratica le prestazioni, soprattutto in download, degli smartphone faranno un salto davvero significativo. Questo è possibile grazie a una serie di evoluzioni tecnologiche analoghe a quelle che sono state implementate anche nel passaggio 3G-4G: frequenze trasmissive più elevate, sistemi di codifica migliori, direzionalità dei segnali (secondo il modello MIMO che usiamo anche nel WiFi di casa).


È chiaro che avere più banda a disposizione è sempre un vantaggio. Lo smartphone è diventato l'oggetto che usiamo di più per accedere alle informazioni, per lavoro o per divertimento, e va considerato che queste informazioni sono sempre più spesso video. Da Netflix a YouTube, chi va su Internet è sempre più un consumatore di contenuti video e quindi apprezza molto la disponibilità di megabit. Anche ammettendo che le connessioni 5G si "limitino" nelle applicazioni reali a dare 100-150 Mbps di banda al terminale, si tratta pur sempre di bande che vanno oltre quello che molti utenti ancora sperimentano a casa sulla rete fissa. E infatti il 5G viene considerato la prima vera tecnologia "democratica" per il tanto sofferto Fixed Wireless Access.

Ma il vero salto qualitativo del 5G rispetto alla situazione attuale non riguarda la banda: è la latenza trasmissiva la vera "stella" del 5G. Sempre in linea teorica, secondo la ITU nel 5G la latenza è inferiore a un millisecondo mentre nel 4G varia tra 60 e 98 millisecondi. Questa evoluzione cambia completamente lo scenario quando si tratta di applicazioni che devono operare in tempo praticamente reale, come il controllo di un veicolo remoto, la smart mobility in generale o il monitoraggio a distanza di sistemi critici. Con il 4G il rischio di intervenire troppo tardi è elevato, con il 5G non più.

Altra parola chiave del 5G è "flessibilità". Rispetto al 4G, il 5G supporta una densità maggiore di smartphone serviti per singola cella e adotta tecnologie di beamforming che permettono comunicazioni molto direzionali. Grazie a queste funzioni, gli operatori immaginano scenari in cui in una data area - ad esempio uno stadio durante uno spettacolo - si offrano contenuti specifici che affiancano l'esperienza live, oppure si coinvolga direttamente chi ha in mano uno smartphone nella generazione di contenuti. Come si intuisce, cose del genere sono possibili se la parte "fisica" del 5G (la banda, le connessioni) si adatta dinamicamente alle esigenze di business. Ne trattiamo più avanti.

A che serve il 5G: gli scenari d'uso

Uno degli elementi di spicco del 5G è che non è stato pensato dai vari enti di standardizzazione come una tecnologia per comunicazioni mobili che andassero genericamente "più veloci" delle precedenti. La parte tecnologica è stata subito correlata ad alcune applicazioni di riferimento, i tanto citati scenari d'uso. In sostanza, quindi, il 5G è stato ideato sin da subito (o quasi) come uno strumento, non come una tecnologia pura. È importante, perché ciascuno scenario d'uso richiede specifiche caratteristiche tecniche, funzionali e operative delle reti, caratteristiche che si assommano in quelle che tecnicamente si chiamano classi di servizio.


Per l'ITU le classi di servizio del 5G sono tre: eMBB (enhanced Mobile Broadband), URLLC (Ultra Reliable Low Latency Communications), mMTC (massive Machine Type Communications). La prima (eMBB) è quella concettualmente più semplice e si associa agli scenari d'uso - aziendali e consumer - per cui fa comodo avere molta banda anche in mobilità, quindi su smartphone, tablet o notebook. La classe mMTC riguarda tutte le applicazioni in stile Internet of Things, che spaziano dalle Smart Home agli ambienti IoT industriali, passando per la Smart Agriculture e l'ambito molto esteso delle Smart City.

La classe URLLC, infine, comprende le applicazioni che sfruttano la bassissima latenza del 5G. Quindi innanzitutto gestione delle Smart Grid energetiche o dell'automazione Industry 4.0, veicoli a guida autonoma o controllata da remoto, alcune applicazioni di telemedicina. È importante sottolineare che questa classe di servizio non è stata ancora completamente standardizzata, lo sarà nel corso del 2020.

