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Il parere di HPE

Risponde Carlo Vaiti, Distinguished Chief Technologist di Hewlett Packard Enterprise Italia

Autore: Redazione ImpresaCity

Per la vostra percezione del mercato italiano, quali ritenete sia oggi la maturità delle aziende rispetto alle diverse opzioni cloud?

A fine gennaio HPE ha presentato i risultati di un sondaggio globale che mostrano che la mancanza di data maturity ostacola sia il settore privato sia quello pubblico nel raggiungimento di obiettivi chiave, come l’aumento delle vendite o il progresso nella sostenibilità ambientale. L’indagine, condotta da YouGov per conto di HPE su oltre 8.600 decision maker di tutti i settori privati e pubblici in 19 Paesi, rivela che il livello medio di data maturity delle organizzazioni, ovvero la loro capacità di creare valore dai dati, è di 2,6 su una scala di 5, dove solo il 3 per cento raggiunge il livello di maturità più elevato. In questo contesto, il dato relativo all’Italia riflette quello mondiale. Il livello di maturità più basso è chiamato “data anarchy”: a questo livello, i pool di dati sono isolati l’uno dall’altro e non vengono analizzati sistematicamente per generare insight o risultati. Il livello più alto è chiamato “data economics”: a questo livello, un’organizzazione sfrutta strategicamente i dati per ottenere risultati, sulla base di un accesso unificato a fonti di dati interne ed esterne che vengono analizzate con sistemi di Analytics avanzati e di intelligenza artificiale. In Italia si registrano dati simili: data anarchy 13%, data reporting 31%, data insights 34%, data centricity 17%, data economy 4%. Come HPE prevediamo che nel 2026 il 50% dei dati verrà analizzato all’Edge ossia fuori dai data center tradizionali, con la creazione di mini-data center decentralizzati, mentre il restante 50% sarà condiviso fra un modello di Private Cloud (20%) e Public Cloud (30%).

In questa evoluzione, quali esigenze principali esprimono le aziende e come vi proponete di soddisfarle?

Le aziende ci chiedono sempre di più di non avere complessità nella gestione della sovranità del dato, di non avere la necessità di migrare i dati, di non avere preoccupazioni nella gestione dei costi dal cloud verso il data center, di non avere vincoli di trasformazioni applicative e non avere criticità in termini di compliance dei dati quando si devono migrare verso il cloud. Per questo HPE sta proponendo ormai da dieci anni, fin dal 2013, il modello GreenLake, chiamato anche “il cloud che viene da te”, che porta l’esperienza cloud nel modello di deployment presso i clienti oppure presso un colocator a scelta del cliente.

Questa nuova generazione di cloud soddisfa tutte le richieste dei nostri clienti, perché è costruito con tecnologie selezionate e identificate dai nostri clienti in modo esclusivo e totalmente flessibile e permette la flessibilità in ingresso e in uscita dall’uso del modello stesso, eliminando ogni possibile lock-in tecnologico. Questo modello viene consumato secondo metriche di misurazione di business che sono dedicate per i nostri clienti. Il modello GreenLake può essere esteso con un refresh tecnologico e consente la riduzione di emissioni di carbonio rendendolo sostenibile. Infine, lascia la possibilità di essere gestito dal cliente stesso oppure governato in autonomia dal nostro team.

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