Il 5G dal punto di vista degli operatori

Il passaggio al 5G è oneroso per gli operatori di telecomunicazioni, più di quanto non lo siano stati i salti generazionali precedenti. In passato i miglioramenti delle nuove tecnologie cellulari erano legati soprattutto a un potenziamento della parte radio, mentre il cuore delle reti degli operatori restava bene o male quello di prima. Oggi invece la cosiddetta "core network" cambia e adotta le stesse logiche delle infrastrutture in stile cloud, in particolare l'utilizzo intenso delle tecnologie di Software-Defined Networking e di virtualizzazione delle funzioni di rete.

Tale evoluzione è legata al concetto degli scenari d'uso e anche alla volontà di offrire servizi personalizzati e flessibili. Anche da questo punto di vista il 5G non può essere solo un "tubo più largo" in cui far passare più dati più velocemente nella parte di accesso radio. Così la connessione con il singolo utente viene gestita concettualmente più o meno alla stregua di un tunnel VPN: una connessione "unica" e integrata anche se si snoda nella parte radio e nei vari strati della rete cablata di un operatore.


È il concetto del network slicing, in cui al singolo utente è dedicata una "fetta" (virtuale) della rete i cui parametri possono essere garantiti in ogni momento. Oppure variati in qualsiasi momento con facilità, grazie agli elementi di SDN e NFV. Supportando anche, se dovesse essere necessario, tecnologie diverse dal 5G cellulare nella parte di accesso radio.

In una rete telco tradizionale questo sarebbe impossibile o comunque molto difficile, mentre in una rete per così dire "cloudificata" è possibile. Anzi, tanto più questa rete è flessibile e quindi in grado di supportare velocemente nuovi servizi, tanto più un operatore riesce a differenziarsi dagli altri.

Un altro elemento di complessità per gli operatori è che, proprio per coprire scenari d'uso anche molto diversi fra loro, il 5G si è distribuito in tre principali fasce di frequenza molto "lontane" fra loro. Una bassa è intorno ai 700 MHz, una media è a 3,7 GHz e una alta - la più alta sinora per le comunicazioni mobili - è a 26 GHz. Come sempre, a frequenze più basse corrispondono coperture più ampie e e penetrazioni indoor migliori, mentre a frequenze più elevate si hanno latenze minori e bande maggiori.

5G in Italia: a che punto siamo

Tutti gli operatori mobili si stanno muovendo per essere pronti a lanciare nei primi mesi del 2020, e se ci riescono anche entro la fine di quest'anno, un qualche servizio "presentabile" come 5G. Questo non vuole dire che il 2020 sarà l'anno della transizione al 5G: ci vorrà parecchio di più. La stessa GSM Association non si sbilancia più di tanto e prevede che entro il 2025 sarà passato al 5G solo il 12 per cento delle connessioni mobili di tutto il mondo. Un numero comunque rispettabile, se consideriamo che vuol dire circa 1,1 miliardi di connessioni (in utenti unici, però, molti meno).

Le attuali e future probabili frequenze 5G nel mondo
La transizione al 5G sarà molto graduale e non potrebbe essere altrimenti, perché come abbiamo visto richiede una rivisitazione e un ripensamento di tutta la rete di un operatore. Avremo però miglioramenti dei servizi mobili comunque, anche se il 5G in sé non ci interessa. Le modifiche che gli operatori apporteranno alle loro reti daranno benefici anche a chi continuerà ad usare i servizi 4G, in particolare perché le stazioni radiobase 4G saranno aggiornate con nuovi software operativi non appena possibile, come "preparazione" al 5G, e perché gli operatori cercheranno di aumentare la densità della loro copertura con nuove antenne, specie nelle città.

Il mercato, logicamente, si muove sempre più in fretta. A novembre 2018 la GSA (Global mobile Suppliers Association) stimava che 192 operatori in 81 nazioni avessero già messo in pratica in qualche modo il 5G, con complessivamente 524 progetti pilota. Nella maggior parte dei casi la banda massima raggiunta in download era compresa tra 1 e 5 Gbps e la latenza era di 1-2 millisecondi. Trattandosi di test, non c'è ovviamente garanzia che questi valori medi saranno poi replicati nei servizi effettivi al pubblico.

Sempre secondo la GSA, 80 operatori di TLC di 46 nazioni hanno annunciato l'intenzione di avviare servizi commerciali 5G tra il 2018 e il 2022. Nel 2020 dovrebbero essere attivati 37 di tali servizi. E anche parecchi servizi in stile "4G e mezzo" che sono perfettamente leciti ma che - è già successo - saranno presentati praticamente come 5G, facendo prevalere il marketing sulla corretta comunicazione. Le Authority di controllo hanno già bacchettato qualcuno, come l'americana AT&T e la brasiliana Claro.


In Italia a giocarsela saranno i cinque operatori che hanno partecipato con successo all'asta 5G MiSE delle frequenze e che sborseranno allo Stato italiano complessivamente, entro il 2022, ben 6,5 miliardi di euro per quello che hanno conquistato. Iliad, TIM, Vodafone hanno conquistato frequenze in tutte le tre fasce di frequenza 5G. Ad esse si aggiungono Wind Tre, presente solo nelle bande da 3,7 e 26 GHz, e Fastweb, che ha posto solo nella banda da 26 Ghz.

Lo sviluppo del 5G: gli ostacoli

Il 5G è ancora un cantiere aperto. I lavori per l'aggiornamento delle reti esistenti sono in corso e lo stesso vale per l'installazione di nuovi apparati radio e per l'evoluzione della rete che sta "a monte" della parte radio. Aumentare la banda con il 5G significa anche dover aumentare la banda delle connessioni che uniscono le antenne radio al resto della rete degli operatori, pena strozzare tutto con colli di bottiglia certo non accettabili. Non sorprende quindi che molti operatori aguzzino la fantasia per velocizzare le cose il più possibile.

L'ostacolo principale al successo del 5G è in teoria avere un suo debutto poco convincente rispetto alle aspettative, ma il rischio che questo si verifichi è abbastanza basso. Gli operatori hanno parlato molto del 5G e il mercato, come accennato, è certo interessato ma non in trepidante attesa. È un bene poi che tutti abbiano identificato nelle imprese la prima classe di utenza interessata al 5G, più che gli utenti consumer. L'approccio pragmatico delle aziende magari toglierà un po' di "hype" al primo 5G ma eviterà anche pericolose delusioni da eccessivo marketing.

Il quasi-5G della brasiliana Claro
Un problema inatteso è la possibile frammentazione del mercato a livello globale. Si pensava che sul 5G tutti i vari enti internazionali sarebbero stati d'accordo e che si sarebbe evitato il contrasto tra Nordamerica ed Europa che portò all'incompatibilità tra 3G europeo (UMTS) e 3G americano (CDMA). Invece non è così, almeno perché gli USA spingono per adottare fasce di frequenza ancora più elevate, usate al momento dalle comunicazioni satellitari, e a cui l'Europa non sembra al momento interessata.

Nessuno si aspettava poi che esplodesse in maniera così marcata lo scontro USA-Cina legato a Huawei e ad altri produttori di apparati e smartphone. La casa cinese è parte integrante degli sviluppi 5G di molte nazioni europee, Italia compresa, e pochi operatori del Vecchio Continente sembrano davvero voler ripensare le loro reti sostituendo i prodotti cinesi con soluzioni alternative. Che sarebbero probabilmente più costose e, guardacaso, di aziende americane. Ma è un fronte fluido da cui ci si possono aspettare sempre sorprese.

Infine, c'è la questione dei dispositivi. I chip per realizzare smartphone, tablet e notebook con connettività 5G ci sono già e stanno arrivando in volumi, ma per ora di smartphone 5G se ne sono visti pochi. Molte novità le vediamo al MWC 2019 ma brilla il silenzio di Apple sul tema: con tutta probabilità non vedremo un iPhone 5G prima della fine del 2020. Arriveranno prima i produttori cinesi e coreani, alla ricerca di consensi in un segmento di utenza che sarà inevitabilmente "premium" probabilmente per tutto il 2020.

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